Il manifesto, 21 aprile 2016
Nell’ultimo mese, secondo Agcom, il tempo di parola messo a disposizione di personaggi delle professioni, della scienza, della cultura, del mondo dell’informazione, dello spettacolo, dello sport, della cronaca, o della gente comune, è poco più del 20% del tempo complessivo. Quasi tutto il resto va alla politica. Dopo avere cancellato il paese degli eroi, dei santi, dei poeti, dei navigatori, i nostri tiggì s’inventano un paese di capi di governo, ministri, sottosegretari, sindaci e onorevoli.
Accade ovunque, sia alla Rai che a Mediaset, sia a La 7 che a Sky: Anche la storica diversità del Tg5, il cui successo nacque sullo spazio riservato alla cronaca, oggi è cancellata: ammalato di politica il Tg del biscione dedica ai suoi protagonisti addirittura il 77% del tempo di parola, un record, seguito dal Tg4 con il 72%, mentre Tg1 e Tg3 si attestano intorno al 70%.
Viene da chiedersi quanto tutto ciò faccia bene ai cittadini e se mai ci sia un rapporto tra la crescente sfiducia nei partiti e questa messa in scena in dosi da cavallo della politica nazionale. Ma i numeri, preziosi, dell’Autorità ci dicono anche altro. Ci svelano ad esempio che il TgLa7, pur lontano dai record iperpolitici del Tg5, è quello dove il Pd copre (col 34,3%) più di un terzo del tempo di parola dei soggetti politico-istituzionali. Ci fanno scoprire come il Tg3, pur offrendo il più ampio spazio ai partiti (e in particolare al Pd, con un 31% che non trova riscontro negli altri tg della Rai), penalizzi invece più di qualsiasi altro telegiornale (pubblico e privato) Sinistra Italiana-Sel, concedendo ai suoi esponenti ( con lo 0,56%) la miseria di 38 secondi di parola (Telekabul è un lontano ricordo).