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Migliaia di persone - giunte da tante città d’Italia e da ogni angolo delle Marche – hanno raggiunto i giardini Diaz a Macerata per la grande manifestazione contro ogni fascismo, sessismo e razzismo, convocata dai movimenti dopo la tentata strage fascista della scorsa settimana. Sono tantissimi anche gli abitanti di Macerata, ribaltando quella ricostruzione fatta ad hoc dai media mainstream, di una «città chiusa, blindata e ostile».
L’unico a voler blindare, e addirittura impedire, la piazza di Macerata di oggi è stato il ministro dell’Interno Marco Minniti. Ma, nonostante il tentativo d’intimidazione e la minaccia politica, d, oggi Macerata è attraversata da una moltitudine di persone che hanno scelto di esprimere la propria indignazione, la propria indipendenza, ripristinando dal basso l’agibilità democratica.
«Ci sono momenti in cui la storia si comprime, dove tutto sembra accadere in un lasso di tempo troppo breve perfino per rendersene conto. L’ultima settimana maceratese ci ha forse insegnato che della storia occorre esserne parte, senza tirarsene indietro, declinando la tanto sbandierata responsabilità in altri termini». Questo dicono i compagni e le compagne del centro sociale Sisma, che per primi hanno respirato l’angoscia di questi giorni, ma anche il senso di un riscatto collettivo, che da subito si è messo in moto.
Mentre ancora dovevano arrivare decine di pullmann, i giardini Diaz già erano stracolmi di gente. «Siamo tantissimi e tantissime e stiamo aspettando ancora che arrivino numerosi. Siamo qui per dire che noi siamo la vita, loro sono la morte, loro l'odio noi la gioia. Loro sono quelli che respingono, noi quelli che accolgono». dicono dal camion d'apertura prima della partenza del corteo.
La manifestazione di oggi è una grande vittoria almeno per due ragioni: innanzitutto perché contro tutto e conto tutti si è riusciti a strapparla a chi cavalca il clima di paura anziché dare la possibilità a chi vuole combatterlo di scendere in strada. La seconda ragione è che è stata una vittoria collettiva, costruita insieme alle tante e ai tanti insubordinati che hanno continuato ad inviare appelli e adesioni nonostante le minacce velate del ministero, ai tanti che si sono rifiutati di cedere ai diktat di chi dall’alto voleva imporre “la rinuncia” e anche grazie ai tanti maceratesi che hanno riscattato la storia della città partecipando alla costruzione di questa giornata.
Paolo dei centri sociali delle Marche interviene alla partenza del corteo: «tantissime persone stanno invadendo le strade nonostante i tentativi istituzionali di fermare questa manifestazione, nonostante i tatticismi elettorali delle grandi organizzazioni della “sinistra”, subordinate al Pd. Quello che è accaduto, una sparatoria fascista su donne e uomini migranti e tutto quello che ne è conseguito, ci ha portato a indire questo corteo. Lo abbiamo fatto per dire che siamo tutti antirazzisti, perché siamo convinti che solo il legame sociale fra gli ultimi, fra chi subisce questo sistema economico, può rappresentare la forza per cambiare al mondo. Perché solo i movimenti sociali reali possono cambiare la realtà». E ancora: «Caro Minniti se il tentativo era imporci il silenzio, ci sembra che tu abbia fallito. L’insubordinazione che abbiamo visto in questi giorni è qualcosa di inedito e di estremamente potente».
«Siamo migliaia, siano insubordinati, siamo semplici cittadini. Grazie a tutti, era necessario dare una risposta forte. Stiamo dimostrando insieme che Macerata è una città degna della tradizione antifascista che porta» dice Simone del centro sociale Sisma, dando il benvenuto alle tantissime persone giunte a Macerata. Mentre il corteo giunge in fondo a via Pantaleoni, avendo percorso già diverse centinaia di metri, molte persone ancora devono partire dai giardini Diaz. Dal palco viene annunciata la presenza di oltre 20.000 manifestanti; anche se i numeri sono destinati ad aumentare, visto che diversi autobus ancora devono arrivare a Macerata.
Determinazione e insubordinazione sono concetti che emergono anche in altri interventi dal camion, che si susseguono in continuazione. «La determinazione delle tante e dei tanti che sono oggi a Macerata ha smascherato i tentativi di normalizzare il fascismo. Grazie a tutte e tutti quelli che sono qui», dice Pierpaolo dell’Ambasciata dei diritti delle Marche.
Intervengono anche diversi iscritti ai circoli Anpi, che nei giorni scorsi hanno disobbedito al tentativo della loro organizzazione di sabotare la manifestazione di oggi. «Ringrazio i compagni delle Marche per non aver ceduto alle minacce di Minniti. Io sono iscritto all'Anpi e sono qua per mio padre, che era partigiano, e per respingere il fascismo. Un fascismo al servizio di chi vuole tutelare i privilegi e chi vuole che gli sfruttati si combattano tra di loro» sono le parole di un iscritto del Veneto.
Nel frattempo giungono notizie di manifestazioni di solidarietà a quella di Macerata che in questo momento si stanno svolgendo in diverse città d'Italia e d'Europa. A Cosenza, proprio in questi minuti, antifascisti e antifasciste stanno contestando la presenza del leader di Forza Nuova Roberto Fiore. Nel corso del corteo tantissime persone si affacciano dalle finestre e dai balconi per salutare i manifestanti. Con la manifestazione giunta quasi a metà percorso, la coda si è appena messa in marcia: sono presenti oltre 30.000 persone, un numero impressionante per una città "di provincia".
Continuano gli interventi. Mamadou, del movimenti migranti e rifugiati di Caserta, ricorda i 7 migranti uccisi a Castel Volturno nel 2008, vittime della criminalità organizzata e del razzismo. In piazza ci sono centri sociali provenienti da tutta Italia. Marco Baravalle, dei centri sociali del Nord-Est, ricorda Pamela «che è stata uccisa due volte e la seconda è quando hanno strumentalizzato la sua morte. Anche questo è decidere sul corpo delle donne».
Da Napoli Eleonora del centro sociale Insurgencia: «Quello che è successo oggi è la cosa più bella e potente che poteva succedere. Vogliono farci credere che il fascismo ha conquistato la società. Oggi abbiamo dimostrato che quando i fascisti scendono in strada sono quattro gatti, quando lo facciamo noi siamo migliaia. Oggi il Ministro Minniti dovrebbe dare le dimissioni! Grazie Macerata per aver rimesso le cose apposto e per averci ricordato che l'unica lotta che ha senso è dal basso verso l'alto». Luca dei centri sociali di Roma: «Dobbiamo ribaltare il paradigma di un paese che prova ad alimentare la guerra tra poveri. A Roma nelle prossime settimane sono previste diverse iniziative antifasciste e antirazziste. Ci difenderemo dalla barbarie con ogni mezzo necessario».
«Oggi Macerata dà una grande risposta moltitudinaria contro i fascisti e contro chi istituzionalmente fa il loro gioco. E oggi è successo l'impensabile, perchè la base di Anpi, Arci e Cgil oggi ha realmente disobbedito ai loro vertici, scendendo in piazza con noi» dice Alessandro dello spazio sociale Arvultura di Senigallia. Interviene anche Vittoria di Veneto Accoglie: «la scorsa settimana siamo andati in migliaia a Chioggia e oggi siamo a Macerata perché su diritti e accoglienza si gioca una battaglia decisiva per l'umanità. A chi ci vuole divisi rispondiamo oggi uniti. Nessuno spazio ai razzisti, ai fascisti, a Minniti, a Salvini!»
In piazza anche le realtà di lotta per il diritto all’abitare. Per Paolo dei Blocchi Sociali Metropolitani di Roma: «non possiamo lasciare il disagio sociale nelle mani dei fascisti e dei leghisti. Italiani e migranti sono un unico fronte sociale e l'insubordinazione di chi è oggi in piazza è comune». Tutti gli interventi rimarcano la questione del sessismo e la necessità di riaprire ancora di più spazi di lotta femminista nella nostra società. Un’attivista di Non una di Meno prende la parola: «oggi le femministe di tutta Italia hanno raccolto l'invito di Macerata. Le attiviste che hanno aderito al corteo sono state minacciate e oggetto di stalking. Vogliamo spazi che siano abitabili per tutte e tutti e non solo per l'uomo bianco e ricco. Antirazzismo e antisessismo sono nel nostro DNA».mL’antirazzismo si intreccia con le pratiche solidali e di mutualismo. Per questa ragione anche le Brigate di Solidarietà Attiva hanno aderito al corteo di oggi.
Il corteo ritorna ai giardini Diaz. Una manifestazione immensa, che potrà realmente sovvertire l'involuzione reazionaria che stiamo vivendo, in Italia e non solo. Nell'intervento finale Nicola, dei centri sociali delle Marche, ringrazia le donne e gli uomini liberi e antifascisti che, con questa piazza, mettono una pietra tombale su chi diceva che l'antifascismo era minoritario. «Noi ci siamo! Ringraziamo chi ha resistito al ministro Minniti, al Partito Democratico, ai fascismi! Ringraziamo chi è venuto qua a metterci corpo e faccia. Ringraziamo tutti quelli che sono qua. Speriamo che oggi da Macerata possa nascere qualcosa di nuovo. Oggi non abbiamo voluto un palco, perché non è una fine, ma un inizio. Dobbiamo ripartire dai territori, dalle periferie, dal lavoro e dalle scuole. Questo paese è ancora antifascista e da oggi cominciamo a riprendercelo con ogni mezzo necessario».
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«PERCHÈ IL PD E LE ISTITUZIONI NON SONO QUI?»
intervista di Gabriella Cerami a Gino Strada
Il presidente di Emergency si chiede però come mai non ci siano in piazza anche le Istituzioni e il Pd. «Intervenire sarebbe doveroso. È il compito delle istituzioni. Invece ho sentito le istituzioni e il sindaco Pd che in questi giorni hanno invitato a non manifestare. Credo che ci sia un affievolimento dell'antifascismo e bisognerebbe chiederlo a loro perché non sono qui a Macerata. Quell'atto di terrorismo è successo qui. Quando hanno fatto saltare in aria molti ragazzi nei bar d'Europa, non hanno fatto le manifestazioni a Tunisi, le hanno fatte a Parigi o a Barcellona. Perché oggi non sono qui a Macerata? Hanno paura di qualche potenziale terrorista? Vanno isolati perché quando li si isola anche politicamente non si manifestano».
CONTRORDINE MINNITI
È il giorno dell’antifascismo a Macerata. A una settimana esatta dalla sparatoria di Luca Traini, la città si appresta a ospitare il corteo organizzato dal centro sociale Sisma, al quale hanno aderito decine e decine di associazioni da tutta Italia, con quaranta pullman in arrivo da Trento a Palermo.
Il raduno è previsto alle 14.30 ai giardini Diaz e il percorso si snoderà intorno alle mura della città per poi tornare al punto di partenza. Secondo gli organizzatori - che assicurano si tratterà di un corteo «assolutamente pacifico» - arriveranno almeno cinquemila persone. Il sindaco Romano Carancini, dopo aver invocato uno stop a tutte le iniziative, con un’ultima dichiarazione ha quasi corretto il tiro: «Condivido pienamente i valori della manifestazione antifascista. I miei dubbi erano solo sull’opportunità del momento, visto il clima che si respira in città». Il primo cittadino ha anche deciso di chiudere le scuole per oggi e di annullare il carnevale dei bambini di domani. La diocesi lo ha seguito pronta chiudendo le chiese in centro città, stop a messe e catechismo, e invitando i cittadini a rimanere chiusi in casa e pregare.
Il segretario del Pd Matteo Renzi chiede di «non consegnare il paese agli estremisti», continuando a mettere fascisti e antifascisti sullo stesso piatto della bilancia. La risposta arriva dal leader di Leu Pietro Grasso: «La piazza si può gestire in modo ordinato e sicuro, negandola si creano più tensioni. Cavalcare la paura non fa bene al paese». Sulla tentata strage di Luca Traini ieri è intervenuto anche il premier Paolo Gentiloni: «Il dibattito politico è libero, la giustificazione del fascismo è fuori dalla Costituzione italiana», ha detto durante l’apertura della campagna elettorale della federazione Pd di Ascoli Piceno. «Non scambiamo la situazione migratoria che stiamo affrontando con quella della sicurezza», ha proseguito, contraddicendo la linea Minniti, «Chi soffia sul fuoco trova spazio. Ma noi lavoriamo dalla parte opposta».
La questura di Macerata, a ben guardare, non ha mai vietato il corteo di oggi, e nei giorni scorsi sul centro sociale Sisma si è scatenata una incredibile tempesta di fake news istituzionali quando dopo il famigerato appello del sindaco, le segreterie nazionali di Cgil, Anpi, Arci e Libera avevano deliberatamente parlato di annullamento della manifestazione. Infine il comunicato un po’ surreale della prefettura, arrivato nella tarda serata di mercoledì, nel quale si diceva che ogni corteo sarebbe stato vietato. Tesi poi ribadita dal ministro Minniti con una dichiarazione: il risultato è stato una gran confusione sui social network, con tante persone a chiedersi se alla fine si sarebbe fatto qualcosa o no a Macerata. Poi ieri pomeriggio la prefettura ha sciolto ogni riserva, nel prendere atto «dell’impegno degli organizzatori a garantire il carattere pacifico della manifestazione» ha decretato che «non esistono ragioni di ordine e sicurezza pubblica per un provvedimento di divieto»: è il via libera definitivo.
Già tre giorni fa il leader di Casapound Simone Di Stefano si è fatto la sua passeggiata elettorale in centro con tanto di cronisti al seguito, mentre giovedì sera è stata la volta di Roberto Fiore, accompagnato da una trentina di militanti di Forza Nuova. La nottata è stata piuttosto tesa: arrivati nella centralissima piazza della Libertà, i manifestanti di ultradestra sono entrati in contatto con gli agenti di polizia in assetto antisommossa. Risultato: sei contusi lievi e quattro fermati, mentre poco distante un pugno di antifascisti protestava gridando «assassini» e «terroristi» all’indirizzo di Fiore e dei suoi. La tensione si è sciolta nel giro di una mezz’ora.
Il clima non è dei migliori in città, e non soltanto perché per oggi è prevista una leggera pioggerella, in aggiunta alle consuete temperature rigide. Come in uno stanco gioco delle parti, diversi militanti locali del Pd continuano ad evocare lo spettro di una piazza violenta, chiedendo un non meglio precisato «rispetto» per una Macerata sconvolta dai fatti delle ultime due settimane. Rispettare la città, però, significa anche dire no al fascismo. E rispetto, d’altra parte, meritano anche Wilson Kofi, Omar Fadera, Jennifer Otiotio, Gideon Azeke, Mahamadou Toure e Festus Ogmabon. I sei ragazzi rimasti feriti dalla follia fascista di Luca Traini.