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Gianni Ferrara
Prigionieri dei trattati, ma questo Schulz non lo dice
21 Maggio 2014
Articoli del 2014
«La norma fon­da­men­tale dell’Unione con­trad­dice radi­cal­mente valori, prin­cipi, fini. È un po’ nasco­sta, in verità. È scritta nel Trat­tato sul fun­zio­na­mento dell’Unione, agli arti­coli 119 e 120, secondo i quali «l’azione degli Stati mem­bri e dell’Unione com­prende …l’adozione di una poli­tica eco­no­mica …. con­dotta con­for­me­mente al prin­ci­pio di un’economia di mer­cato aperta ed in libera con con­cor­renza»». Il manifesto, 22 maggio 2014 (m.p.r.)
«La norma fon­da­men­tale dell’Unione con­trad­dice radi­cal­mente valori, prin­cipi, fini. È un po’ nasco­sta, in verità. È scritta nel Trat­tato sul fun­zio­na­mento dell’Unione, agli arti­coli 119 e 120, secondo i quali «l’azione degli Stati mem­bri e dell’Unione com­prende …l’adozione di una poli­tica eco­no­mica …. con­dotta con­for­me­mente al prin­ci­pio di un’economia di mer­cato aperta ed in libera con con­cor­renza»». Il manifesto, 22 maggio 2014 (m.p.r.)

Mar­tin Schulz ha sin­te­tiz­zato i mali dell’Unione euro­pea che vor­rebbe sra­di­care. Sono quelli della «poli­tica di auste­rity a senso unico per stati e cit­ta­dini». Quelli che avreb­bero tra­sfor­mato Ue da «un pro­getto di pace e di pro­spe­rità in un insieme di regole». Per cui l’Ue avrebbe per­duto «la capa­cità di rac­con­tarsi, di entu­sia­smare e di far guar­dare al futuro con otti­mi­smo». A que­sta Ue il pro­getto social­de­mo­cra­tico, di cui è por­ta­tore, oppone non una «unione buro­cra­tica ma un’unione poli­tica ed eco­no­mica». Quanto alla crisi accusa l’Europa «di essersi aggrap­pata alle regole» di essere stata «senza lea­der­ship … e di aver uti­liz­zato i Trat­tati come «giu­sti­fi­ca­zione dell’inazione» Trat­tati «ove non è scritto come uscire dalla crisi». (vedi arti­colo de la Repub­blica).

Non va esclusa affatto, e si può anche esser certi della sen­si­bi­lità sociale del dr. Shulz. Credo però che que­ste sue dichia­ra­zioni gene­rino non poche e non infon­date per­ples­sità. Comin­ciamo dalla prima. La poli­tica di auste­rity a senso unico non è stata certo inven­tata e poi impo­sta all’Ue da una potenza extra euro­pea. Con­se­gue imme­dia­ta­mente dai Trat­tati che non hanno affatto pro­vo­cato iner­zie. Hanno pro­dotto invece un coe­rente indi­rizzo di poli­tica eco­no­mica e finan­zia­ria che ne ha attuato prin­cipi, fini e norme, mediante atti esat­ta­mente cor­ri­spon­denti a detti prin­cipi. Tutti adot­tati dalla Com­mis­sione e dal Con­si­glio e, per quanto di com­pe­tenza, dal Par­la­mento euro­peo, rilut­tante tal­volta, ma cer­ta­mente non svin­co­lato dai com­piti che i Trat­tati gli assegnano.

La per­dita della capa­cità di «entu­sia­smare» ne è stata la con­se­guenza ine­lut­ta­bile. Soprat­tutto per­ché il «rac­con­tarsi» come pro­getto di pro­spe­rità era, più che otti­mi­stico, bugiardo. Bugiardo per­ché l’unione pro­get­tata era esat­ta­mente quella buro­cra­tica dise­gnata per ese­guire le norme dei Trat­tati secondo lo spi­rito dei Trat­tati, con la logica che ne deri­vava. Uni­voca, espli­cita tra­sfusa innan­zi­tutto nell’architettura dell’Unione che faceva, e fa, di tutte le sue isti­tu­zioni gli ese­cu­tivi dei Trat­tati. Par­la­mento com­preso, la cui atti­vità si tra­duce, infatti, nel potere deli­be­rare solo quello che gli pro­pone la Com­mis­sione il cui com­pito assor­bente e vin­co­lante ogni altro è quello di organo che «vigila sull’applicazione dei Trat­tati e delle misure adot­tate dalle isti­tu­zioni in virtù dei Trat­tati». (art. 17 del Trat­tato sull’Unione). Un’architettura quindi che rea­lizza il trionfo degli ese­cu­tivi, ren­den­doli tutti tali, qual­si­vo­glia nome o veste assu­mes­sero ed abbiano assunto.

Ese­cu­tivi di che cosa, di quale pro­getto, di quale prin­ci­pio fon­da­men­tale? I Trat­tati non nascon­dono affatto la norma fon­da­men­tale dell’Unione. Non la si trova negli arti­coli 2 e 3 del Trat­tato sull’Unione che elen­cano decla­ma­zioni ine­brianti di valori, prin­cipi, fini che sim­bo­leg­giano le con­qui­ste della costi­tu­zio­na­li­smo e della demo­cra­zia degli ultimi due secoli. La norma fon­da­men­tale dell’Unione con­trad­dice radi­cal­mente que­sti valori, prin­cipi, fini. È un po’ nasco­sta, in verità, forse anche per quel pudore che accom­pa­gna spesso l’ipocrisia. È scritta nel Trat­tato sul fun­zio­na­mento dell’Unione, agli arti­coli 119 e 120, secondo i quali «l’azione degli Stati mem­bri e dell’Unione com­prende …. l’adozione di una poli­tica eco­no­mica …. con­dotta con­for­me­mente al prin­ci­pio di un’economia di mer­cato aperta ed in libera con con­cor­renza». La norma fon­da­men­tale dell’Ue è que­sta. Ne san­ci­sce la dina­mica ed il fine. Ha carat­tere esclu­sivo ed escludente.

È que­sta la norma che non per­mette che si esca dalla crisi. Non lo per­mette per­ché ne è la causa, la ha pro­vo­cata. È que­sta la norma fon­da­men­tale da abro­gare. Shulz non può non saperlo. Ma non dice di volerla espungere.

Con Tsi­pras si può. È una ragione deci­siva per votarlo.

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