PLa Repubblica, 17 novembre 2016
Si può dire in tanti modi: i fatti non contano più, la menzogna e la diceria hanno rimpiazzato la verità, la gente crede alle frottole. “Post-truth”, post-verità, riassume il concetto ed è diventata la «parola internazionale dell’anno». L’ha scelta l’Oxford Dictionary, bibbia e punto di riferimento della lingua anglosassone (e non solo), definendola come «l’aggettivo che descrive una situazione in cui i fatti obiettivi sono meno influenti sull’opinione pubblica rispetto agli appelli emotivi e alle convinzioni personali».
E’ il termine che in un certo senso ha deciso le due elezioni cruciali degli ultimi dodici mesi: il referendum britannico sulla Brexit e le presidenziali americane. Ma incarna un fenomeno ancora più ampio, va dalla politica alla società, dal pubblico al privato, dall’Occidente ai paesi emergenti. Domina il web, in particolare i social network, come sottolinea ilmea culpain questi giorni di Facebook e Twitter, ma dilaga anche su altri media, la tv, i talk-show radiofonici, i giornali, nelle battute che si ascoltano al bar, sul bus, in ufficio.
Il suo uso, affermano gli esperti del dizionario di Oxford, è aumentato del 2000% nel 2016 rispetto all’anno precedente, trainato da eventi come il referendum della Gran Bretagna per uscire dall’Unione Europea e la corsa alla Casa Bianca, nei quali i dati di fatto sono stati sommersi da una propaganda priva di riferimenti reali e in cui, ha osservato qualcuno, il cuore (o meglio la pancia) ha surclassato il cervello.
La scelta della parola dell’anno, da parte della “madre di tutti i dizionari” (la prima edizione risale al 1857), mira a riflettere sull’evoluzione del linguaggio. Qualche volta la parola selezionata dalla versione inglese e da quella americana del dizionario divergono, ma quest’anno ha prevalso “post-verità” in entrambi i casi. C’erano altri contendenti per il titolo, fra cui “alt-right”, diminutivo di “alternative right” (gruppo ideologico di destra estremamente reazionario e conservatore) e “brexiteer”, brexitiano o brexitiere. Ma “post-truth” ha superato tutti, come sottolineano fra l’altro una recente copertina dell’Economist dedicata al tema e un’infinità di articoli che lo analizzano e denunciano su giornali di mezzo mondo. «Non mi sorprenderei se diventasse una delle parole che caratterizzano il nostro tempo», commenta Casper Grathwohl, presidente dell’Oxford Dictionary.
Secondo i ricercatori, la parola fu usata per la prima volta nel ‘92 in un saggio del commediografo serbo- americano Steve Tesich per il settimanale The Nation, ma allora era intesa come ”dopo che è emersa la verità”, non nel senso attuale di “indifferenza alla verità”. Il termine segnala anche, osserva il dizionario, la crescente diffusione di espressioni con il prefisso “post” seguito da trattino. Peccato che a seguirlo, in questo 2016 di incredibili sorprese politiche, sia la “verità”, intesa come qualcosa di cui si può fare a meno.