Oggi verrà presentato a Roma, alla stampa estera, il progetto Nuovo Paesaggio Italiano, ideato dal direttore della Normale di Pisa Salvatore Settis e da Oliviero Toscani. Due paladini della difesa del paesaggio e anche critici molto aspri delle brutture e degli scempi compiuti negli ultimi anni anche in Toscana. Alla vigilia dell’evento romano, Settis ha spiegato al «Tirreno» il significato dell’iniziativa, ha accusato «una certa parte» della sinistra di aver venduto l’anima al cemento, ma nel contempo ha giudicato molto positivamente la svolta impressa dal presidente Enrico Rossi e dall’assessore Anna Marson.
Professor Settis, quale è il significato del progetto Nuovo Paesaggio italiano?
«La nostra iniziativa si propone di reagire ad un silenzio assordante sulla tutela del paesaggio italiano. Il nostro Bel Paese è purtroppo sempre di più devastato da brutture e devastazioni. Dalle Alpi alla Sicilia. Dobbiamo risvegliare le coscienze perché si ribellino al degrado. Bisogna impedire che da bello il nostro Paese diventi brutto».
Non c’è il rischio che la vostra iniziativa, partendo dalla Toscana, punti i riflettori su una regione che si è sempre battuta contro i condoni e che è sicuramente meno degradata di altri regioni italiane?
«Sia io, calabrese, che l’amico Oliviero Toscani, milanese, abbiamo scelto di vivere in Toscana perché questa è la regione più bella d’Italia. E’ vero che il paesaggio è più rovinato in altre regioni che in Toscana. E che il disastro ambientale appare più evidente in regioni come la Calabria, dove io sono nato, e il Veneto. Tuttavia negli ultimi dieci anni la situazione è cambiata, e in peggio, anche in Toscana. E proprio perché è una regione bella i guasti si vedono meglio e indignano di più».
Quali sono in Toscana i punti più critici del degrado, le zone più brutte e rovinate?
«La zona costiera e altre località di grande valore paesaggistico come Monticchiello. Che è diventato l’emblema di un degrado davvero profondo e preoccupante. La Val d’Orcia giustamente è stato riconosciuta come una zona di alto pregio ambientale dall’Unesco. Si è arrivati a costruire e vendere a Monticchiello villette a schiera con il bollino dell’Unesco. Davvero un’azione riprovevole, un vero e proprio mercimonio del paesaggio. E anche un capovolgimento della cultura toscana, che è sempre stata molto attenta alla tutela del paesaggio».
Lei è stato molto critico anche con San Vincenzo.
«Sì, lì come in altre zone della Val di Cornia, penso a Campiglia e a Venturina, si sono fatti troppi insediamenti di seconde case. E pensare che da anni la Val di Cornia è il migliore esempio in Italia di una felice gestione tra Comuni, Stato e Regione dei parchi archeologici. Anche per questo ci vorrebbe più attenzione urbanistica. Che senso ha continuare a costruire quando ci sono case invendute?».
Che cosa non condivide della politica urbanistica portata avanti dalla Regione Toscana e dai Comuni nell’ultimo decennio?
«La mia riflessione, lo premetto, è generale, non riguarda solo la nostra regione. L’articolo 9 della Costituzione dice che spetta allo Stato la tutela del paesaggio, ma lo Stato nel corso degli anni ha ceduto i propri poteri alle Regioni, le quali, a loro volta, li hanno affidati ai Comuni. Questo processo ha oggettivamente indebolito la tutela del paesaggio».
Colpa dei Comuni e voglia di centralismo statale?
«Non si tratta di questo. Anch’io un tempo ho coltivato l’illusione che il governo più vicino è ai cittadini e meglio è. Spesso purtroppo la vicinanza non rende il governo migliore. Per almeno tre motivi».
Il primo?
«Intanto perché un piccolo Comune non ha le competenze per tutelare il paesaggio. E inoltre più ci si avvicina ai cittadini e più forte è il rischio del voto di scambio elettorale in danno della tutela paesaggistica e urbanistica».
Terzo motivo?
«Con la legge Bucalossi si è concessa ai Comuni la possibilità di introitare gli oneri di urbanizzazione. Questi però dovevano essere destinati a costruire strade e i servizi inerenti i nuovi insediamenti abitativi. Ma poi, agli inizi degli anni Novanta, si è permesso ai Comuni di utilizzare questa fonte di entrate per qualsiasi scopo. Se con l’ultima manovra il governo Berlusconi taglia 15 miliardi alle Regioni, alle Province e ai Comuni è evidente che questi poi utilizzano in maniera indiscriminata il rubinetto degli oneri di urbanizzazione. Più si costruisce e più soldi arrivano nelle casse dei Comuni».
Come giudica il nuovo corso che il presidente Rossi e l’assessore Marson hanno impresso all’urbanistica della Toscana?
«In questo settore è la più bella notizia degli ultimi dieci anni. Finalmente abbiamo un presidente e un assessore di una Regione importante come la Toscana che dice: basta con il consumo del suolo, cerchiamo di consumare di meno e meglio. E di riqualificare ciò che c’è ed è degradato. Davvero una grande promessa. Dalla Toscana può partire la riscossa per il paesaggio italiano».
Il segretario regionale del Pd Andrea Manciulli ha detto, in un’intervista al «Tirreno»: le critiche dei professori e dei comitati puntano sulla conservazione dell’esistente mentre non guardano al futuro, non osano, non si sintonizzano con la contemporaneità. Cosa risponde?
«Che personalmente non ho mai pensato che la conservazione del paesaggio significhi metterlo nel freezer. Il paesaggio per sua natura si trasforma. Proprio quello toscano è la dimostrazione di quanto vi abbia inciso la mano e la cultura degli uomini nel corso dei secoli. Quindi sono d’accordo sull’esigenza di collegare la conservazione alla contemporaneità. Ma quello che noi denunciamo è altra cosa: è la mercificazione del paesaggio».
Lei sa che l’economia in Toscana reclama un ammodernamento delle infrastrutture. Come conciliare questa esigenza con la tutela del paesaggio?
«Guai a contrapporre le due esigenze. Se ad esempio per costruire l’Alta velocità si devono seccare i torrenti del Mugello, io non ci sto. Il problema è uno solo: per tenere insieme ambiente e nuove infrastrutture bisogna usare alte tecnologie e spendere di più. Ma i maggiori costi sono un investimento se si guarda al futuro del nostro Paese perché lo rendono moderno senza rovinare il suo vero tesoro rappresentato dal paesaggio».
Alcuni sindaci del Pd si sono ribellati alla Marson. Altri hanno chiesto le dimissioni del presidente del Parco dell’arcipelago toscano. Perché tanta irritazione?
«Perché una parte di quella che una volta era la sinistra, e oggi non lo è più, si è asservita al cemento e ai cementificatori».
Perché anche in Toscana si è costruito molto e molti ritengono anche male, almeno in certe zone? Perché da noi i grandi architetti non hanno poi tanta fortuna?
«La ragione è molto semplice: si è data la priorità al guadagno, al fare presto e male anziché bene e più lentamente. Se la Toscana è la regione più bella, nonostante tutto, è perché qui si è ragionato nel corso dei secoli seguendo valori come la bellezza, la lentezza, l’idea che il paesaggio è anche l’anima di un popolo. La nostra sfida è aiutare chi ci governa a recuperare questi valori perduti».