Una sistematica analisi sociologica e politica dei movimenti in corso, che ne sottolinea analogie sia con primavere arabe e caso turco, che con precedenti fasi - Europa, Usa - di liberazione sociale.
Il manifesto, 26 giugno 2013 (f.b.)
In queste ultime settimane in Brasile è in atto, pur fra molte contraddizioni, un risveglio politico. L'ultimo caso così rilevante di manifestazioni popolari risale al lontano 1992, quando i cittadini ottennero le dimissioni del presidente Collor. Da allora il Paese è notevolmente trasformato. Le politiche economiche hanno portato grandi mutamenti, che si rispecchiano nella piramide sociale. Una lieve crescita dei cittadini con alto reddito corrisponde ad una forte emersione dalla classe bassa, ovvero nuclei familiari con reddito mensile inferiore ai 1085 reais mensili (al tasso di cambio attuale 365 euro circa). Statistiche mostrano come tra il 2003 e il 2009 più di venti milioni di persone siano uscite dalla classe bassa, incontrando redditi migliori. Ma, anche in un panorama positivo, le ineguaglianze rimangono notevolmente visibili. L'apertura al mercato riscontrabile nel mandato di Dilma Rousseff preoccupa chi vorrebbe che la tendenza di ridistribuzione delle ricchezze continuasse.
Le recenti proteste sono animate prevalentemente dalla nuova classe media, che in anni recenti ha avuto accesso ad un maggiore potere acquisitivo. A scendere in piazza sono, a fianco di gruppi più politicizzati e critici, giovani che in molti casi non hanno ricevuto un'educazione di qualità. Masse che sono spesso prive di una reale coscienza politico-ideologica, perché alla crescita economica non è corrisposto un miglioramento dell'educazione. Ma che sono in grado di vedere i problemi. La coppa del mondo e le olimpiadi che saranno ospitate del Brasile nei prossimi anni sono percepiti come un trampolino mediatico, ma l'attenzione dei brasiliani che stanno scendendo in piazza è focalizzata sulla necessità di un sistema sanitario pubblico migliore e l'ancora più grave debolezza del sistema scolastico. Una fotografia scattata oggi sul panorama dell'educazione mostra uno squilibrio evidente tra quella privata di alta qualità, a cui la maggior parte della popolazione non ha accesso, e uno scarsissimo investimento nelle scuole pubbliche.
Il tema dei trasporti collettivi, che in Brasile sono quasi totalmente gestiti da imprese private, è risultato un ottimo collettore per le istanze di protesta. L'assenza di una reale politica pubblica e gli enormi interessi economici della gestione privata rendono impossibile l'implementazione di un servizio efficiente per i cittadini. Se le proteste sono state scatenate dall'aumento del costo del biglietto urbano nella città di São Paulo, l'obiettivo sembra essere ora quello del passe-livre, ovvero dell'abbattimento del costo del biglietto. Libertà di movimento quindi, che permetterebbe anche ai residenti di aree urbane penalizzate di avere accesso alla città. Una posta importante dunque, ovvero la possibilità di avere accesso a servizi, cultura e spazi che generalmente sono negati alle classi meno abbienti.
Il movimento tuttavia ingloba una moltitudine di tematiche di una eterogeneità spiazzante, che va riconosciuta. I nuclei più politicizzati del movimento lottano, ad esempio, anche contro la recente approvazione del trattamento dell'omosessualità come malattia o per una maggiore attenzione ai movimenti sociali. Ma esistono anche altre settori di manifestanti che, sostenendo istanze reazionarie, propongono messaggi antiabortisti o in supporto della riduzione dell'età penale. Condivisa da tutti è la necessità di una lotta alla corruzione, che tuttavia è un elemento contrastante. Se da una parte è chiaro che essa è un problema endemico del tessuto politico brasiliano, dall'altra risuona nelle parole della gente come slogan, suggerito e veicolato dai mass-media in gran parte privati e spesso svincolato da qualsiasi tentativo di proporre alternative politiche.
Lontano dagli allarmismi causati dagli episodi di violenza e legati più che altro al corretto svolgimento della coppa, il Brasile si trova dunque in un momento complesso e importante. Il positivo risveglio di una molteplicità di soggetti che rivendicano una partecipazione politica è danneggiato dai tentativi di una sua strumentalizzazione, in vista delle elezioni politiche dell'anno prossimo. Una strumentalizzazione facile visto il basso livello di politicizzazione della maggioranza di queste masse. La corruzione, uno dei cavalli di battaglia della critica del Partido da Social Democracia Brasileira (Psdb) all'attuale governo, appare in questo senso forse come il tema più pericoloso per il Partido dos Trabalhadores (Pt) della presidente.
Dilma promette una politica di inclusione e di destinare tutti i proventi derivanti dallo sfruttamento delle risorse petrolifere all'educazione. Una dichiarazione tenue che non soddisferà la maggior parte della popolazione, ma che comunque è un'apertura alle proteste. Il governo deve ora velocemente dare concretezza a queste dichiarazioni, evitando a tutti i costi la repressione. Dilma, seguendo il modello di Lula, adotta strategie inglobanti rispetto alle proteste, cercando di istituzionalizzare i movimenti per farli, seppur parzialmente, dialogare con il governo. Probabilmente questo avverrà per molte rivendicazioni puntuali, ma ancora non è chiaro come verranno gestite le accuse più ampie, di corruzione e di malagestione delle risorse economiche.
Dal canto loro, i movimenti sociali devono ricercare strategie per continuare la protesta e per canalizzare la partecipazione della popolazione, senza sfociare nella violenza e in forme pericolose di anti-politica che già in passato hanno veicolato forme autoritarie di governo. Il Movimento Passe Livre sembra per ora essere il settore più strutturato della protesta: la lotta che sta conducendo ha già portato risultati eccellenti e ne promette altri. Su questi nuclei e mediante l'utilizzo dei social network, che contrastano l'egemonia dei gruppi privati sulla circolazione delle informazioni, potrebbe fondarsi una nuova alternativa politica, che tuttavia, ha ancora molte sfide dinnanzi a sè.