Il 14-15 ottobre al monastero di Sezano si terrà la prima Conferenza nazionale sull’Utopia, con laboratori, proclamazione di dottori honoris causa in utopia, cena utopica oltre ad esperienze di impossibili resi possibili. Una iniziativa stimolante che ci facciamo raccontare da padre Silvano Nicoletto, stimmatino.
In una società pragmatica e competitiva stupisce sentire parlare di utopia….
«Stupisce, ma in realtà ce n’è un estremo bisogno. Viviamo in una società dove un imperante cinismo riduce tutto a denaro e successo, con una visione di politiche dall’esito immediato: prendi e porta via; una monocultura basata sulla predazione dei diritti, della vita, dei beni comuni e dell’ambiente. Rompere con questi mondi chiusi non è uno scherzo, ma occorre rendere possibili altri scenari dove l’umanità e gli esseri possano semplicemente vivere gli uni assieme agli altri e gli uni per gli altri».
Qual è l’utopia di cui si parlerà nella conferenza?
«C’è bisogno innanzitutto di prendere congedo da una concezione sprezzante dell’utopia, quasi si trattasse di sogni irrealizzabili. L’utopia di cui si parlerà nella conferenza invece è concreta ed ha a che fare con progetti di vita e di società che attendono di essere realizzati come superamento delle attuali prospettive a corta veduta».
Da quale visione parte il sogno utopico di questo progetto?
«Il punto di partenza coincide con una visione che considera come bene comune la possibilità per tutti di vivere insieme. Il sogno (che non va inteso come una chimera) è la realizzazione di una umanità che non toglie a nessuno i beni necessari alla vita per destinarli alle logiche del mercato. Si tratta di un altro modo di vivere più rispettoso di tutto e di tutti, in armonia con tutto ciò che abita e si muove nella “casa comune”». Il Monastero di Sezano (Verona)
Il monastero di Sezano capitale nazionale dell’utopia ? Non sarà troppo ambiziosa questa iniziativa?
«Oltre che ambiziosa, se così fosse, sarebbe anche presuntuosa e per questo il monastero di Sezano non sarà mai capitale nazionale dell’utopia. Tuttavia questo è un luogo (topos) in cui le utopie che già anticipano futuro si danno appuntamento, si confrontano e si sviluppano attraverso una feconda relazione».
Come è nata questa iniziativa, e cosa intende valorizzare?
«La causa remota è il quinto centenario dello scritto di Thomas More sull’utopia. Ma oggi intendiamo dare voce ai molti percorsi che in questi anni i diversi movimenti della terra, della conoscenza, della resistenza al predominio finanziario, dei beni comuni come l’acqua, il suolo, l’energia, l’aria e l’ambiente, hanno realizzato con esperienze di nuove narrazioni del mondo e della vita».
Utopia e realismo contrapposti quindi?
«Non contrapposti ma proposta di nuovi e altri progetti rispetto alla narrazione stantia e scontata che i maestri del realismo continuano a ripetere senza apportare una virgola di miglioramento ai problemi del mondo, ed anzi provocando processi di impoverimento, di squilibri e di guerre».
Sabato pomeriggio ci sarà la proclamazione di alcuni dottori honoris causa in utopia per il 2016…
«Sì, è ormai nella prassi del Monastero del Bene comune, in collaborazione con l’Università del Bene Comune assegnare il dottorato honoris causa in utopia a quelle persone o a quei gruppi che in concreto hanno realizzato azioni ed esperienze in diversi ambiti (economico, lavorativo, educativo, sociale, …) capaci di testimoniare che l’utopia (non luogo) può diventare eutopia (buon luogo)».
Chi sono i nuovi dottori in utopia?
«Quest’anno è stato deciso di premiare la cooperativa sociale New Hope, che sta dando dignità e speranza a tante giovani immigrate; Jürgen Grässlin, pacifista tedesco indomito oppositore dell’industria delle armi e Bernard Tirtiaux, maestro vetraio, scultore, artista, musicista, poeta e scrittore belga». Bernard Tirtiaux
Con che criterio sono stati scelti ?
«Il primo criterio è senz’altro la qualità delle esperienze che rappresentano, vale a dire esperienze capaci di infrangere i dogmi del pensare e del vivere attuali. Un altro criterio individua in persone e in gruppi non necessariamente appartenenti al mondo accademico i candidati per questo riconoscimento. Esiste un mondo complesso di esperienze innovative che necessitano di venire alla luce ed essere riconosciute».
Nel programma dei lavori si legge “Incontro con l’audacia mondiale” …
«In effetti questa sollecitazione dell’incontro con l’audacia mondiale viene proposta nell’ultimo libro, non ancora pubblicato in Italia, di Riccardo Petrella, Au nom de l’humanité. L’autore parla di tre audace: la prima “Dichiarare illegale la povertà” (ovvero i processi che generano impoverimento), la seconda “Disarmare la guerra” e la terza “Mettere fine alla finanza attuale”».
Sembra una scommessa impossibile…
«L’impressione è quella di un’impresa titanica, ma è altrettanto vero che molte micro e macro realtà si stanno muovendo in disobbedienza a questi codici e non è detto che il gigante così possente e terribile alla fine non abbia i piedi d’argilla».
Nel programma della conferenza è prevista anche una cena utopica, di cosa si tratta?
«La conferenza inizierà con una cena curata dallo chef Fulvio De Santa, il cui menù è talmente “utopico” da scartare i prodotti artificiali per gustare i prodotti naturali tramandati dalla saggezza di chi ha lavorato la terra con rispetto e amore, e dei giovani “contadini resistenti”che continuano questa tradizione».
Non solo conferenza quindi, ma festa…
«Certo, non solo conferenza, ma soprattutto festa perché la festa non è un accidente dell’utopia ma fa parte della sua sostanza».