Il presidente emerito della repubblica, Oscar Luigi Scalfaro, è nel suo studio da senatore a vita di palazzo Giustiniani, appena tornato da un incontro con il nuovo capo dello stato, GiorgioNapolitano. «Ottima, ottima», dice della soluzione trovata per il Quirinale, sottolineando l’amicizia che lo lega al presidente della Repubblica appena eletto. A capo del comitato promotore del referendum sulla riforma costituzionale, il comitato «Salviamo la Costituzione», il senatore a vita - che partecipò alla costituente - è impegnato da tempo nella campagna per il no. Ma Scalfaro parla anche del nuovo governo, della guerra, del pensiero politico da tempo assai debole se non assente.
Prima di tutto, qual è il suo giudizio sullo stato attuale della Costituzione?
Sullo stato di salute della Costituzione faccio rispondere ai costituzionalisti più famosi che in larga maggioranza parlano di una costituzione viva e attuale.
Alcuni dicono però che ci vorrebbe un po’ di manutenzione.
Nel mio discorso di insediamento come capo dello stato feci riferimento specifico alla necessità di affrontare alcune modifiche poiché da anni vi era un’aperta e viva discussione.
Dunque, è possibile secondo lei fare alcune modifiche oppure no?
Proprio allora accennai ad una eventuale commissione bicamerale: aggiornamenti possono essere fatti. Ma una modifica deve essere sempre e solo nell’interesse del destinatario, che è sempre il popolo italiano. Sempre. Avere un premier onnipotente come previsto nella riforma è nell’interesse del popolo italiano? E avere un parlamento mortificato è nell’interesse del popolo italiano?
Non si direbbe… La Costituzione che abbiamo è nata a maggioranza larghissima.
Il 2 giugno 1946 fummo eletti in 556 per scrivere la Carta che entrò in vigore il primo gennaio 1948. A fine dicembre 1947, nel voto finale furono solo 62 i voti contrari. Vuol dire una valanga di voti a favore che hanno consentito al cittadino di dire «questa carta è anche mia». Se il mio libro sull’assemblea costituente ha quel titolo, La mia Costituzione, è perché quella è la frase che ogni cittadino può dire. Invece, purtroppo, nell’attuale riforma con un voto di stretta maggioranza di governo, cambia il parlamento, cambia il capo dello stato, cambia il primo ministro... questo è uno stravolgimento totale. L’assemblea costituente doveva cercare un denominatore comune. L’ha trovato nella persona umana. Le persone come sono rappresentate? Dal parlamento che è eletto col voto di tutti i cittadini. Se mortifico il parlamento colpisco il cuore della Costituzione.
Anche il centrosinistra ha fatto una modifica con la sola maggioranza governativa.
Il centrosinistra fece la sciocchezza imperiale nel modificare il titolo V della Costituzione con la sola maggioranza di governo. E’ vero che prese il testo della bicamerale che era stato votato all’unanimità, però è impensabile modificare anche una virgola della Carta costituzionale senza un’ampia maggioranza. Lo dissi già allora, quindi ho titolo per ripeterlo. La maggioranza di centrodestra ci ha anche regalato questa pessima legge elettorale: non abbiamo mai avuto deputati e senatori non eletti dai cittadini ma nominati dai partiti. E’ intollerabile. Quando si è in vista delle elezioni non è onesto modificare le regole, se non con voto unanime.
Cosa ne pensa della scelta di fissare il referendum alla fine di giugno?
Il 25 giugno non è una data fortunata perché le scuole, soprattutto le elementari, chiudono entro la prima decade di giugno.
Ma lei che previsione fa su questo referendum?
La previsione diffusa era che la riforma fosse facilmente bocciata. Ma il Cavaliere ha già detto «noi faremo una battaglia intensa»: in tal caso non è più battaglia referendaria, poiché assume soprattutto valenza nettamente politica. Dopo la sconfitta elettorale, Berlusconi si deve prendere una rivincita. Questa cosa è pericolosa, perché se prevale soltanto lo spirito di rivalsa politica ci va di mezzo la costituzione, e se fosse così modificata si determinerebbe un grave danno per il popolo italiano.
Però dovremmo farcela...
Abbiamo fatto una riunione importante con il prossimo presidente del consiglio, Romano Prodi e ho notato che è assai sensibile a questo tema. Nessuna euforia, ma essere attenti alla realtà.
Quindi ci troviamo di fronte a un impegno serio, veramente serio. Però nella campagna elettorale la questione costituzionale è stata del tutto trascurata.
Non sempre...
Cosa pensa dell’elezione al Quirinale di Giorgio Napolitano? Le va bene?
Ripeto, ottima. Io sono molto amico, vorrei dire fraterno amico. Ho avuto con lui momenti di collaborazione indimenticabili, quando era presidente della camera ed io capo dello stato.
Lui è l’undicesimo presidente della Repubblica. Con questa elezione c’è qualche novità nella storia dei presidenti?
Certamente si. E’ la prima volta che il capo dello stato proviene dal partito comunista.Mi ha emozionato una constatazione: ieri (tre giorni fa, ndr) ero nella chiesa di San Claudio, e il sacerdote dopo aver pregato per il papa ha aggiunto «preghiamo per il nuovo presidente». Questa mattina (l’altro ieri, ndr) nella chiesa di San Pantaleo il sacerdote ha invitato a pregare per il nuovo presidente della repubblica elogiandone le doti personali. Evidentemente Napolitano accende simpatie e ammirazioni.
E il governo Prodi? Cosa si aspetta dal governo Prodi?
Mi aspetto una linea politica chiara, proposte concrete e fattibili. Mi pare che questa sia l’impostazione di Prodi. La campagna elettorale ha avuto momenti di aridità assai poco comprensibile, pareva di sentire dei ragionieri sul bilancio di una azienda, né si può concentrare tutto sulle tasse. Non è pensabile che la politica sia solo questo. Si tratta di avere un’apertura di ali. La politica ha bisogno di pensiero. Diciamo che è da tempo che c’è assai poca politica, se la politica è anzitutto pensiero.
Delle leggi berlusconiane cosa pensa che se ne debba fare? E della legge 30? Nel suo libro lei scrive che quando parlava Di Vittorio si commuoveva. E Di Vittorio contrasterebbe la legge 30.
La critica che faccio alla gestione del centrodestra è questa: il concetto di "cosa pubblica" viene annullato quando ciò che è pubblico è trattato come cosa privata e personale. Questo è. Tutti i democristiani avevano il senso dello stato? Non direi. Però non si può negare che mai c’è stata una maggioranza che considerasse lo stato come fosse cosa privata. Non è mai accaduto.
Il centrosinistra ha vinto le elezioni di misura, c’è dunque chi ha definito il prossimo governo Prodi un «Prodino».
La forza dei governi sta nel pensiero politico, prima che nello schieramento delle truppe.
Ma c’è il pensiero? E questo governo durerà poco?
Credo di sì, il pensiero c’è. Il presidente Prodi ha espresso la volontà di durare 5 anni e la volontà politica conta sempre.
Però l’impressione è che idee chiare e distinte non ce ne siano granché.
Non siate pessimisti, aspettate il discorso programmatico. Penso che si parlerà di pace e di difesa della Costituzione che sono temi di vasta portata. Certo ci saranno interventi sull’economia tanto attesi, per l’attività industriale, per il lavoro, per i giovani, per il bilancio delle famiglie.
A proposito di riforma, durante la partita per il Quirinale Piero Fassino ha preso l’iniziativa con il Foglio di Giuliano Ferrara e ha presentato una sorta di programma, una sorta di controriforma della Costituzione.
Sono un convinto estimatore e amico di Fassino. Su quell’intervista avrei chiesto spiegazioni, ma è pagina totalmente superata dall’elezione di Napolitano.
Sulla questione della pace, del Medioriente, si aspetta che Prodi faccia un po’ di politica?
Nella vicenda della guerra in Iraq, io ho votato contro. Sono molto polemico. Il capo dello stato più potente ha detto che faceva la guerra al terrorismo. Se per guerra si intende «io lotto contro il terrorismo» è esatto; se guerra vuol dire aggredire uno stato, invaderlo, allora è sbagliato. Neanche un mese fa è stato detto che sono 30mila gli iracheni morti in combattimento; ce n’è uno terrorista fra questi 30mila o sono dei soldatini, fossero pure generali, che hanno obbedito a chi li ha chiamati? E tu per fare questo hai detto che Saddam in mezz’ora sterminava un popolo, con le armi di distruzione di massa. Ma non si è trovato nulla, nessuno trovò nulla. Fare una guerra poggiando su un falso è veramente immorale.
Ritiriamoli allora questi soldati.
Ci vuole chiarezza di impostazione: l’Italia non può più condividere questa missione militare, anche se è chiamata di pace. Ecco, questo è il punto politico. Alla guerra la politica deve saper dire un no assoluto, irrevocabile.