Il Fatto Quotidiano, 29 maggio 2017 (m.p.r.)
«Il 17 giugno intendiamo riempire piazza San Giovanni a Roma di lavoratori e di cittadini che manifestano per difendere la Costituzione, lo facciamo non per dividere ma per unire questo Paese partendo dalla convinzione, sancita nella nostra Carta, che attraverso il lavoro si afferma il diritto e la possibilità di vivere con dignità: la democrazia è sotto attacco». Il segretario generale della Fiom, Maurizio Landini, ritrova i toni delle grandi occasioni e chiama i lavoratori, i pensionati e tutti i cittadini a mobilitarsi. Il casus belli che riporta la Cgil in piazza dopo aver sperimentato la via legislativa con la raccolta delle firme ai banchetti per promuovere i referendum, è l’emendamento che il governo ha presentato sabato scorso nella manovra di aggiustamento dei conti pubblici all’esame del Parlamento. Una norma che reintroduce di fatto i voucher nei sistemi di retribuzione delle prestazioni lavorative anche nelle imprese. «Siamo davanti a un attacco alla democrazia - tuona Landini - perché con un imbroglio si è impedito alle persone di esprimersi e di decidere, come dice la Costituzione».
Oggi (ieri, ndr) si sarebbero dovuti celebrare i referendum chiesti dalla Cgil dopo aver raccolto 3 milioni di firme, vi sentite presi in giro?
«Non siamo noi ma il Paese intero a essere stato preso in giro, siamo di fronte a una logica da imbroglioni: il 21 aprile hanno emanato un decreto di abolizione dei voucher per superare il voto dei referendum, il presidente del Consiglio disse che lo avevano fatto per non dividere il Paese; il ministro del Lavoro promise poi che avrebbe aperto un confronto con le parti sociali, ma nessuna convocazione è arrivata e a metà maggio si inventano un emendamento di reintroduzione dei voucher infilandolo in una manovra sui conti pubblici».
La ministra Finocchiaro dice che non sono voucher e chi li chiama ancora così è un bugiardo.
«In realtà sono ancora peggio di quelli vecchi, quando li estendi alle imprese con meno di cinque dipendenti, che sono la stragrande maggioranza nel nostro Paese, si sta introducendo un’altra forma di lavoro che non è un contratto; non esistono le imprese occasionali, si tenta di tornare a una logica commerciale del lavoro, senza più diritti né tutele e senza possibilità di impugnare gli atti se serve. Un altro imbroglio come le famose “tutele crescenti” con cui dicevano di aver sostituito l’articolo 18».
Il segretario del Pd, Mattero Renzi, però se ne chiama fuori, dice che è una partita totalmente giocata dal governo.
«Stiamo assistendo a un balletto: in Commissione l’emendamento è stato presentato da parlamentari del Pd e si conferma che anche il governo Gentiloni e quello Renzi - che poi sono la stessa cosa - tutte le volte che fanno norme sul lavoro non ne discutono con nessuno e producono provvedimenti dannosi che aumentano la precarietà. Il Pd dice che va votato, addirittura con Forza Italia e con la Lega. La verità è che questi sono quelli dell’Ape e del Jobs act e che avevano detto che sarebbero andati via dalla politica e sono ancora lì a distribuire a pioggia un sacco di soldi pubblici».
Anche papa Francesco fa riferimento alla Costituzione per richiamare gli imprenditori a non soggiacere solo alla logica del profitto: è il sindacato che si fa ecumenico o viceversa?
«Certo è molto significativo che il Papa mandi da Genova un messaggio forte a favore della dignità e del valore sociale del lavoro proprio mentre in Parlamento una parte del Pd, all’opposto, fa questo provvedimento. Cgil e Fiom devono mettere al centro del loro impegno la democrazia e il lavoro come ci ha ricordato papa Francesco».
Cosa proponete a quei settori dell’economia che chiedono comunque una regolamentazione?
«Abbiamo depositato da tempo in parlamento la proposta di una Carta dei diritti, per ottenere uno statuto di tutte le forme di lavoro dignitoso e tutelato: pensione, salute, equa retribuzione, partecipazione alle scelte sono diritti non contrattabili».
Pare che il provvedimento avrà la strada spianata anche al Senato.
«La partita non è chiusa, ci appelliamo al presidente della Repubblica, alla Corte di Cassazione e alla Consulta perché intervengano e chiederemo, con una raccolta di firme che partirà nei prossimi giorni nelle piazze e in tutti i posti di lavoro, il rispetto dell’articolo 75 della Costituzione. Dobbiamo denunciare l’imbroglio e difendere la democrazia».