«La politica ha tradito i cittadini ma noi possiamo rimediare con l’istituto della democrazia diretta». Il Fatto Quotidiano, 20 marzo 2016 (m.p.r.)
«In un mondo ideale, un partito che invita gli elettori ad astenersi dal votare al referendum sulle trivelle sarebbe una vergogna. Ma visto il degrado politico e morale del Pd, nemico dei beni comuni, la cosa non mi sorprende». Ugo Mattei, docente di diritto internazionale comparato all’Hastings College of the Law dell’Università della California, è stato sei anni fa tra i promotori delle consultazioni popolari in favore dell’a cqua pubblica. «Il 17 aprile - spiega - dobbiamo votare perché la politica ha tradito i cittadini ma noi possiamo rimediare con l’istituto della democrazia diretta».
Dal Pd “inutile” il referendum...
Allora tanto per cominciare potevano accorparlo alle amministrative, così avremmo risparmiato 400 milioni di euro. Più che inutile, lo definirei dannoso per i poteri forti, ossia le compagnie che hanno le concessioni. Dato che ora la legge non permette più nuovi permessi entro le 12 miglia marine, è stato fatto loro un regalino, estendendo la durata di quelli già in essere anche dopo la scadenza, fino a quando è conveniente.
Quindi qual è il rischio in caso non si raggiungesse il quorum o vincesse il No?
Le compagnie potranno tenere i siti inoperativi fino a quando il prezzo del petrolio tornerà a salire: in quel momento riprenderanno le estrazioni e ci guadagneranno un bel po’. Votando Sì, abbiamo l’opportunità di stabilire che dopo la scadenza dei permessi, le estrazioni devono bloccarsi. Le sembra inutile togliere questo regalino?
Come farlo capire ai cittadini, con tutta questa propaganda per l’astensione?
Una battaglia disperata. Questo referendum non è stato chiesto con la raccolta firme, che avrebbe creato interesse al tema tra la società civile. Gli argomenti per il Sì sono forti, il governo lo sa e per questo ci ha lasciato poco tempo per la campagna di informazione.
Qualcuno potrebbe farsi scoraggiare dal fatto che poi la politica potrebbe comunque disattendere l’esito referendario?
Questo è il punto più importante di tutti. Il referendum sull’acqua pubblica ha avuto un risultato straordinario. Se avessimo perso quella battaglia, avremmo assistito a una privatizzazione del valore di 200 miliardi di euro, più grande di quella fatta negli anni Novanta. Non mi pare che si sia ottenuto poco.
In questi giorni, però, è in atto un tentativo di tradire quel risultato.
La proposta di legge di cui parliamo è di iniziativa parlamentare, non passerà mai, sono pronto a scommetterci. E il fatto che sia venuto fuori quel tentativo è positivo: ha dato lo spunto per tornare a parlare di beni comuni e quindi di referendum, aiutando i movimenti per il Sì per l’appuntamento del 17 aprile.
Tuttavia, stanno tornando i sostenitori della privatizzazione, con il solito argomento secondo il quale il pubblico non ha le risorse per gli investimenti...
Quello che è mancato dopo le consultazioni del 2011 è stata la piena ripubblicizzazione del servizio idrico. Noi per “pubblico” non intendiamo il vecchio metodo burocratico, corrotto e in mano alla politica. Intendiamo la nascita di istituzioni trasparenti, partecipate e con progetti di lungo periodo. Gli investimenti potrebbero anche avere una quota privata, ma di certo devono essere slegati dalla logica del profitto.