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Lodo Meneghetti
Ripresa con variazioni
23 Maggio 2005
Lodovico (Lodo) Meneghetti
Purtroppo il turismo, abbiamo notato ...

Purtroppo il turismo, abbiamo notato, è una delle voci primarie che i nostri amici intendono discutere nella Fabbrica del programma prodiana. Dico purtroppo perché questo fatto, da solo, indica che il centrosinistra considera il turismo soprattutto per le sue possibilità di contribuire fortemente alla "crescita" economica. Mi adeguo ancora, Carla, alle tue denunce e riparto dal mio commento. Temo che i nostri amici pensino (penseranno), copiando a livello governativo nazionale comportamenti già risaputi a scala regionale e comunale: ""impieghiamo le enormi risorse di beni culurali e ambientali, ovunque esse si manifestino, del Bel Paese – credono che esista ancora – per creare posti di lavoro, per aumentare la ricchezza, per distribuirla. Dunque, aumentiamo gl'investimenti in infrastrutture, specialmente strade e autostrade, porti turistici, impianti sciistici, alberghi, attrezzature di spiaggia, espansione di servizi commerciali nei musei, nei teatri, nelle grandi stazioni, e via via secondo un elenco infinito di iniziative private (e di privatizzazioni), mai contestate alla destra e da sostenere in quanto di "necessità" pubblica, o da premiare attraverso concessioni a buon mercato; dunque, inoltre, non ostacoliamo, anzi favoriamo la costruzione ulteriore e ancora ulteriore delle case per vacanze e fine settimana, approfittiamo della scappatoia concessa dalla definizione di residence house. Se non altro, il settore edilizio troverà ragione di sviluppo e domanderà forza di lavoro immigrata, non vedete come si offrono a basso prezzo albanesi, rumeni, marocchini, ottimi sostituti degli spariti bergamaschi? E attenti, voi sinistra radicale, non esageriamo con l’opposizione al ponte sullo Stretto e, sul piano legislativo, alla nuova legge urbanistica nazionale, liberista, sì, ma in fondo moderna affrancatrice dalle troppe regole"". Ma 'sto centrosinistra sa che tutto questo significherà "soluzione finale" per l'Italia già oggi Malpaese? Sa che spetterebbe all’opposizione-futuribile maggioranza spostare il problema del turismo dall'economia alla cultura, dalla speculazione privata alla riforma sociale, dal decantato stonato sviluppo alla stabilizzazione, dall'illimitato al limitato?

È la globalizzazione che impedisce il cambiamento?

Rileggo Il giocattolo rotto che hai scritto appena dopo Il turismo inquinante e cerco di collegare. Non possiedo come te un’alta preparazione socio-economica (tra tanto d’altro); ma qualche lettura indispensabile l’ho fatta. Negli anni ruggenti, al Politecnico, il gruppo cui appartenevo è stato il primo responsabile, per così dire, dell’introduzione nell’urbanistica e nell’architettura delle questioni strutturali (economia e società, per intenderci rapidamente); poi non ho mai rinunciato a perseguire la progettazione con gli studenti mettendo in relazione assetti spaziali e assetti sociali, naturalmente mai traendo conclusioni in maniera deduttiva elementare ma, ammesso di poterlo fare, seguendo linee complicate, anche tortuose. Del resto secondo Fernand Braudel “ogni realtà sociale è, per prima cosa, spazio. Ma gli spazi si incastrano gli uni dentro gli altri, si saldano fra loro, sono legati da rapporti di dipendenza”. Se questi rapporti valgono per la scala a grande denominatore, non valgono meno per i micro-ambienti socio-spaziali, sicchè non è velleitario affrontare l’analisi e il progetto nel senso detto sopra. Quella frase Braudel l’ha scritta nell’introduzione all’edizione italiana de Il sistema mondiale dell’economia moderna, del citato, da te, Immanuel Wallerstein: un testo di trent’anni fa che a me parla ancora. Ecco, mi impone di domandare: è davvero in fase di panne il meccanismo capitalistico? Non è più vero che il whirl del duro capitalismo strangola il mondo? La globalizzazione sta fallendo? Secondo Wallerstein (vedi lo stesso sottotitolo del librone) le origini del sistema mondiale dell’economia (sistema mondiale!) risalgono al Seicento. Nel corso storico, fatte salve le contraddizioni storico-geografiche, lo sappiamo, il globale non ha fatto altro che inglobare. Direi che per ragioni quasi fisico-meccaniche di pura accumulazione di forza e per assenza nella realtà (nel pensiero è diverso) di un modello rivale e vero nemico, il capitalismo mondiale non sta correndo molti rischi di perdere posizioni. E nella politica reale, maggiore e minore, negli stati pesanti, chi è il diverso? Chi l’antagonista? La Russia col suo esangue Putin neonata al liberismo e impotente potenza militare sbeffeggiata? La Cina campione mondiale di produttività operaia del tipo ottocentesco manchesteriano? L’Europa signora seduta sulla propria storia ma dimentica dei retaggi rivoluzionari?

Mi si allargano i polmoni a respirare l’aria smossa dai fiduciosi caparbi esperti cui ti riferisci riguardo al wallersteiniano “bisogno di esplorare possibilità alternative” al mondo attuale, ma poi l’aria mi manca.Certo, non ci si deve accontentare di aggiustare il giocattolo rotto; ma allora non possiamo nasconderci che la “nuova economia mondiale” deglobalizzata (citi Walter Bello), o qualsiasi “punto di partenza” verso una trasformazione del mondo, sarebbe pura e semplice rivoluzione. Magnifico, sarebbe. D’altronde basterebbe rileggere un passo dell’increscioso, se nominato, Engels di Dialettica della natura per immaginare: nel modo di produzione capitalistico, una determinata altezza della produzione di beni genera le crisi di consumo, ossia le crisi economiche cicliche risolte mediante non solo la distruzione dei beni prodotti ma anche di una parte delle forze produttive. La lotta per la vita consisterà nella difesa dei prodotti e delle forze produttive che la società capitalistica borghese ha creato, e nell’attacco contro l’azione distruggitrice dello stesso capitalismo. Cosa significa? Che la massa dei produttori deve appropriarsi della direzione della produzione e della distribuzione sociale togliendole dalle mani della classe dominante. In ciò consisterebbe la rivoluzione socialista. Devi togliere dalle mani per impadronirti. Non è difficile rapportare questa analisi vecchia di centotrenta anni all’oggi, con tutte le cautele del caso è inutile dire. Non vengono distrutti beni? Non vengono distrutte forze produttive? Altro che. Ma come potrebbe la massa dei produttori (nella quale è pur giusto comprendere tutto il lavoro non propriamente operaio-manuale) togliere dalle mani…? Engels pensava che la rivoluzione si fa. La rivoluzione russa si fece. La rivoluzione francese avvenne. Sappiamo come è corsa la storia, per sfortuna di molti cittadini del mondo.

Vedi nel sito i precedenti: Il turismo inquinante e Il giocattolo rotto, di Carla Ravaioli, e il mio Coraggiosa Carla Ravaioli, tutti nella sezione "Le opinioni di..."

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