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Andrea Fabozzi
La doppia vita dell’Italicum
4 Marzo 2014
Articoli del 2014
Lo strumento essenziale della democrazia rappresentativa continua a essere trattato come se il Palazzo si fosse trasformato in un mercato delle vacche (pardon, delle cacche) Il manifesto, 4 marzo 2014

Lo strumento essenziale della democrazia rappresentativa continua a essere trattato come se il Palazzo si fosse trasformato in un mercato delle vacche (pardon, delle cacche) Il manifesto, 4 marzo 2014

La legge con la quale è stato eletto que­sto par­la­mento è in vigore da otto anni ed è gene­ral­mente cri­ti­cata da almeno sette. Molti pro­getti di riforma si sono suc­ce­duti ma nes­suno era arri­vato ad essere discusso da un’aula par­la­men­tare. Oggi que­sta discus­sione comin­cia a Mon­te­ci­to­rio. Nel frat­tempo la Corte Costi­tu­zio­nale ha fatto a pezzi la legge, dise­gnan­done una nuova: pro­por­zio­nale con soglie di sbar­ra­mento, una pre­fe­renza e niente pre­mio di mag­gio­ranza. È una legge appli­ca­bile, tut­ta­via una mag­gio­ranza più ampia di quella di governo vuole scri­vere un sistema nuovo. Solo che, a dispetto della lunga attesa, non c’è accordo su quando que­sta riforma possa essere uti­liz­za­bile. Subito, o tra 12–18 mesi? Le trat­ta­tive vanno avanti, ma ancora ieri sera Renzi doveva rico­no­scere che restano «varie difficoltà».

L’intreccio è appa­ren­te­mente senza solu­zione, salvo che una solu­zione c’è sem­pre: pren­dere un po’ di tempo. La corsa di Renzi sulla legge elet­to­rale — quando era solo il segre­ta­rio del Pd voleva appro­varla in prima let­tura entro feb­braio, sca­denza poi spo­stata di un mese causa più alto inca­rico — sbatte con­tro l’equivoco fon­da­tivo del suo governo. I garanti del patto sulle riforme, Ber­lu­sconi e Renzi mede­simo, hanno inte­ressi oppo­sti a quello del par­tito che con i suoi 32 sena­tori tiene in piedi l’esecutivo, il Nuovo cen­tro­de­stra di Alfano. Al pre­si­dente del Con­si­glio e al Cava­liere inte­ressa tenere sulla corda i par­titi con la minac­cia di ele­zioni nel 2015, al mini­stro dell’interno sta a cuore pro­lun­gare la legi­sla­tura fino a quando Ber­lu­sconi sarà poli­ti­ca­mente tra­mon­tato (per rac­co­gliere la lea­der­ship che non può con­ten­dere). I primi hanno fretta, il secondo ral­lenta. Con Alfano sta la mino­ranza Pd che vuole met­tere in crisi l’asse tra Firenze ed Arcore, oltre che una straor­di­na­ria ragione di buon­senso: l’Italicum appli­cato al bica­me­ra­li­smo pari­ta­rio peg­giora i suoi già nume­rosi difetti. Ecco spie­gati gli emen­da­menti dei ber­sa­niani Lau­ri­cella e D’Attorre, che rin­viano l’operatività della nuova legge elet­to­rale all’entrata in vigore della riforma del senato. Altra pro­messa, o minac­cia, renziana.

L’aula della camera affron­terà l’argomento oggi pome­rig­gio, par­tendo dal voto degli emen­da­menti al testo del rela­tore Sisto (Fi) che rispec­chia il vec­chio accordo Pd-Fi-Ncd. Ci sono i tempi con­tin­gen­tati e Renzi spera ancora di chiu­dere il discorso entro fine set­ti­mana. Sta­mat­tina il comi­tato dei nove della com­mis­sione affari costi­tu­zio­nali deci­derà sull’ammissibilità dei nuovi emen­da­menti che andranno ad aggiun­gerci agli oltre due­cento da votare. Tra que­sti nuovi quello D’Attorre che tra­sforma l’Italicum in una legge elet­to­rale valida solo per la camera dei depu­tati. Dal punto di vista costi­tu­zio­nale nulla impe­di­sce, ne ha impe­dito, di avere due sistemi diversi per le due camere — anche se la Con­sulta nella recente sen­tenza ha sot­to­li­neato i rischi per la gover­na­bi­lità. In teo­ria (ma non si è mai fatto) la Costi­tu­zione con­sen­ti­rebbe di scio­gliere in anti­cipo anche una sola camera.

Con l’emendamento D’Attorre in caso di ele­zioni anti­ci­pate a prima della riforma del senato, per palazzo Madama si vote­rebbe con il sistema uscito dalla sen­tenza della Con­sulta, con soglia di sbar­ra­mento per le coa­li­zioni per­sino più alta dell’Italicum (20%) ma più bassa per i par­titi coa­liz­zati (3%). E senza pre­mio di mag­gio­ranza, quindi il vin­ci­tore della camera non avrebbe la garan­zia di poter gover­nare senza alleanze suc­ces­sive al voto. Per Renzi que­sta even­tua­lità appare comun­que pre­fe­ri­bile rispetto alla pro­po­sta Lau­ri­cella, che rin­via l’entrata in vigore dell’Italicum alla riforma del senato, per la quale è deci­sivo ogni sin­golo voto del Ncd. In ogni caso potrebbe minac­ciare le ele­zioni anti­ci­pate, accada quel che accada. Il pre­si­dente del Con­si­glio non è però riu­scito ancora a con­vin­cere il ber­lu­sco­niano Ver­dini. Ha ancora qual­che ora, per­ché gli emen­da­menti in que­stione, sui quali è pos­si­bile un peri­co­loso voto segreto, sono all’articolo due della legge e dun­que non sareb­bero stati in ogni caso votati oggi.

Nel frat­tempo è com­ple­ta­mente uscita dai radar la pro­po­sta di riforma del senato, che il segre­ta­rio Pd aveva pro­messo per metà feb­braio. Si sa che per­sino il pre­si­dente della Repub­blica ha fatto cono­scere i suoi dubbi per la pro­get­tata «camera dei sin­daci», e che Renzi sta imma­gi­nando cor­re­zioni. Ha fretta ma non rie­sce a correre.

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