il manifesto, 2
L’incarico a Cottarelli non ha dato alcun beneficio per lo spread e la borsa, che anzi volgono al peggio. Non poteva andare diversamente, posto che nomi prestigiosi nell’esecutivo non avrebbero impedito una sfiducia a breve praticamente certa, con la prima assoluta di un governo del presidente privo di qualsiasi sostegno mandato al massacro in parlamento. Quale peso, quale autorevolezza in Italia e all’estero per un governo nato morto? Un governo di zombie. Cottarelli non ha ancora consegnato la lista dei ministri a Mattarella, e non si sa – a questo momento – se la consegnerà. Palazzo Chigi è vuoto, nel senso più stretto del termine. Il vecchio governo ha già portato via gli scatoloni, il nuovo ancora non c’è. Una situazione pericolosa e insostenibile.
Come è insostenibile l’ipotesi che un governo senza fiducia sia a lungo mantenuto in vita dal capo dello stato ritardando lo scioglimento delle camere. Già poche settimane di inerzia potrebbero arrecare al paese un grave danno. Bisogna tornare alle urne, ponendo fine a ogni ulteriore indugio. Si parla del 29 luglio per il voto. Per questo è comunque necessario un premier in carica, per la controfirma del decreto di scioglimento anticipato. Può essere Cottarelli, o ancora Gentiloni, o magari un redivivo Conte, ripescato nei tempi supplementari.
Tutto questo accade mentre il paese si è diviso sul diniego opposto da Mattarella a Paolo Savona come ministro dell’economia. Si preparano piazze pro e contro il Colle. Un brutto segnale, che pone un carico pesante sul ruolo di rappresentante dell’unità nazionale proprio del capo dello stato.
Si argomenta che abbia difeso la Costituzione. Non è così. Il capo dello stato può fare argine contro leggi o atti di governo incostituzionali, o anche lesivi di trattati in vigore. Ma la possibilità di assumere in un programma di governo la scelta politica di uscire da uno o più trattati è altra cosa. Per me, uscire dall’euro sarebbe scelta grave e da contrastare perché non nell’interesse del paese. Ma non dubito che il popolo italiano abbia in principio il diritto di fare quella scelta. Si pensa forse che vi siano trattati scritti per l’eternità?
Si oppone che sono state disattese prassi consolidate. Si lamenta che il “contratto” di governo ha natura privatistica, che è venuto prima dell’incarico, e che il signor nessuno incaricato non risponde al modello dell’art. 95 della Costituzione (“dirige e coordina”). Argomenti carichi di formalismo. È vero che non sono state osservate antiche ritualità e regole di galateo istituzionale, seguendo un iter tortuoso e pasticciato più del necessario. Ma sono cose alla fine largamente ininfluenti rispetto ai processi politici reali, meno lontani dal passato di quanto può a prima vista sembrare. Più sostanziale è il distacco di Mattarella dal principio aureo su cui la presidenza per Costituzione necessariamente riposa: non essere parte nella dialettica politica.
Ci sono ragioni più profonde. È mancata una presa d’atto che la rottura avvenuta il 4 marzo è stata ben più profonda di quello che si poteva pensare prima del voto. Forse nasce qui l’errore di Mattarella di voler portare a Palazzo Chigi un governo tecnico contro una maggioranza parlamentare sostenuta da una fiducia. Qui si fonda la lettura riduttiva da parte di molti – anche costituzionalisti – di un conflitto tra responsabili favorevoli a Mattarella e irresponsabili all’assalto del Palazzo. Infine, un pezzo importante dell’establishment del paese, da sempre nelle stanze del potere o nelle immediate vicinanze, ha probabilmente temuto di essere prossimo allo sfratto e ha cercato di evitarlo, allagando i fossati e sbarrando le porte ai nuovi barbari.
Che il governo gialloverde fosse di destra e da combattere politicamente non si discute. Ma qui si parla di altro. Per Mattarella, l’impeachment sarebbe stato eccessivo rispetto ai fatti ed è bene che sia messo da parte. Ma l’art. 90 Cost. esclude per il capo dello stato la responsabilità per gli atti compiuti nell’esercizio delle funzioni, non lo sottrae alla critica. Anzi, è proprio la critica il complemento fisiologico della irresponsabilità. Come i fatti di queste ore dimostrano, chi critica il capo dello stato difende l’istituzione della presidenza. Il capo dello stato ha diritto al rispetto, che va dato senza riserve. Non ha diritto a un silente ossequio.