Il Fatto Quotidiano, 11 novembre 2014
Nel gergo dei giornali il “buco” è una notizia bella grossa che i concorrenti hanno in pagina e di cui in redazione nessuno si è accorto. Capita, purtroppo, è uno degli incerti del mestiere e non fa mai piacere. Da ultimo è capitato al Messaggero, giornalone romano sempre bene informato sui fatti della capitale. Al Messaggero non si sono accorti che la tanto sospirata inaugurazione della linea metropolitana C da Pantano a Centocelle all'alba di domenica 9 novembre è stata una specie di festa al cardiopalma con brivido incorporato perché il primo treno, quello con a bordo le autorità cittadine e i capoccioni responsabili dell'opera, non è manco riuscito ad arrivare al capolinea, ma si è mestamente adagiato sui binari quattro fermate prima del dovuto. Mentre tecnici e responsabili dell'inaugurazione rischiavano l'infarto, il convoglio è rimasto in panne per ben undici minuti. E considerando che si tratta di un treno “driveless”, senza guidatore a bordo, quella sosta imprevista è apparsa il prodromo di una colossale figuraccia, l'ennesima maledizione della Metro C, un'opera sfigata, nata male e cresciuta peggio.
Tutti si sono ovviamente accorti del guasto che era una bella notizia dal punto di vista giornalistico, anche se poi l'inconveniente è stato superato. E infatti ne hanno parlato tutti, dai giornali alle televisioni alle agenzie di stampa ai siti web. Con accenti diversi, naturalmente, con più o meno enfasi, con toni più o meno preoccupati, più o meno sorpresi. L’unico giornale che non ha visto né sentito è stato proprio il quotidiano principe della cronaca romana, Il Messaggero, che ha presentato l'inaugurazione della metro C come una radiosa festa senza nubi, tutta sorrisi e selfie. E il buco è apparso così vistoso che si fa fatica a capire che cosa sia successo in redazione.
A meno che non si voglia pensar male. Perché Il Messaggero è il giornale di Francesco Gaetano Caltagirone, uomo d'affari potente e ricchissimo che non è solo un editore, ma anche un costruttore, un immobiliarista, un finanziere. E pure il socio più influente del Consorzio metro C, il raggruppamento di imprese a cui il comune di Roma il 13 aprile 2006 affidò il compito di costruire la nuova metropolitana romana. Caltagirone possiede con la Vianini il 34,5 per cento della società, la stessa quota del gruppo Astaldi, mentre gli altri soci sono comprimari: Ansaldo 14 per cento, Cooperative 17 (Cmb 10 più Ccc 7). Ma mentre negli ultimi tempi Astaldi sembra sempre più prudente, considerato il bailamme che accompagna l'opera, Caltagirone ha moltiplicato i suoi sforzi con il presidente del consorzio, l'ingegner Franco Cristini. Insomma, la metro C è sempre più Caltagirone dipendente. Visto da questa angolazione e volendo malignare, il buco del Messaggero non sarebbe un buco vero, ma un autobuco, un autogol, il deliberato occultamento di una notizia che al padrone non piace.
Tutti si augurano, ovviamente, che l'improvvido guasto dell’inaugurazione resti un episodio circoscritto ed isolato. Anche se i guai strutturali della metro C sembrano tutt'altro che superati. Proprio nel giorno del viaggio inaugurale, infatti, sono spuntati nuovi inconvenienti, di cui finora nessuno si era accorto. Un assessore comunale, Luca Pancalli, che da paraplegico ha un’attenzione speciale per le esigenze dei portatori di handicap, ha fatto notare che “il dislivello tra i treni e la banchina crea problemi per i disabili”. Che non sembra un problemino, per la verità. E poi ci sono i mille giganteschi difetti elencati negli ultimi mesi dal Fatto Quotidiano. Prima di tutto i costi, cresciuti del 75 per cento, da 1,9 miliardi di euro a 3,3 da Pantano a piazza Venezia.