Il vero populismo è quello di Renzi, e del codazzo che lo segue: a partire dai direttori della grande stampa d'"opinione unica". Ma Renzi è un frutto, non la radice. Il manifesto, 1° aprile 2014
«O con me o contro di me», sapendo che chiunque, «professoroni» o «benaltristi» oserà contraddirmi dovrà vedersela con la furia «dei cittadini, delle famiglie, di chi ha sempre pagato e ora si aspetta che a pagare siano i politici». L’appello al popolo è l’arma atomica brandita da Matteo Renzi contro le voci che criticano la sua riforma costituzionale approvata, all’unanimità, dal consiglio dei ministri.
Il ricatto del capo del governo ha dalla propria parte la forza d’urto dei fallimenti della classe dirigente, a cominciare da quelle forze intermedie, partiti e sindacati, che si riferiscono alla sinistra. E dunque vale la pena prendere questo toro per le corna, come ha fatto nei giorni scorsi Maurizio Landini nel corso di una manifestazione a Marzabotto. Il segretario della Fiom raccontava di essere stato fermato per la strada da un automobilista che gli chiedeva di dare una mano a Renzi. Proprio a lui che, sia sulle riforme costituzionali che del lavoro, ha sostenuto posizioni contrarie. «Come rispondiamo? Chiedendo qualche tavolo? E con quale forza di rappresentanza?».
Le parole di Landini spiegano meglio di tanti discorsi a che punto siamo e perché Renzi non è un coniglio uscito dalle primarie del Pd, ma un prodotto della crisi della politica, della sinistra, del sindacato. E spiegano perché l’opposizione dei costituzionalisti firmatari dell’appello contro la nuova Costituzione disegnata dal governo (tra i quali molte firme del nostro giornale) può facilmente essere bollata come una ridotta di parrucconi contrari al cambiamento.
Osservare che una riforma della Costituzione come quella presentata dall’unanime governo, combinata con una legge elettorale ipermaggioritaria, può determinare che il solo partito di maggioranza abbia mano libera, è bollato come un attentato al riformismo. Le voci dissonanti, da quelle del presidente del senato a quelle della sinistra radicale, è denunciato dal coro della grande stampa e dai tg come pericoloso disfattismo. Sul sito di repubblica.it, a proposito del decreto sul lavoro, il 29 marzo si poteva leggere la cronaca sui «i due punti intoccabili» del governo con la chiosa «così Renzi tenta di mettere ordine alle scomposte posizioni del suo partito». Un esempio di slittamento del linguaggio che annovera le opposizioni alle proposte del segretario-presidente come fuoco amico.
L’onda populista che spinge i giornali a farsi bollettini dei sondaggi, con gli editorialisti che vogliono salvarci dalla brace di Grillo e Casaleggio per friggerci sulla padella di Renzi, è cresciuta nel paese insieme e proporzionalmente all’arretramento della sinistra fino all’annullamento, culminato con la crisi economica, di qualunque visione non di alternativa, o di “equilibri più avanzati” come si sarebbe detto nella prima repubblica, ma dell’idea stessa di una democrazia costituzionale.