Niente vincoli sul colle di Tuvixeddu e Tuvumannu: il Tar della Sardegna ha bocciato la delibera che un anno fa ha imposto l’alt ai lavori per il nuovo parco e il quartiere residenziale di via Is Maglias. I giudici del tribunale amministrativo hanno dato ragione al Comune e ai costruttori, che avevano promosso un ricorso all’indomani del provvedimento varato dalla giunta con il quale venivano imposti i nuovi divieti intorno all’area della necropoli punico-romana di rilevantissimo interesse archeologico. Il governatore Soru ha già annunciato un ricorso al Consiglio di Stato. Gli imprenditori, invece, sostengono che finalmente sono stati riconosciuti i loro diritti e affermano che ora solleciteranno un sostanzioso risarcimento danni che però non è stato ancora quantificato.
Cadono i vincoli
su Tuvixeddu e Tuvumannu
di Mauro Lissia
CAGLIARI. Più che una sentenza è un uppercut, che manda l’amministrazione Soru al tappeto con scarse possibilità di rialzarsi. I vincoli su Tuvixeddu-Tuvumannu cadono tutti, il comune di Cagliari ha ragione su tutta la linea. Con un dato giuridico che prevale su qualsiasi altro aspetto di questa decisione-macigno: dagli accordi di programma come quello del 15 settembre 2000, che aveva dato il via libera a Immobiliare Coimpresa, non si può uscire «con recesso unilaterale, a meno che non sia espressamente previsto». Il che mette una pietra tombale sull’intera vicenda.
Basterebbe questo: se l’accordo, per il quale «deve applicarsi la normativa civilistica in materia di obbligazioni e contratti» non può essere sciolto resta in piedi anche di fronte a un sistema di norme di emanazione statale come il Codice Urbani, cui la Regione ha fatto riferimento per fermare il progetto dei colli cagliaritani. Ma il collegio del Tar - presidente Lucia Tosti, consiglieri Rosa Panunzio e Francesco Scano - non si è limitato a piantare un paletto giuridico sul cammino dell’architetto Gilles Clement, che su incarico della giunta Soru («incarico affidato in modo occulto» scrivono i giudici) lavora da tempo al parco Karalis, un nuovo progetto per l’area archeologico-naturalistica. Nelle ottanta pagine che compongono la sentenza i giudici documentano una sequela di errori e di «trattamento maldestro» della vicenda che sarebbero comici se a commetterli non fosse stato l’apparato burocratico-legale dell’amministrazione regionale, che da questa vicenda esce con le ossa rotte. A cominciare dalla commissione chiamata a deliberare sull’applicazione dei vincoli sul notevole interesse pubblico dell’area: costituita d’urgenza con esperti di cui non si conoscono i titoli («non sono stati allegati i curricula»), in realtà - certificano i giudici - doveva essere nominata in base a una legge, come lo stesso Codice Urbani stabilisce chiaramente. Qui invece è stata la giunta a nominare i componenti e il Tar osserva come a farne parte viene chiamata Maria Antonietta Mongiu che poi andrà a ratificarne le scelte in esecutivo, nel ruolo di assessore alla Cultura.
Difficile capire come un’amministrazione dotata di consulenti legali autorevoli sia incorsa in un errore così grossolano. Nella sentenza, i giudici lo spiegano con una tesi inquietante: «Già l’esistenza - sostengono - di un altro progetto sostitutivo del precedente fa sorgere il legittimo sospetto che l’idea originaria fosse quella di rendere impossibile il completamento delle opere avviate. Il fine perseguito quindi - insistono i giudici amministrativi - non sembra essere stato tanto quello di tutelare e di salvaguardare un’area pregevole, quanto di mutare la tipologia di intervento essendo cambiata nel frattempo più che la sensibilità verso il paesaggio l’orientamento della giunta regionale e del suo presidente nei confronti di tale area cittadina».
A conferma di questo sospetto i giudici elencano dettagliatamente la sequenza ininterrotta di provvedimenti per sospendere i lavori in corso a Tuvixeddu «emanati dalla Regione prima che la commissione venisse costituita e comunque prima che la stessa formulasse la proposta di vincolo, che dimostrano l’uso strumentale di provvedimenti amministrativi palesemente illegittimi destinati a perseguire finalità dagli stessi non consentite». Definita «fulminea» la costituzione della commissione regionale destinata a proporre i vincoli, il Tar sostiene che costituirla non era neppure necessario: il Codice Urbani stabilisce infatti che in attesa delle nomine - basate su criteri precisi che la Regione neanche indica - poteva operare benissimo quella provinciale. Che forse avrebbe evitato alla giunta Soru almeno la figuraccia di indicare, dopo un sopralluogo sui colli, vincoli riferiti a siti naturali e storici delicati che non esistono da un secolo, come il Monte della Pace: oggi è un quartiere popolare che coincide con parte di Is Mirrionis.
Inutile spiegare che l’amministrazione comunale di Emilio Floris - patrocinata dagli avvocati Marcello Vignolo, Massimo Massa, Ovidio Marras e Federico Melis - esce trionfante da una controversia legale in cui la Regione - gli avvocati sono Paolo Carrozza, Gian Piero Contu e Vincenzo Cerulli Irelli - aveva poche carte valide da giocare. L’irruenza dell’esecutivo politico, cui i giudici del Tar fanno riferimento in più passaggi della decisione, ha travolto qualsiasi riparo giuridico lasciando agli avversari, compreso il costruttore Gualtiero Cualbu, campo aperto per un ricorso articolatissimo risultato - per i giudici - fondatissimo in ogni punto. Partendo da un dato che finisce per prevalere su qualsiasi altro e che dovrebbe disssuadere l’amministrazione regionale da un ricorso al secondo grado di giudizio: l’accordo di programma è insuperabile, perché alla decisione e alle scelte tecniche sul progetto Coimpresa - così spiegano i giudici - partecipano anche i privati cui «in sede di contrattazione è riconosciuto un ruolo tendenzialmente paritario, che non si esaurisce nella semplice partecipazione al procedimento». Ecco perché «tali accordi - è scritto - sono ben diversi dagli accordi di natura pubblicistica dai quali l’amministrazione può sempre recedere per sopravvenuti motivi di interesse pubblico». Peraltro il Tar ha sottolineato come sulla destinazione del colle di Tuvixeddu non esistesse solo un accordo di programma quadro per la realizzazione di un museo e di un parco archeologico, con la strada di collegamento tra via Cadello e via San Paolo, ma che a quest’intesa era stata già data attuazione «ed erano in corso lavori imponenti». Eppure bloccando i cantieri «la Regione ha agito - scrivono i giudici amministrativi - come se l’area non fosse stata affatto coinvolta dai lavori previsti nell’accordo, pertanto come se tale strumento non esistesse e non avesse avuto alcuna concreta attuazione». Infine, nel carteggio che ha preceduto e seguito l’imposizione dei vincoli a Tuvixeddu e Tuvumannu, non c’è traccia documentale dei nuovi ritrovamenti cui la Regione fa riferimento per motivare il blocco ai lavori. Ed è lo stesso Vincenzo Santoni, sovrintendente ai beni archeologici, che si oppone strenuamente all’allargamento dell’area vincolata proprio perché dai vecchi sopralluoghi compiuti dalla commissione provinciale ad oggi non è cambiato nulla. La conferma è nel sopralluogo compiuto dai giudici del Tar: la descrizione dei luoghi proposta dalla commissione non corrisponde alla realtà.
Infine il Comune, che nel ricorso lamenta di essere stato escluso da qualsiasi decisione: il Tar gli dà ragione, in base al principio di ‘leale collaborazione’ stabilito dal Codice Urbani avrebbe dovuto partecipare ad ogni scelta. Invece la Regione l’ha ignorato, sino al punto da indurre il sindaco a ricorrere al Tar e quindi perdere fragorosamente la partita sul fronte della giustizia amministrativa.
Soru: ricorso al Consiglio di Stato
«La giunta ha ancora il dovere di difendere il colle dal cemento»
di Roberto Paracchini
CAGLIARI. Prudente è il presidente della Regione Renato Soru: «Intanto approfondiremo questa sentenza - afferma - poi ricorreremo al Consiglio di Stato, perché penso che lo Stato, quello centrale, e la Regione hanno il dovere e il diritto di difendere il colle di Tuvixeddu da una colata di cemento».
Anche il presidente Soru ammette che «c’è stata una sentenza importante del Tar: io rispetto i tribunali». Tuttavia, «come sappiamo ci sono due gradi di giudizio e, come sempre accade, ci si rivolge poi al secondo». Inoltre, ricorda in una nota il governatore dell’isola, «la settimana scorsa il Consiglio di Stato ha dato ragione alla Sardegna su un altro tema importante, sul quale invece avevamo perso nel primo giudizio».
La sentenza, precisa il responsabile dell’esecutivo, «dice due cose importanti: una è che la commissione regionale per il Paesaggio e i beni culturali non è stata istituita in maniera formalmente corretta: non doveva essere decisa con una delibera della Giunta ma con un atto legislativo. Forse sì, forse no: noi l’abbiamo fatto con la delibera della Giunta, comportandoci nello stesso modo in cui hanno agito altre Regioni italiane che hanno istituito queste commissioni. Se per caso abbiamo sbagliato il procedimento costitutivo, vorrà dire che lo faremo meglio. E lo stesso atto verrà riproposto». Non solo: «Quando è stato posto questo vincolo (l’allargamento a tutto il colle di Tuvixeddu, ora bocciato dal Tar - ndr) su istanza della giunta regionale, negli stessi giorno lo stava proponendo anche il ministero dell’Ambiente. Quindi abbiamo fatto una cosa che stava per attivare, direttamente, anche lo Stato centrale».
L’estensione del vincolo è stato deliberato sulla base della relazione della commissione al Paesaggio. «Quindi crediamo che la commissione - continua - sia ben costituita e la difenderemo, se per caso non lo fosse sarà realizzata meglio e il vincolo verrà riproposto: magari con un’iniziativa anche diversa che potrà essere dello Stato».
Il presidente Soru, quindi, è deciso a continuare sulla sua strada: «Quello che è certo è che lo Stato ha il diritto, e non solo il dovere, di difendere Tuvixeddu, che è la testimonianza più importante della storia di Cagliari, ancora viva, ancora presente, ed è un’area attorno alla quale costruire il futuro di Cagliari».
L’assessore regionale Carlo Mannoni (Lavori pubblici e, a suo tempo, reggente della Cultura dopo le dimissioni di Elisabetta Pilia e prima della nomina di Maria Antonietta Mongiu) alle contestazioni del Tar sulla nomina della commissione al Paesaggio, risponde che «anche in Puglia e in Campania queste sono state costituite con una delibera di Giunta». E l’assessore Mongiu ribadisce che «noi ci siamo fondati sul Codice Urbani, che dal punto di vista delle considerazioni paesaggistiche e paesistiche, è molto avanzato».
La storia della vicenda
Necropoli di rilievo mondiale
CAGLIARI. Sulla base di un accordo di programma firmato da enti pubblici e Iniziative Coimpresa il 15 settembre 2000 sui colli di Tuvixeddu e Tuvumannu, dove si trova una necropoli punica di interesse mondiale, si dovrebbe realizzare un grande quartiere residenziale attorno all’area archeologica da trasformare in parco pubblico. L’amministrazione Soru, affidato lo studio di un nuovo progetto (il parco Karalis) al celebre architetto francese Gilles Clement, ha bloccato i lavori in corso con un primo decreto assessoriale datato 9 agosto 2006 e poi con una serie ininterrotta di provvedimenti di sospensione culminata con la dichiarazione di interesse pubblico dell’area, allargata ad altri siti e vincolata in linea con il Codice Urbani. Contro i provvedimenti della Regione si è opposto con ricorsi al Tar il comune di Cagliari, che dopo una prima pronuncia interlocutoria ha ottenuto una vittoria su tutta la linea. I giudici hanno stabilito che l’accordo di programma deve essere rispettato. Non solo: la commissione che ha imposto i vincoli non è stata nominata legittimamente e pertanto le sue decisioni non sono valide.
L’imprenditore Gualtiero Cualbu: ora chiederemo un risarcimento
CAGLIARI. L’allargamento del vincolo aveva bloccato la lottizzazione integrata della Coimpresa (parco da un lato, edificazioni dall’altro) sul colle di Tuvixeddu. Il Tar ora ripristina la situazione precedente. «La sentenza - precisa Gualtiero Cualbu, a cui fa capo la Coimpresa - non fa che confermare tutti gli atti compiuti a suo tempo dalla stessa Regione (con l’accordo di programma firmato nel 2000 - ndr): erano tutti legittimi. Inoltre accoglie integralmente le nostre tesi».
Adesso la Coimpresa, spiega Giuseppe Cualbu, amministratore della società, «dovrà riprendere i lavori. Prima di arrivare a regime, però, dovrà passare del tempo, ma saranno attivate subito le necessarie attività di supporto». In precedenza la società aveva annunciato atti per «il risarcimento dei danni». «Sì e lo faremo - continua - direi che siamo obbligati a farlo: siamo stati costretti a far ricorso alle banche». Quale sarà la richiesta? «Andrà quantificata con precisione: certamente diversi milioni di euro. Per il momento posso dire che la sentenza del Tar ha mostrato l’irregolarità recente della Regione in tutti i singoli provvedimenti». (r.p.)
Un primo commento a caldo. Un patrimonio culturale di eccezionale importanza può essere distrutto da una lottizzazione e privatizzato, nonostante il codice del paesaggio, il piano paesaggistico, l’evidenza della qualità incomparabile del luogo.Un “accordo di programma” ha il potere di fare tutto ciò: va rispattato usque ad mortem .
La gigantesca necropoli punico-fenicia avrà la stessa sorte che avrebbe avuto un sito di analogo valore, l’Appia Antica, se un ministro coraggioso, Giacomo Mancini, non avesse d’autorità modificato il PRG di Roma del 1962? Ci auguriamo che chiunque abbia il potere istituzionale per intervenire lo faccia tempestivamente: in Italia, la tutela del patrimonio storico è indubbiamente un impegno straordinariamente rilevante di ordinaria amministrazione.