A Scandicci, il gruppo industriale Electrolux decide la chiusura del proprio stabilimento. Respinta ogni tentazione di cambiare la destinazione d’uso, il capannone e le aree mantengono il loro valore strumentale per la produzione industriale. Grazie alla azione decisa degli amministratori, dei cittadini e del sindacato si punta ad una riconversione produttiva, salvaguardando gran parte dei posti di lavoro. Un nuovo imprenditore rileva lo stabilimento e, al posto dei frigoriferi, nella fabbrica che ha ripreso a funzionare si producono pannelli solari e fotovoltaici.
A Milano, il gruppo industriale Innocenti-Sant’Eustachio è entrato in crisi diversi anni fa, passando di mano in mano. Nel frattempo i suoli hanno cambiato destinazione e proprietari ed è stata promossa la costruzione di un nuovo quartiere, residenziale, commerciale e direzionale. La fabbrica è diventata un intralcio da rimuovere al più presto: tra rendita immobiliare (certa e consistente) e profitto industriale (incerto e limitato) non c’è partita. Solo la resistenza eroica – davvero non vi sono altri aggettivi per definirla – di quattro operai ha cambiato, per ora, il destino dello stabilimento.
Nelle slide presentate al corso "Ma dove viviamo", organizzato da Cgil e eddyburg.it, sono riassunte le fasi salienti delle due vicende, sulle quali non pare superfluo riflettere, non fosse altro perché – in molte altre parti d’Italia – vicende analoghe si stanno svolgendo senza avere gli onori delle cronache televisive e l’attenzione della stampa nazionale.