Per l’autostrada tirrenica sono possibili nuove revisioni progettuali. Con il Pit, il Piano d’indirizzo territoriale appena approvato, non ci saranno più casi Monticchiello. L’assessore regionale all’urbanistica Riccardo Conti parla però anche del Piano strutturale di Firenze adottato due giorni fa. E lo fa in modo critico.
Assessore Conti, il ministro Rutelli vi sta bloccando la tirrenica.
«Non mi pare che Rutelli sostenga questo, il suo documento ha il sapore opposto: dare il via libera di massima per portare il progetto al Cipe e concludere così la fase preliminare».
Il ministro dei beni culturali parla però di revisione progettuale.
«Si tratta di verificare le prescrizioni della Valutazione d’impatto ambientale sul progetto. Per quale motivo dovremmo escluderle? Lancio una sfida: mandiamo subito il progetto al Cipe e si configuri poi un’autostrada ambientalizzata come chiede la Regione».
«Autostrada ambientalizzata», un neologismo "contiano"?
«Riguarda la tecnica di progettazione: evitare le opere d’arte, limitare i viadotti, aderire alla morfologia del terreno, mitigazioni».
Ma il Pit cosa dice dell’autostrada tirrenica?
«La inquadra tra le priorità generali e il Pit apre una nuova fase».
Assessore, pensa davvero che il Pit eviterà altri casi Monticchiello?
«Non considero Monticchiello un caso di valenza straordinaria. Il Pit è il frutto di un lungo dibattito ma è anche un punto di partenza: lo integreremo adesso con il codice del paesaggio».
Ma a Campi Bisenzio il Pit non è naufragato?
«No, ha dimostrato la sua forza. Il Comune ha adottato un nuovo regolamento urbanistico che contiene previsioni diverse rispetto a quelle che hanno provocato la crisi. Rilevo una vitalità di un sistema che ha saputo reagire in 3 mesi: dai 70mila abitanti si è passati a 45mila. E rilevo anche che alla fine si è cambiato un sindaco».
Campi dimostra anche che se un Comune sballa le previsioni non esistono controlli o anticorpi.
«Gli anticorpi invece a Campi ci sono stati. Alla fine quello che decide tutto sono i meccanismi di consapevolezza urbanistica e culturale. Il punto non è riempire la Toscana di sceriffi ma di come affermare meccanismi virtuosi sotto il profilo urbanistico».
Ma come può un piccolo Comune senza soldi dire di no a chi offre oneri di urbanizzazione in cambio di una licenza edilizia?
«E’ un grande tema nazionale che riguarda il federalismo fiscale e i Comuni. Il territorio non può essere messo in vendita».
Il Pit può fermare un Comune che si lancia in speculazioni?
«Il Pit fissa delle regole che non spingono in questa direzione. Del resto i costruttori protestano contro le nuove norme. Dobbiamo favorire i buoni investimenti, volti al reddito e non alla rendita».
L’insediamento Laika di San Casciano è un buon investimento?
«E’ reddito, un investimento complesso con punti d’avanguardia».
La Toscana è però terra appetibile per gli speculatori.
«C’è un articolo di "Le Monde" che parla delle nostre norme in termini molto lusinghieri. E questo ci pone un dilemma: chi interviene in Toscana non deve trovarsi di fronte una regione rassegnata. Deve sapere di essere condannato alla qualità, di avere di fronte una regione intenzionata ad investimenti d’avanguardia. E’ questo il vero antidoto alle speculazioni».
Il Pit blocca le vecchie previsioni urbanistiche, perché?
«Abbiamo avuto un ciclo economico sfavorevole che ripiegava sugli investimenti edilizi. E dobbiamo ora contenere questa tendenza. L’effetto politico è che si formano, com’è accaduto a Campi, blocchi per la crescita edilizia, banche comprese. Si tratta di fare politiche orientate alla qualità, formare blocchi per la qualità e lo sviluppo, fondati su cultura, lavoro e impresa. Del resto, a ben vedere, è questa la sfida ultima del Pit. Che può essere letto come un manifesto dei moderni produttori toscani».
Cosa pensa del Piano strutturale di Firenze?
«Il Pit è stato approvato quasi in contemporanea con il Piano della città capoluogo. Penso che il contributo di Firenze possa essere ancora più ambizioso e innovativo del Piano strutturale adottato. Dico questo sapendo che è condiviso anche dall’assessore comunale Gianni Biagi. Tant’è vero che si è convenuto di collaborare per migliorare il Piano prima dell’approvazione definitiva. Come del resto il Comune ha fatto con il Pit».
Il Pit nasce in modo bulgaro, con l’opposizione fuori dall’aula.
«C’è stata la convergenza dell’Unione: un buon programma trova la convergenza tra riformisti e resto del centrosinistra. Devo ringraziare il presidente della commissione ambiente Erasmo D’Angelis».
Postilla
Rivelatore l’escamotage di “ambientalizzare” l’autostrada tirrenica per renderla digeribile agli oppositori. È la stessa concezione secondo la quale nei luoghi protetti di potevano costruire ville purchè i tetti fossero di tegole verdi. L’estro innovatore dei governanti della Toscana approda al vetusto modello della mascheratura, del camuffamento, degli “schermi arborei”. Aspettiamo la proposta di circondare le case di Monticchiello da alcuni filari di cipressi, o magari di tuie, e di risolvere lo scandalo delle collusioni tra amministratori e speculatori (la prevalenza della rendita a qualunque altro valore) con una manciata di pater ave gloria. Quell’autostrada è stata ed è criticata per motivi molto più consistenti e strutturali: dal punto di vista del territorio, dell’economicità, dei tempi di adeguamento della viabilità tirrenica. A chi altri giova quell’autostrada se non agli interessi di chi incamera i pedaggi. Si vedano in proposito i numerosi documenti raccolti nella cartella SOS Maremma.
Rivelatrice anche l’affermazione secondo la quale il PIT dovrà essere integrato con il codice del paesaggio. Significa che aveva ed ha ragione chi sostiene, come puntualmente eddyburg ha documentato (si vedano, ad esempio, l'articolo di Luigi Scano e l'eddytoriale n. 100), che il PIT è oggi del tutto difforme da quello che, a norma di legge, dovrebbe essere un piano paesaggistico.
Intanto, nuove Monticchiello nascono nelle aree protette, come ha raccontato su questo sito Paolo Baldeschi.. Intanto, alle osservazioni che propongono ragionevoli misure di tutela del paesaggio si risponde (per quanto se ne sappia) con un sostanziale fin de non recevoir .