Il Fatto Quotidiano, 10 agosto 2016 (p.d.)
Del resto, il Parlamento che ha votato la riforma, proprio legittimo non è (vista la sentenza della Consulta sul Porcellum). Bisogna dire che negli ultimi tempi il ministro ci ha abituati ad affermazioni bizzarre. Il 18 luglio aveva spiegato come, con la nuova Costituzione, saremo più forti nella lotta al terrorismo: “Abbiamo bisogno di un’Europa più forte e in grado di rispondere unita al terrorismo internazionale. E per riuscirci abbiamo bisogno anche di un’Italia più forte verso l’Europa: una Costituzione che ci consenta maggiore stabilità”. All’inizio di giugno disse che, a riforma attuata, davanti all’Italia si sarebbe spalancato un luminoso destino di agi e fasti: il Pil in dieci anni sarebbe aumentato del 6%. Quali fossero i modelli econometrici usati dal ministro ancora non è dato sapere.
Ma nemmeno il premier Matteo Renzi ha chiarito da quale cilindro ha tirato fuori la sua affermazione di ieri: “Se passa il Sì si eliminano costi per la politica per circa 500 milioni di euro l’anno. Pensate come sarà bello dall’anno prossimo metterli sul fondo per la povertà”. Peccato che, secondo le stime della Ragioneria dello Stato, i risparmi saranno circa di 50 milioni all’anno. Cosucce. Naturlamente in serata è arrivata la “precisazione” da parte dello staff del ministro Boschi: la frase “è stata riportata male dalle agenzie. Non si riferiva ai cittadini che legittimamente voteranno no ma solo a quelli che oggi propongono di ripartire da capo, pensando di fare un’altra riforma in sei mesi”.
La toppa è peggio del buco. Il perché ce lo spiega Gaetano Azzariti, ordinario di Diritto Costituzionale a La Sapienza di Roma: “Il governo,da quando ha deciso di non ‘personalizzare’, auspica una ‘discussione nel merito’. Eppure tutte queste affermazioni sono solo propaganda. Non posso credere che un ministro della Repubblica abbia pensato di delegittimare lo strumento referendario, previsto dalla Costituzione! Non è vero che l’Italia non ha avuto riforme incisive anche dopo esiti referendari negativi. Ne sono una prova la modifica del Titolo V e la modifica dell’art. 81, approvata in sei mesi. Aggiungo: una delle ragioni del No è che questa riforma comprime l’autonomia del Parlamento. Che ora il governo si faccia paladino del Parlamento è davvero incredibile, visto come ha forzato tempi e modi dell’approvazione della riforma per arrivare, in combinato disposto con l’Italicum, a un assetto costituzionale sbilanciato verso l’esecutivo”.