». il manifesto, 14 gennaio 2017 (c.m.c.)
Quello della nuova amministrazione sarà un dietrofront coordinato su tutti i fronti per riportare il paese indietro di mezzo secolo su riforme, rete sociale, immigrazione, voto alle minoranze e ambiente. Per molti versi la politica ambientale è stata la maggiore success story dell’amministrazione Obama. Negli ultimi 8 anni la generazione di energia eolica è aumentata di 30 volte, all’industria sono state imposte le norme atmosferiche più severe di sempre e ai costruttori di auto regole di efficenza che entro il 2050 dovranno dimezzare i consumi di carburante.
La multa di 4,3 miliardi di dollari imposta alla Volkswagen per la truffa delle emissioni diesel e il fascicolo Fiat aperto l’altro giorno dalla Environmental Protection Agency (EPA), dimostra la priorità della protezione dell’ambiente. Ma se la VW pagherà, la pratica Marchionne verrà quasi certamente archiviata dal governo che si insedierà venerdì prossimo.
Trump che ha promesso di «rifare grandi gli idrocarburi americani», ha schernito le politiche ambientali di Obama come una crociata contro l’industria. Il governo che ha scelto come Segretario di Stato il presidente della Exxon, quasi sicuramente dichiarerà guerra all’ambientalismo globale col possibile rinnegamento degli accordi di Parigi.
Quanto alle politiche domestiche nulla può essere più emblematico della nomina a direttore dell’EPA di Scott Pruitt. Presentato da Trump come «leader nazionale contro la guerra al carbone promossa da Obama» il compito di Pruitt sarà quello di firmare una resa incondizionata dell’ambiente che il suo dicastero sarebbe tenuto a tutelare. Come procuratore generale dell’Oklahoma Pruitt ha passato una carriera a querelare l’ente stesso che ora va a dirigere per conto di conglomerati energetici.
Agli atti del suo ufficio esistono lettere di protesta per le «eccessive norme ambientali» rivelatesi poi copiaincollate da comunicati di aziende petrolifere, come la Devon Energy, che dominano l’economia dell’Oklahoma. Con la scusa della «tutela dei diritti degli stati» dall’ingerenza federale la missione di Pruitt, la cui nomina è stata valutata come uno scherzo crudele dalla comunità ambientalista, sarà di rottamare quarant’anni di protezioni ambientali e dare libero impulso a una politica energetica dettata dai petrolieri a base di carbone, fracking e trivellazioni in aree protette. È facile immaginare quindi che la prosecuzione delle infrazioni automobilistiche comprese quelle della Fiat Chrysler non saranno prioritarie per la EPA di Pruitt.
Il valore delle ultime iniziative di Obama sembrerebbe dunque del tutto simbolico, ma forse ma non del tutto. Molte battaglie politiche infatti sono ora destinate a spostarsi sul confronto fra una Washington espugnata dalle corporation e le amministrazioni statali.
Sull’ambiente sarà determinate il peso della California: lo stato più popoloso rappresenta ad esempio di gran lunga il maggiore mercato automobilistico nazionale e per questo è da sempre battistrada sulle politiche ambientali. Non è pensabile competere senza adeguarsi alle norme che permettono la commercializzazione di vetture in California. È la ragione per cui all’atto pratico le regole californiane si convertono di fatto in norme per tuttii costruttori. Lo ha appreso Marchionne quando è stato obbligato a rispettare le quote richieste e commercializzare in California le 500 elettriche che sul suo bilancio gravano come una perdita, come non perde occasione di lamentare.
La protezione dell’ambiente americano – e globale – dipenderà quindi in parte dall’adeguamento all’innovazione tecnologica imposta sulla West Coast e che il governatore Jerry Brown ha giurato se necessario di difendere a tutti i costi. L’iniziativa di Obama a carico dell Fiat è un ultimo assist a chi come lui dovrà, nella notte trumpista, raccogliere il testimone ambientale.