CINQUE TERRE (La Spezia) — C'è una frana invisibile. Che non fa morti. Ma annichilisce certezze e annebbia lo sguardo sul futuro. C'è aria di anno zero in questo paradiso violentato dal fango e dal dolore. Assieme alle case, ai ponti e alle strade, è il «modello Cinque Terre», frutto di un fragilissimo mix tra territorio e turismo (la tanto decantata «sostenibilità») a venire giù. Di colpo.
Quei 367 milioni di metri cubi caduti in una manciata di ore su queste terre (tanto per rendere l'idea: due volte il lago del Vajont) non hanno solo ucciso 10 persone (e 3 sono disperse), hanno anche strappato l'ultimo velo su un paradiso che per troppo tempo non ha voluto vedere il virus che lo divorava dentro. «Ci siamo venduti la terra, la casa e l'anima» dice l'ingegnere Franco Siccardi che insegna costruzioni idrauliche all'università di Genova. Il diavolo del business che divora l'angelo dell'ambiente. Il turismo unica religione. Come se Monterosso, Vernazza, Corniglia, Manarola e Riomaggiore potessero essere governati con la logica del divertimentificio romagnolo.
Lo scrittore Maurizio Maggiani, 60 anni, ligure di Castelnuovo Magra, un Campiello e il premio Strega nel carnet, ha mirato al cuore sulSecolo XIX: «Da 30 anni si è smesso di contenere i corsi d'acqua, rinforzare le terrazze e i muretti a secco. La gente si è arricchita in un colpo solo. Oggi chi possiede anche solo una cantina non ha nessuna intenzione di lavorare». E non si è fermato qua. A rischio di tracimare anche lui, si è scagliato contro Monterosso («Non esiste più da 20 anni»), contro la politica del Parco delle Cinque Terre, la cementificazione, gli abusi.
«Maggiani sputa nel piatto dove mangia. Se siamo morti da 20 anni, come mai lui continua ad avere l'ombrellone in prima fila?». È un ringhio quello di Angelo Betta, sindaco alluvionato di Monterosso (giunta civica con simpatie di centrodestra): «Cementificazioni? Quando mai? Ma lo sapete che qui ci sono vincoli ferrei, siamo nel Parco delle Cinque Terre. È dal '77 che non si costruisce niente...». Eppure gli ambientalisti gli fanno le pulci. Un autosilo da 300 posti in cima al paese. La piscina di un hotel a picco sul mare. E poi quella storia di presunti abusi edilizi in cui è finito il senatore Luigi Grillo, potente ras di queste valli e presidente della commissione Lavori pubblici, per alcuni interventi nella sua tenuta di Buranco: che ora è nel mirino della Procura di La Spezia, ma che in passato ha avuto titoloni perché lì si produce il vino sciacchetrà davanti al quale nel 2004 Silvio Berlusconi e l'allora governatore di Bankitalia, Antonio Fazio, sancirono la pace.
Betta artiglia ogni accusa: «Il parcheggio? Ne abbiamo bisogno come il pane: questo paese passa da 1.500 abitanti a 20 mila per 8 mesi all'anno. La piscina? Una vasca di 100 metri quadrati, tutto autorizzato. Il senatore Grillo? È solo il crollo di un muro, che la magistratura faccia pure il suo lavoro».Un tempo si arrivava alle Cinque Terre con il trenino o scarpinando per sentieri. Oggi è un brulicare di auto. L'unico modo per centrare l'obiettivo dei 5 milioni di turisti all'anno. Un tempo i muretti a secco, le «miagie», imbrigliavano i versanti e le comunità montane pagavano i contadini che ci lavoravano. Ora le «miagie» scoppiano e finiscono a valle. E i figli dei contadini fanno gli affittacamere o i bagnini. «Qui molti si sono arricchiti e a diventare povero è stato il territorio» dice l'ambientalista Claudio Frigerio, uno dei primi a puntare il dito contro la gestione del Parco da parte di Franco Bonanini, detto il «Faraone», finito in manette un anno fa con alcuni funzionari di Riomaggiore per una storia di licenze e falsi.
Ora il carrozzone è in mano al commissario Aldo Cosentino, eppure qualcosa si è fatto: aumentati gli ettari coltivati (nel 1950 erano 1.350, nel 1999 solo 80, nel 2010 sono tornati a superare i 100); obbligo di coltivare 3 mila metri quadrati per chiunque faccia anche piccoli lavori sulla casa; recuperati terrazzamenti. Una goccia nel mare. «È prevalso un modello di gestione — dice il geologo Alfonso Bellini — che trascura la conservazione dell'ambiente perché non ha un ritorno economico immediato». Il sindaco di Vernazza, Vincenzo Resasco, non nega: «Il turismo è manna, ma sappiamo che senza ambiente non c'è business...». Ecco un buon inizio per l'anno zero.