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Emanuele Lauria
La Valle dei templi ai privati
4 Luglio 2008
Beni culturali
La giunta siciliana raggiunge nuovi traguardi nella rincorsa alla modernità neoliberista. Da la Repubblica, 3 luglio 2008, con una postilla. (m.p.g.)

«Privatizziamo la Valle dei templi». Per ora è poco più di un´idea, una proposta shock che porta però la firma di chi gestisce la politica dei beni culturali in Sicilia. Quella dell'assessore regionale Antonello Antinoro, che ha già abbozzato una ampia relazione sul tema: finirà presto sul tavolo della giunta Lombardo. Un'iniziativa annunciata ieri e che ha già scatenato un vespaio di polemiche. Raccogliendo, per ora, solo dissensi. «Per rendere il più possibile redditizia la gestione dei beni culturali in Sicilia dobbiamo affidare a un privato di qualità il pacchetto completo di un sito turistico per trent'anni. Penso ad esempio alla Valle dei Templi o al teatro greco di Siracusa», afferma Antinoro, uno degli uomini forti dell'Udc di Cuffaro in Sicilia, trentamila voti alle ultime regionali. Al piano l'assessore sta lavorando con Adele Mormino, il suo capo di gabinetto che è anche il sovrintendente dei beni culturali di Palermo. «In cambio della gestione del nostro patrimonio artistico - dice Antinoro - i privati dovranno garantirci un canone fisso e alcune opere da realizzare nell'indotto. Penso alle strade o a un certo numero di alberghi. Nel caso della Valle dei templi potremmo chiedere ai privati di migliorare la strada statale Palermo-Agrigento e un eliporto».

Ma non si ferma qui, l'assessore. E, in un'intervista rilasciata a un sito internet allunga la lista dei monumenti da privatizzare: «Potrebbero essere inseriti anche il teatro antico di Taormina, Selinunte o la Cappella Palatina. Ma l'elenco dei siti dovrà essere concordato con l'assessorato regionale al Turismo». Antinoro aggiunge: «Potremmo affidare a privati anche gruppi di opere, in cambio della realizzazione di un museo per ospitarle in Sicilia».

È una proposta che riapre nel modo meno atteso il dibattito attorno alla Valle dei templi, sito visitato ogni anno da 700 mila turisti, considerato patrimonio dell'umanità dall'Unesco ma indicato da anni, a torto a ragione, come uno dei simboli dell'aggressione del cemento alle bellezze monumentali del Paese. E salito alla ribalta, di recente, per piccoli e grandi disservizi. L'anno scorso, di questi tempi, l'irrigidimento burocratico dei custodi - che negarono l'ingresso a 38 bimbi stranieri perché il biglietto gratuito era previsto solo per i minori appartenenti all'Ue - fece gridare al razzismo il mondo politico, senza distinzione di bandiera.

In Sicilia capita non di rado che i turisti si trovino di fronte ai cancelli dei monumenti chiusi, specialmente di domenica o nei giorni festivi. Ma è la privatizzazione la soluzione alle difficoltà di gestione? Non ci crede Rosalia Camerata Scovazzo, presidente dell'ente che controlla il Parco dei templi. Nasconde a fatica l'imbarazzo per non essere stata neppure avvertita dell'iniziativa del governo regionale. Ma, nel corso di un sopralluogo al tempio di Giunone, lascia intendere il suo pensiero. «Voglio vedere il provvedimento prima di fornire una valutazione chiara - afferma la Camerata Scovazzo - Ma una cosa è certa: la tutela dei beni culturali non può essere oggetto di delega, da parte di un'amministrazione pubblica». E ovviamente l'iniziativa ha già scatenato una battaglia politica. Con il Pd siciliano pronto a dirsi «inorridito»: «È un paradosso che nella regione che ha il più altro numero di dipendenti, oltre ventimila, si pensi di affidare i beni pubblici a soggetti privati», dice Filippo Panarello, vicepresidente della commissione Beni culturali dell'Assemblea regionale. Panarello invita a «combattere sprechi e clientelismi, per mettere in piedi un credibile piano di fruizione dei beni culturali che deve prevedere orari di apertura più ampi, anche nei giorni festivi». D'accordo il collega di partito Mario Bonomo: «Quest'idea di provare a fare cassa in tutti i modi, di trasformare in business anche la nostra stessa memoria fa semplicemente inorridire».

Postilla

Se i fautori delle ragioni del centralismo statale avessero bisogno, in questi tempi di federalismo malamente inteso, ma ubiquo, di qualche elemento a sostegno delle loro tesi, eccoli accontentati. Già da tempo questa parte d'Italia, non certo dello Stato italiano, perchè per quanto riguarda la gestione dei beni culturali la Sicilia gode da decenni di un'autonomia praticamente illimitata, è divenuta exemplum proverbiale di pessima amministrazione, tanto che nelle discussioni spesso accese fra regionalisti e statalisti durante la stesura del Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio, le ragioni di questi ultimi sono state più di una volta rafforzate dalla semplice evocazione delle vicende siciliane per quanto riguarda la gestione del patrimonio culturale, tanto ricco quanto negletto. A ulteriore clamorosa testimonianza, ecco le dichiarazioni dell'assessore Antinoro: non è tanto la ritrita riproposizione del privato come panacea per tutti i mali del pubblico a stupire, ormai, quanto lo sbracamento ideologico che la sottende in questo caso. I beni culturali vengono ceduti al privato senza alcun progetto culturale, tanto è vero che neanche i responsabili e curatori dei beni stessi sono stati non solo coinvolti, ma neppure informati dei progetti dei politici. E il ritorno che si auspica da una operazione che per modalità appare il frutto di improvvisazione amministrativa ai limiti del lecito (oltre che del comune buon senso), è da svendita finale per cessata attività: la valle dei templi, il teatro di Siracusa, quello di Taormina in cambio di qualche albergo, una strada e, tocco di classe surreale, un eliporto. Nessun ritorno è previsto per la tutela e una migliore fruizione dei beni stessi, evidentemente considerati solo come limoni da spremere fino all'ultima goccia. In questa rincorsa alle meraviglie della privata intraprendenza, in verità, la Sicilia può vantare qualche illustre antecedente: anche in tempi passati, in fondo, ai privati erano delegati compiti di gestione erariale di non poco impegno. Erano i tempi dei fratelli Salvo di indimenticata memoria e sappiamo bene come andò a finire quella storia... (m.p.g.)

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