A Milano non esiste una chiara opposizione alle politiche urbanistiche e edilizie della giunta guidata da Letizia Moratti. Ben prima dell’attuale strano accordo sul Piano di governo del territorio, il Pd ha lasciato campo libero a ogni operazione che ha portato benefici a imprese e speculatori fondiari e danno alla Milano dei cittadini. Ne cito due fra tante riguardanti la città esistente (non le nuove spaventose edificazioni «firmate»), maggiormente destinate a rovinare gli spazi e le case della città centrale: gli enormi sili sotterranei (con relativi volumi fuori terra) in belle piazze e giardini alberati, spazi considerati beni pubblici unici, fra tutti quello immenso quasi appiccicato a Sant’Ambrogio; il sopralzo di uno o due e più piani motivato all’origine dal recupero abitativo dei sottotetti e diventato poco più tardi puro pretesto per nuove aeree costruzioni, ora ancor più cresciute a causa della dissennata regola denominata traslazione di superficie lorda di piano.
Non si è sentita nessuna protesta proveniente dal Pd, nessuna denuncia della doppia devastazione arrecata nel basso e nell’alto della costituzione urbana. Centinaia, anzi riguardo ai sopralzi migliaia di episodi sono passate sotto gli occhi attoniti degli abitanti e dei commuter non solo senza opposizione ma con il consenso, o al meglio il disinteresse di quelli che a fronte di questi progetti degli amministratori, smaccati liberisti, avrebbero dovuto impiantare un duro contrasto per così dire all’americana (in Usa la minoranza fa di tutto per metter in difficoltà e battere la maggioranza su qualsiasi problema). Non è sorprendente, allora, il contorto avallo concesso al più deregolante piano che si sia mai visto nel paese. Il Pd ha dichiarato che voterà contro il Pgt ma dopo aver ritirato quasi tutti gli emendamenti (1400 all’origine, diventati 1150 e infine ridotti a un centinaio) e aver concordato la data, 28 giugno, per il varo del piano. Regalando così alla destra la certezza dell’approvazione finale entro il termine della legislatura, ossia prima delle elezioni. «Semplicemente incomprensibile», scrive il commentatore su Repubblica/Milano (r.rh., 1 giugno 1010).
Il Partito democratico, oltre a non aver ancora trovato un candidato sindaco affidabile (e stanno cercando verso destra…), non potrà proporsi agli elettori con l’autorevolezza di una formazione indiscutibilmente alternativa, ma dovrà farlo con la debolezza di chi ha giocato sulla doppiezza degli accordi fatti per davvero e negati per finta. Troppi dirigenti del partito appartengono all’ideale e alla politica dell’urbanistica privatizzata, comandata dai proprietari, dagli imprenditori finanziari e dagli impresari edili per lo più anche proprietari (come Ligresti, Cabassi, Caltagirone…). Se c’è una scena milanese in cui vige una recitazione bipartisan, è quella di un’inesorabile cementificazione della città.
Circa i contenuti del Pgt l’informazione è circolata abbondantemente in eddyburg. Nella trattativa del Pd con l’assessore Masseroli nulla ha scalfito l’ipotesi di un aumento della cubatura edilizia di 100 milioni di metri cubi (vedi la denuncia del presidente dell’Inu, Repubblica, cit.). Poi, due questioni considerate dapprima dal Pd basilari, il dimezzamento dell’indice di edificazione (da 0, 20 a 0, 10 mq/mq) nel Parco Sud concernente la perequazione da attuare in terreni urbani e la cancellazione della previsione del demenziale tunnel di 15 chilometri fra Linate ed Expo – Cascina Merlata, con sette uscite nella città, non hanno trovato benevolenza. Peraltro anche un indice di 0,10 è assurdamente elevato trattandosi di aree agricole, per le quali nei piani regolatori d’antan non quasi un terzo di metro cubo al metro quadro si indicava ma almeno dieci volte di meno, e solo per interventi strettamente riferiti alla conduzione agricola. Si capisce, occorre, attraverso la perequazione, remunerare la rendita al livello preteso dagli speculatori, ma, diciamo, est modus in rebus.
Quanto al tunnel, che aumenterà in misura insopportabile l’assalto delle auto dentro la città, l’accantonamento temporaneo scaltramente concesso dall’assessore è una presa in giro e i nostri dell’opposizione dolce lo sanno. Infatti, si è inteso che il progetto sia riproposto nel piano urbano del traffico. Nessun dubbio che sarà approvato sotto la spinta degli interessi finanziari e immobiliari che gli stanno dietro e delle arroganti convinzioni dello stesso sindaco.
Termino accennando a un aspetto creduto secondario del piano, scorso tranquillamente come fosse acqua sulla pietra e invece estremo emblema della cancellazione dell’urbanistica e del favore alla cattiva architettura. È scomparsa dagli obblighi la destinazione d’uso degli edifici, che siano molti nel progetto o uno solo non conta. Non è più necessario collegare contenitore e contenuto. Si progettano involucri astratti dalle ragioni funzionali e sociali, dal rapporto con la città e il contesto di appartenenza. È abolita per legge una delle motivazioni profonde del costruire; sparisce la domanda di, come diceva Rogers, per chi costruire. L’indifferenza e l’aleatorietà distruggeranno il senso stesso della città.
Milano 11 giugno 2010