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Alberto Vitucci
Berlusconi: «Senza Mose Venezia non sta in piedi»
12 Dicembre 2005
MoSE
Apre la bocca e parla, non sapendo quello che dice. Così è il capo del governo che abbiamo scelto (io no). Questa volta dice puttanate su Venezia, come rileva Alberto Vitucci nel riferire su la Nuova del 31 marzo 2004, in un corsivo che affianca la notizia (e che qui ne è la premessa).

Con ciclo periodico come le fasi lunari, con maggiore intensità in vista di elezioni e convention, ci spiegano che l’unica salvezza di Venezia sono le dighe mobili. Ciascuno è libero di pensarla come vuole, ma la realtà non può essere piegata a dimostrare una tesi. Perché il premier Berlusconi non verifica quei dati poco attendibili che gli passano tecnici e collaboratori? Nel 2003 non c’è stata nemmeno un’acqua alta superiore a 110. Il Mose non sarebbe mai stato utilizzato e l’acqua a San Marco sarebbe arrivata lo stesso. (a.v.)

VENEZIA. Si riaccende la battaglia sul Mose. «Senza le paratoie del Mose, Venezia non sarebbe più una città di case che stanno in piedi», ha detto senza mezzi termini il premier Berlusconi ai microfoni di Italia 1. E ancora: «35 anni fa l’acqua alta invase Venezia, oggi il fenomeno si ripete 60 volte l’anno. Noi abbiamo la responsabilità di conservare questo gioiello, e il merito di aver fatto partire l’opera.

In realtà il Mose è ancora soggetto al giudizio di legittimità del Tar, dopo il ricorso presentato dagli ambientalisti - la sentenza è attesa per il 6 maggio - e dalla Corte europea, a cui si sono rivolti con un esposto la Provincia, le associazioni ambientaliste e 150 parlamentari del centrosinistra. E sulla grande opera gli ambientalisti annunciano una campagna a tappeto per i prossimi mesi. Migliaia di manifesti saranno affissi sui muri della città. In mezzo, una foto della nuova isola artificiale per ancorarvi le paratoie: cemento, massi e ciminiere al posto della sabbia. «Così il Mose devasterà il bacàn» si legge nello slogan coniato dai Verdi. «Save Venice without Mose», è l’appello rivolto ai comitati internazionali. «Fare il Mose», si legge nel documento, «vuol dire sbancare gli attuali moli foranei e i fondali per metterci milioni di metri cubi di cemento e migliaia di pali in acciaio. Devastare la bocca di Lido e spendere 4 miliardi di euro e 10 anni di lavori, per non risolvere il problema». Per ridurre l’acqua alta, propongono ambientalisti e comitati di cittadini come «Salvare Venezia», si potrebbe cominciare a lavorare da subito sulla riduzione delle bocche di porto con interventi sperimentali e opere removibili, ricostruendo l’antica morfologia lagunare.

Il governo, forte del voto del Comitatone dell’anno scorso, punta invece tutto sulla grande opera. La diga che ancora non ha sciolto tutti i dubbi, ma che secondo il Magistrato alle Acque e il ministro Lunardi è «l’unico rimedio» per fermare le acque alte. Acque alte che, come ricorda il vicepresidente del Consiglio comunale Sandro Bergantin, «nel 2003 non si sono mai viste al di sopra dei 110 centimetri». «Perché allora puntare sulla grande opera», replica Luana Zanella, parlamentare verde, «sottraendo i fondi per la manutenzione alla città?» Proprio la mancata manutenzione, più dell’acqua alta, sostengono gli ambientalisti, mette a rischio le fragili pietre di Venezia. La battaglia continua. (a.v.)

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