Il Partito democratico si è rivolto al sindaco Giuliano Pisapia in maniera perentoria se non ultimativa >>>
2°- L’amministrazione comunale milanese vive fra mille difficoltà, deve sbrogliare, oltre a una lunga serie di intoppi d’ogni giorno legati alla condizione materiale urbana e ai bisogni correnti degli abitanti e dei commuters, almeno due problemi giganteschi: il primo, talmente pesante da finirne schiacciati, appiattiti come la sogliola bidimensionale del dottor Robinson, quello dell’Expo; il secondo quello delle case, chiamate popolari in altri tempi, patrimonio pubblico gestito dall’Aler, Azienda lombarda edilizia residenziale, erede immeritevole del rimpianto Istituto autonomo della case popolari (Iacp).
3°- L’ansiosa realizzazione delle opere per l’esposizione universale, questa maledizione (dico fin dal momento della ridicola gara con la debolissima Smirne), caduta su una Milano guidata da una pimpante (allora) Letizia Moratti, raccolta come un obbligo dalla nuova amministrazione sorta dalle elezioni del 15 e 29 maggio 2011, avviene attraverso una vicenda che intreccia ritardi, mancanza di finanziamenti, corruzione, pasticci urbanistici, errori nella scelta delle priorità nel tempo che corre indefesso verso l’inaugurazione. E, sopra di tutto o a comprendere tutto, è valsa ben presto la diserzione da un modello di contenuti che rispecchiasse davvero lo slogan “Nutrire il pianeta, energia per la vita”. Ne è conseguita infine la soggezione dell’ente pubblico a un altro modello: l’obbligazione, come una dura cambiale in scadenza, in primo luogo verso le proprietà, per acquisire l’enorme superficie destinata all’esposizione a un prezzo spropositato stante la destinazione agricola, poi verso le ipotetiche aziende costruttrici per concedere loro un mucchio di metri cubi, al fine di recuperare i soldi spesi.
5°- Ho richiamato per Eddyburg questi due argomenti, Expo e case popolari, già discussi nell’ambito della sinistra in modo più ampio e spesso decisamente critico verso l’amministrazione comunale, per rapportarli a quella mossa apparentemente incomprensibile del Pd (vedi punto 1°). Sono convinto che questo partito, ormai libero da qualsiasi legame con la tradizione socialista, come si può costatare dal comportamento giorno per giorno in mille frangenti della politica e della pratica sociale, non voglia, anzi non possa sottoscrivere prospettive discordanti dal proprio nuovo modello neoliberista e antisindacale. Già perfettamente connotato ora dalla stretta alleanza non solo con una destra spacciata per moderata (Ncd) ma con tutta la destra non leghista, essendovi compatibile e attivamente partecipe lo stesso Berlusconi (FI), corre veloce, attraverso la progressione dell’idiosincrasia dopo che per il socialismo persino per la democrazia, verso la costituzione renziana del Partito della Nazione. Caduta la D risorge una N di Nazionale appartenuta prima a un PNF poi a un’AN e rilanciata ora nel rigiro di una storia che forse, sotto quest’aspetto, ha finito di fare i conti.
6°- Sono convinto che il sondaggio del Pd circa le intenzioni del sindaco di Milano sia meno una gaffe e più una debole copertura di trame che si provino a intrecciare nei retropalchi chiusi della politica dove il gioco dello scambio le esige. Giuliano Pisapia e la sua amministrazione sono nel mirino renziano: potrà sopravvivere un esperimento come quello lanciato nelle elezioni milanesi del 2011 e vivente attraverso prove pesanti, critiche da sinistra anche meritate, ma anche non disattento come le precedenti gestioni Albertini e Moratti al funzionamento razionale della città, meno succube di queste agli attori della rendita finanziaria e della speculazione edilizia, infine assai più sensibile alle domande sociali che si moltiplicano senza sosta nella metropoli? Dobbiamo stare, vecchi e giovani militanti della sinistra, con le orecchie ritte e gli occhi aperti. Non possiamo essere corresponsabili, anche in minima parte, di soluzioni alternative per Milano che, di fatto, mediante trasferimento a livello locale delle alleanze già praticate dal Pd e certamente rafforzate dal futuro Partito Nazionale, sbanchino il campione amministrativo milanese per insediarne un altro adatto ai magatelli obbedienti ai nuovi potenti. Non voglio dire che di qui in avanti dobbiamo evitare qualsiasi critica ai nostri eletti; dobbiamo ad ogni modo farlo come stimolo a ritrovare la soluzione migliore dei problemi circa i quali l’effetto maligno delle esagerazioni e delle menzogne dei nemici talvolta è garantito. Sono sicuro che Renzi e accoliti hanno accettato se non proposto di discutere con gli alleati del destino di Milano alle prossime elezioni amministrative. Probabile candidato sindaco Maurizio Lupi, l’attuale attivissimo ministro “caterpillar” delle infrastrutture, per noi milanesi, per noi urbanisti rinomato emblema di invincibile distruttore del bene comune rappresentato dal territorio e dalla città pubblica. Vi piacerebbe al posto di Pisapia?
Allora scelgo il titolo del pezzo: Difendere difendere Milano