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Roberto Mancini
Gli spazi della democrazia e della società
15 Luglio 2016
Democrazia
«Nell’etimologia del termine finanza c’è il significato del “portare alla fine, estinguere”. La finanziarizzazione di ogni tipo di relazione "spegne" spazi essenziali e comporta -tra l'altro- la fine dello "spazio politico"

».

Altraeconomia, 14 luglio 2016 (c.m.c)

Il sistema degli spazi chiusi. È lo specifico sistema di potere sulla vita di tutti che ha preso corpo con la finanziarizzazione dell’economia e della società intera. Penso a fenomeni quali i processi economici, il degrado della politica, l’emergere dei luoghi comuni di massa, il prevalere dello scoramento per la mancanza di alternative, le migrazioni forzate e il ritorno dei muri, il moltiplicarsi di scontri bellici e tensioni internazionali, la mutazione genetica delle istituzioni, la rottura dell’alleanza tra le generazioni. Questi fatti sono a sé stanti o rientrano in un quadro d’insieme?

Nel suo libro del 1949, Origine e senso della storia, il filosofo tedesco Karl Jaspers avanzava l’ipotesi per cui tra l’800 e il 200 a. C. si verificò una fioritura policentrica della coscienza dell’umanità che coinvolse Cina, India ed Europa. In queste aree del mondo affiorarono correnti spirituali che videro protagonisti maestri come Confucio, Lao-tse, Buddha, Zarathustra, Elia, Isaia e Geremia, Omero, i Presocratici, Eschilo, Sofocle, Euripide, Tucidide e Archimede.

Giunsero così a una straordinaria maturazione la coscienza della dignità umana, il senso della libertà e della responsabilità, il riconoscimento della comune condizione che lega tutti. Jaspers considera quella svolta come un asse della storia, che fu «il punto in cui fu generato tutto quello che, dopo di allora, l’uomo è riuscito a essere» (Mimesis, p. 19). Perciò egli parla di epoca assiale, nella quale furono aperti inediti spazi culturali, comunitari, politici. Ogni progresso vero schiude alla libertà della comunità umana un territorio prima sconosciuto.

Nel confrontare la fioritura di allora con la tendenza dell’epoca presente viene da pensare che noi siamo in un’epoca assiale rovesciata, in una stagione storica in cui ciò che è più elevato nel vivere umanamente viene mortificato.

Nell’etimologia del termine finanza c’è il significato del «portare alla fine, estinguere». La società finanziarizzata chiude gli spazi alle esperienze essenziali e le spegne.

Penso al valore delle relazioni interpersonali senza che debbano essere mediate dal denaro; al radicamento delle persone nella propria casa, lingua e patria; al lavoro come espressione della creatività e della responsabilità sociale di ciascuno; al rapporto con la natura; alla facoltà di costruire una vita comune mediante l’azione politica nella sua forma democratica; all’esercizio del pensiero critico, che salva dal conformismo e dalla menzogna. Tutte queste esperienze e capacità hanno bisogno di un loro spazio: affettivo, territoriale, sociale, ambientale, politico, mentale.

A uno sguardo d’insieme che colga l’andamento del sistema di potere vigente si rende visibile la tendenza a chiudere questi spazi. L’umanità del nostro tempo soffre di claustrofobia perché gli ambiti più preziosi dell’esperienza sociale vengono surrogati da stretti percorsi obbligati e da spazi soltanto virtuali.

Uno dei processi che attuano tale tendenza è quello della fine dello spazio politico. Le “riforme” del governo Renzi su Costituzione e legge elettorale non sono riducibili al protagonismo del premier, né al progetto di rimodernare la Costituzione del 1948. Il significato radicale di tali “riforme” è quello di completare la chiusura degli spazi per la partecipazione democratica e per la rappresentanza delle istanze più vive nella società.

La scelta di tale chiusura deriva dall’idea secondo cui il mercato governa più velocemente della democrazia e risponde a ogni esigenza, la politica non serve più. Fare politica partecipando in prima persona, elaborando idee, discutendo, lottando, dialogando, progettando è ormai come insistere a usare la macchina da scrivere invece del computer.

Resta quasi soltanto la pseudopolitica fatta di carrierismo, corruzione e servilismo verso la finanza. Perciò è urgente ribellarsi a questo incantamento e contrastarlo alla prima occasione: il referendum costituzionale di ottobre.

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