loader
menu
© 2024 Eddyburg
Marco Revelli
Sinistra, un nuovo inizio oltre le sconfitte
25 Maggio 2014
Articoli del 2014
La lista per l'altra Europa punta oggi al risultato elettorale che scaturirà dalle urne, ma le donne e gli uomini che hanno lavorato controcorrente nei mesi scorsi proiettano già il loro impegno al di là delle elezioni.

La lista per l'altra Europa punta oggi al risultato elettorale che scaturirà dalle urne, ma le donne e gli uomini che hanno lavorato controcorrente nei mesi scorsi proiettano già il loro impegno al di là delle elezioni.

Il manifesto, 25 maggio 2014
Negli infi­niti incon­tri «di chiu­sura» di que­sta cam­pa­gna elet­to­rale, c’era sem­pre un momento in cui l’applauso scat­tava imme­diato, istin­tivo, con­vinto. Ed era quando si diceva che «non ter­mi­ne­remo il 25 mag­gio». Che l’appuntamento è già il 26, per con­ti­nuare il per­corso insieme. Per­ché sarebbe folle disper­dere il «bene comune» accu­mu­lato in que­sti due mesi di fatica e di pas­sione dalla mol­ti­tu­dine di donne e di uomini che ne hanno con­di­viso l’impegno.

Non so per gli altri. Ma nelle mie espe­rienze di ter­ri­to­rio, da un palco su una piazza o da un ban­chetto a un angolo di strada, in un tea­tro o in un sot­to­scala, l’immagine che mi porto die­tro è quella di una sini­stra che sco­pre, quasi con sor­presa, ciò che potrebbe essere, se solo riu­scisse ad andare oltre il pro­prio pas­sato pros­simo di fram­men­ta­zione, chiu­sure men­tali e ger­gali, scon­fitte. Una sorta di respiro ampio, nel senso comune delle per­sone più che nei riflessi d’organizzazione. Uno stato d’animo più che un pro­getto con­sa­pe­vole, ma forte: la sen­sa­zione di poter tor­nare a par­lare al di fuori di sé, dei pro­pri stec­cati, e di poter tro­vare ascolto, se solo la parola rie­sce a forare il muro di silen­zio media­tico, la cin­tura sani­ta­ria osses­siva e oppres­siva che ci è stata stretta intorno. E l’orgoglio di poterlo fare con in testa idee forti, cre­di­bili, ade­guate all’altezza delle sfide, gra­zie alle quali ritro­vare il rap­porto, sto­rico, che lega la sini­stra alla schiera non pic­cola dei demo­cra­tici con­se­guenti pre­oc­cu­pati per que­sta notte della democrazia.

Non sono man­cati – sarebbe sciocco negarlo – errori, inge­nuità, inef­fi­cienze, riserve men­tali e ritardi orga­niz­za­tivi. Ma non pos­siamo nascon­derci i tratti di nobiltà che hanno carat­te­riz­zato l’impresa nel suo complesso.

In primo luogo il fatto che L’altra Europa con Tsi­pras è l’unica lista che si è misu­rata nelle ele­zioni euro­pee con un discorso sull’Europa e per l’Europa. Non ha pro­iet­tato su scala con­ti­nen­tale le liti da pol­laio del cor­tile di casa, come hanno fatto le tre forze poli­ti­che – anzi i tre istrioni – a cui un sistema media­tico malato e pigro ha riser­vato la tota­lità dello spa­zio infor­ma­tivo, ma ha fatto della tra­sfor­ma­zione radi­cale delle poli­ti­che euro­pee l’asse por­tante della pro­pria pro­po­sta. Non per­ché siamo più colti, o raf­fi­nati e sen­si­bili degli altri (anche per que­sto). Ma soprat­tutto per­ché sap­piamo che sulla pos­si­bi­lità di rove­sciare gli equi­li­bri poli­tici nel cuore d’Europa si gioca la pos­si­bi­lità di soprav­vi­venza del nostro Paese. Che o si cam­bia l’Europa o si affonda.

In secondo luogo L’altra Europa con Tsi­pras è l’unica lista che ha un pro­gramma euro­peo cre­di­bile, rea­li­stico e radi­cale insieme, come, appunto, la situa­zione dram­ma­tica richiede. Una Con­fe­renza euro­pea per la socia­liz­za­zione e la ristrut­tu­ra­zione del debito, come un’Unione degna di que­sto nome non potrebbe non fare. Un New Deal con­ti­nen­tale con al cen­tro un pro­gramma per l’occupazione, capace di pro­durre a livello euro­peo 6–7 milioni di posti di lavoro (quanti la crisi ha distrutto) inve­stendo 100 miliardi di euro all’anno, per un trien­nio, finan­ziati con una fisca­lità euro­pea (una tassa sugli inqui­na­tori e una sulla spe­cu­la­zione finan­zia­ria). L’autorizzazione alla Bce a fun­zio­nare da pre­sta­tore di ultima istanza a soste­gno delle eco­no­mie più deboli. E infine un’intransigente oppo­si­zione al Ttip, il Trat­tato Tran­sa­tlan­tico nego­ziato in segreto che con­se­gnerà le nostre vite e i beni comuni alla fame di pro­fitto delle transnazionali.

Non sono uto­pie. Non è un pro­gramma per un futuro lon­tano. È un pro­gramma per oggi (anche per­ché domani sarebbe tardi). È, d’altra parte, un pro­gramma rea­li­sti­ca­mente pro­po­ni­bile per­ché le forze che si rico­no­scono nella lea­der­ship di Ale­xis Tsi­pras costi­tui­ranno il terzo gruppo nel nuovo Par­la­mento euro­peo (dove, per for­mare un gruppo, e quindi per fare poli­tica, è neces­sa­rio rac­co­gliere ade­sioni di rap­pre­sen­tanti di almeno sette paesi). E quanto mag­giore sarà la sua forza, tanto più alta sarà la pos­si­bi­lità di spez­zare l’asse tra Par­tito popo­lare e Par­tito socia­li­sta che, senza un’azione effi­cace a sini­stra, ripro­dur­rebbe ine­vi­ta­bil­mente le lar­ghe intese che Schulz e Mer­kel hanno costi­tuito in Ger­mana e che domi­nano in Gre­cia e Italia.

Un forte gruppo par­la­men­tare euro­peo di sini­stra (di sini­stra vera), potrebbe fare il mira­colo di ricon­durre almeno la parte più sen­si­bile della social­de­mo­cra­zia euro­pea su una linea di soli­da­rietà con­ti­nen­tale. E insieme di cata­liz­zare anche quelle forze (penso natu­ral­mente ai Verdi, ma anche ai par­la­men­tari del Movi­mento 5 Stelle, che saranno nume­rosi ma orfani in quel con­te­sto) che si oppon­gono alle attuali poli­ti­che euro­pee e che non hanno i tratti osceni del neo­na­zio­na­li­smo xeno­fobo, intorno a una linea, poten­zial­mente mag­gio­ri­ta­ria, di effi­cace con­tra­sto del dogma dell’Austerità e di radi­cale alter­na­tiva ad essa.

Que­sto vuol dire fare poli­tica in Europa. Per que­sto diciamo che il voto per L’altra Europa con Tsi­pras è l’unico voto utile, oggi. Non vederlo sarebbe mio­pia poli­tica, peri­co­losa per sé e soprat­tutto per gli altri, cioè tutti noi. «La via da per­cor­rere non è facile, né sicura. Ma deve essere per­corsa, e lo sarà!». Così si chiu­deva, settant’anni fa, il Mani­fe­sto di Ven­to­tene. Le stesse parole pos­siamo con­ti­nuare a ripe­terci, noi, oggi.

ARTICOLI CORRELATI
31 Dicembre 2014

© 2024 Eddyburg