Internazionale online, 18 ottobre 2016 (c.m.c.)
Il 17 ottobre il parlamento della Vallonia ha votato contro l’Accordo economico e commerciale globale (Ceta), il trattato di libero scambio tra l’Unione europea e il Canada. Il Ceta ha sollevato diverse polemiche e viene contestato da molti gruppi ambientalisti, sindacalisti e partiti di sinistra europei.
La posizione del piccolo parlamento belga rischia di complicare l’iter del trattato, ma la Commissione europea ha intenzione di firmarlo. I ministri del commercio dell’Unione europea sono riuniti a Lussemburgo per trovare una soluzione. Ma come si è arrivati al Ceta e perché viene contestato? Ecco un riassunto in otto punti.
La firma del Ceta è prevista per il 27 ottobre 2016, in occasione del vertice tra Bruxelles e i vertici del paese nordamericano. Per l’approvazione definitiva serve la ratifica dei governi e del parlamento europeo. Tutto quello che sappiamo sul trattato è contenuto nel documento pubblicato dall’Unione europea dopo la firma preliminare.
Si tratta di un testo lungo e complesso, di circa 1.600 pagine.
I negoziati sul Ceta sono cominciati nel 2009 e si sono conclusi nell’agosto del 2014. Sono stati condotti quasi in segreto, se si eccettuano quattro incontri con i rappresentanti di alcune aziende a Bruxelles.
L’obiettivo del Ceta, secondo chi l’ha scritto, è eliminare il 99 per cento dei dazi doganali e degli altri ostacoli per le aziende, in modo da far aumentare le esportazioni, ma anche rendere più facile l’accesso agli appalti pubblici da parte delle aziende europee in Canada e viceversa.
Il Ceta, sostengono i suoi promotori, rende più aperto il mercato dei servizi, offre condizioni più vantaggiose agli investitori e previene la circolazione di copie illecite di innovazioni e prodotti tradizionali dell’Unione europea come il parmigiano reggiano, il Cognac, il formaggio Roquefort o le olive toscane o il salame ungherese.
Gli oppositori del Ceta contestano diversi punti del trattato. Secondo loro, l’eliminazione degli “ostacoli” alla produttività delle aziende porterà in realtà a una diminuzione della sicurezza alimentare, dei diritti dei lavoratori e delle tutele ambientali.
Un esempio, secondo il Guardian, è quello delle cosiddette tar sands, o sabbie bituminose. Si tratta di sabbie impregnate di petrolio misto ad acqua e argilla, che si trovano in superficie e il cui processo di estrazione causa grossi danni all’ambiente. La maggior parte della tar sands viene estratta nell’Alberta, in Canada, e , con l’approvazione del Ceta, il loro uso potrebbe diventare frequente anche in Europa.
Al centro delle critiche c’è anche la riforma del sistema degli arbitrati: con il Ceta saranno creati dei nuovi tribunali per la risoluzione delle controversie tra aziende e stati. Secondo gli oppositori, il trattato potrà essere impugnato dalle multinazionali per fare causa a uno stato per tutelare i loro profitti.
La capacità dei governi di controllare le banche e i mercati finanziari inoltre rischia di essere ulteriormente compromessa. Limitare la crescita delle banche che sono diventate “troppo grandi per fallire” potrebbe costringere i governi a doversi difendere in tribunale.
Negli ultimi mesi in diversi paesi europei ci sono state manifestazioni contro il trattato. Il 17 settembre in Germania duecentomila persone hanno protestato contro il Ceta e il Tttip (il trattato di libero scambio tra Ue e Stati Uniti che al momento è più in alto mare). Quattro giorni dopo c’è stato un altro corteo a Bruxelles. Il 15 ottobre migliaia di persone sono scese di nuovo in piazza a Parigi, Varsavia e Madrid.