«Una volta c'erano i campi di sterminio, ora lo sterminio dei campi», disse il poeta Andrea Zanzotto del suo Veneto "assatanato di cemento". I capannoni consumavano via via le campagne, assediavano le città, sfregiavano le ville palladiane, in nome del miracolo industriale del Nord Est, dei distretti, della ricchezza diffusa che sconfiggeva la povertà endemica e la pellagra. Ma mai Zanzotto avrebbe potuto immaginare che tanti anni dopo la sua accorata denuncia e le ricorrenti alluvioni in una terra cementificata e senza più capacità di assorbimento, in balia della pioggia, del Bacchiglione e degli altri corsi d'acqua, la regione leghistizzata avrebbe varato, praticamente senza significativa opposizione, una modifica alla legge urbanistica del 2004 che apre praterie sconfinate alla speculazione.
Mentre il presidente Luca Zaia si affannava alla ricerca dei primi 300 milioni necessari per far fronte al miliardo di danni dell'alluvione del novembre scorso, che colpì 328 comuni, 3.433 imprese e fece due morti, il consiglio regionale approvava con 36 presenti su 60 e con l'astensione del Partito democratico, una norma che consente a chiunque di ristrutturare edifici su terreni agricoli, ampliandoli fino a 800 metri cubi. Il che significa la possibilità di costruire una palazzina di tre piani al posto di un rudere di 30 metri quadrati.
Ciò a cui si va incontro lo ha ben sceneggiato il vicesindaco e assessore all'Urbanistica di Cortina Stefano Verocai, proiettando gli effetti della norma sul territorio del suo comune. Nei prati della città dolomitica sono censiti 200 baracche e ruderi, spesso apiari da 30 metri quadrati, che chiunque può adesso trasformare in ville da 270 metri o in palazzine con tre appartamenti da 90 metri quadrati. Fin qui, anche in seguito a un ricorso al Consiglio di Stato, la norma era limitata agli agricoltori che ristrutturavano i ruderi per insediarvi un'azienda agricola, coltivare la terra e abitarvi con la famiglia.
Dimenticato l'incentivo ai giovani coltivatori, l'ex ministro dell'Agricoltura Zaia ha preferito i palazzinari e ha scoperto le carte della speculazione.
Chiunque può fare incetta di baracche e costruirsi l'affare milionario della vita, dal momento che il plusvalore delle future nuove case nella località che ha i prezzi del metro quadrato tra i più alti d'Italia, è valutabile in 800 milioni di euro. L'ulteriore paradosso è che con questa nuova legge a Cortina si può edificare soltanto in zona agricola, mentre continua ad esserci il divieto di costruzione in zone a vocazione edilizia.
«Se non si ravvedono e non modificano la norma, inviterò il popolo ampezzano a scendere in piazza con i forconi», avverte il battagliero vicesindaco, il quale si interroga sull'indifferenza manifestata su una legge così nefasta dalla timida opposizione del Pd al governo regionale leghista, che sembra ben più interessato alle banche, alla sanità e al cemento che alla difesa del territorio. Si vede che la catastrofe ecologica come direbbe il poeta di Pieve di Soligo è non solo del territorio, ma anche delle menti.