Il Fatto Quotidiano, 22 luglio 2016 (p.d.)
Ancor meno, peraltro, si riesce a comprendere come di fronte a tanto scempio i principali capi di Stato occidentali possano limitarsi a prese di posizione da “minimo sindacale”, chiedendo “il rispetto della democrazia” (Obama), oppure dichiarando che la linea della tolleranza sarebbe oltrepassata solo in caso di ripristino della pena di morte (Merkel).
In un contesto difficile, che mescola Nato, guerra contro l’Isis, esodo dei profughi siriani e flussi di migrazione in generale, intricati rapporti con Russia e Assad, va bene la realpolitik, anche in dose massiccia. Ma ci sono dei limiti non oltrepassabili.
Chi ha più consenso elettorale, governa. Vale anche per Erdogan. Ma in ogni paese che aspiri a essere democratico, il potere deve rispettare il principio di legalità e i limiti di una sfera non negoziabile: quella della dignità e dei diritti di tutti, sottratta al potere della maggioranza e tutelata da una stampa libera e una magistratura indipendente, estranei al processo elettorale ma non alla democrazia. Il rispetto di questi principi è fondamentale. Altrimenti, come già insegnava quasi due secoli fa Toqueville, subentra “la tirannide della maggioranza”.
È il caso della Turchia, dove la libertà di stampa è pressoché annientata e i magistrati sono perseguitati con liste di proscrizione, licenziamenti e arresti a migliaia. Un’apocalisse. Che il Guardian del 18 luglio ha ben sintetizzato con la formula “Attenzione ai dittatori eletti”. E tutto ciò mentre infuria la guerra al (e del) terrorismo internazionale, che ripropone il tema della democrazia come possibile,utile antidoto.
Un tema che l’Italia ha affrontato con le Br. La teoria dei brigatisti era che lo Stato democratico non esiste, è una finzione. Noi brigatisti – di cevano – un colpo dopo l’altro (cioè omicidi, “gambizzazioni” e sequestri) disveleremo il volto autentico dello Stato, reazionario e fascista, di negazione dei diritti. E quando questo volto sarà disvelato, le masse – finalmente “istruite” – si ribelleranno e si uniranno all’avanguardia organizzata di noi Br, innescando la palingenesi rivoluzionaria. In questa trappola il nostro Paese non è caduto. La risposta al terrorismo brigatista non ha mai abbandonato i principi fondamentali dello Stato di diritto.Abbiamo elaborato una legislazione “specialistica” sulla realtà dei fenomeni, costretta sì a raschiare il fondo del barile dei valori costituzionali, ma senza mai andare oltre.
Non è emerso, ammesso che davvero fosse nascosto da qualche parte, alcun volto fascista dello Stato, e questo ci ha aiutati a risolvere meglio i problemi posti dal terrorismo. La nostra esperienza (pur essendo riferita a situazioni molto diverse) può essere utile anche oggi contro il terrorismo cosiddetto islamico. Che va combattuto con forte determinazione, ma ricordando che senza diritti non c’è giustizia, e senza giustizia non c’è pace. Ispirarsi a logiche di ferma sicurezza (a fronte di un fondamentalismo sempre più intollerante e sanguinario, ormai con tecniche da macellai) è doveroso. Ma se si contrappone soltanto uno schieramento armato, se si negano diritti, istruzione, sanità, sviluppo umano, ci si avvita in un circolo vizioso, che va interrotto. Altrimenti si rischiano nuovi poteri, così assoluti da costituire un problema per le libertà e la democrazia che – si dice – si vogliono tutelare e magari esportare. E a questo proposito, la feroce repressione di Erdogan ne fa un “alleato” molto scomodo. A dire davvero poco.