Una formula matematica stabilisce la soglia di tolleranza massima della città
di Roberta De Rossi
VENEZIA. Centocinquantamila persone, tante ne può sopportare Venezia ogni giorno. E’ il risultato di una ricerca del Coses, che ha elaborato una formula matematica per «salvare» la città. Uno studio complesso per dare la possibilità al Comune di gestire il turismo. Oltre la capacità «pedonabile» di 150 mila persone la situazione diverrebbe insostenibile. E non si parla solo di turisti, ma anche di abitanti veri, lavoratori, studenti e, appunto, visitatori. In pratica il modello proposto prevede un numero massimo di 75 mila abitanti, senza andare a scapito dell’economia del turismo o della popolazione studentesca. Il vicesindaco Michele Vianello: «Questo studio sfata l’opinione che sia stato il turismo a scacciare i residenti dal centro storico». Gli albergatori e commercianti commentano: «Venice Connected non basta, mancano le infrastrutture per gestire i flussi di turisti».
Centocinquantamila persone. Tante è in grado di reggerne - fisicamente - Venezia: cioè, tante ne possono al massimo «camminare» tra Piazzale Roma e la stazione verso Rialto e piazza San Marco, lungo l’asse più frequentata della città. Poi il sistema città diventa ingestibile: 150 mila persone è, infatti, la capacità quotidiana «pedonabile» a Venezia. E non si parla ovviamente solo di turisti, ma di abitanti, studenti, lavoratori pendolari, e, appunto, visitatori, mordi-e-fuggi o pernottanti.
È questo un «valore vincolo» assunto dal Coses per elaborare il modello matematico richiesto dal Comune per sapere fino a quale soglia il turismo è sostenibile con la città. Un valore intrecciato con altre voci (items), frutto dell’analisi di una cascata di dati su capacità dei servizi pubblici, andamento della residenza, destinazione degli immobili, popolazione studentesca, impatto economico del turismo: un rapporto di 140 pagine. Naturalmente, al variare di una delle voci che compongono il modello, variano le altre. Con alcuni limiti: come quello di fissare in 75 mila il numero massimo di abitanti che Venezia potrebbe avere senza andare a scapito dell’economia del turismo o della popolazione studentesca. Tutto deve stare in equilibrio: al Comune scegliere se aprire il rubinetto del turismo pernottante (ma a 25 mila si ha saturazione) o degli studenti. Il totale deve tendere a 150 mila.
Stando all’oggi, non potendo - per ovvii motivi - «abbattere» qualche migliaio dei 60 mila residenti in occasione di picchi del turismo, le politiche dell’amministrazione dovrebbero quindi intervenire sulle altre voci, sia in termini strutturali che tenendo conto del calendario della stagionalità.
Di questo ha parlato ieri il vicesindaco e coordinatore del tavolo Turismo Michele Vianello, nel presentare insieme alla direttrice del Coses Isabella Scaramuzzi il modello «Turismo sostenibile», ricerca firmata insieme a Di Monte, Pedenzini e Santoro.«Noi abbiamo fornito al Comune un modello, che incrocia diverse variabili della sostenibilità urbana della città», spiega Scaramuzzi, «non diamo numeri del tipo “quale è la soglia massima di turisti” per Venezia, perché è una relazione tra diverse variabili e diversi tipi di popolazione equivalente: è l’amministrazione comunale che deve fare le scelte. Certo, c’è un vincolo di capacità di mobilità di 150 mila persone».
«Questo studio sfata l’opinione diffusa che sia stato il turismo a scacciare i residenti dal centro storico», ha sottolineato Vianello, che ancora non ha sciolto la riserva sull’offerta che gli è stata fatta di diventare direttore del Parco scientifico tecnologico Vega, «non è quindi limitando gli accessi alla città che si contrasta l’esodo. Certo, invece, sono evidenziate criticità come la stazione ferroviaria - variabile ingovernabile per l’amministrazione - o il fatto che l’apertura del Ponte di Calatrava ha spostato tutto il flusso su un’unica asse». Come governare il sistema città e trovare un punto di equilibrio? «Sostenendo l’insediamento della popolazione studentesca che, è dimostrato, non ha “rubato” case ai veneziani, e incentivandone la permanenza professionale con strumenti che permettano a queste persone di lavorare, relazionarsi e trovare abitazioni. Quanto al turismo, bisogna proseguire sulla strada del governo telematico dei flussi». E si torna a Venice Connected - con il sistema delle tariffe differenziate in base al semaforo delle giornate più o meno calde di attrattività di Venezia - che nell’ultimo mese ha registrato 531 mila contatti per 3 mila transazioni, del valore di 85 euro di media: «Finora l’offerta era solo quella pubblica e ce n’è anche troppa, dobbiamo semplificare. A giorni poi entreranno nel portale anche tour operator e albergatori, con i quali abbiamo chiuso le intese e a quel punto, conclude Vianello.
Lanciato anche un altro progetto, che s’intreccia con l’operazione «Cittadinanza digitale», banda larga e wifi gratuito per i residenti: «iVenice» rinascita a nuova vita della tessera «imob». «La giunta approverà il 22 le linee applicative del progetto», conclude il vicesindaco, «per trasformare la tessera imob - oggi una card solo a vocazione trasportistica - in una chiave di accesso a una piattaforma di servizi, ai quali il “cittadino digitale” potrà accedere anche attraverso una serie di terminali in città. Così per iscrivere i figli all’asilo nido, segnalare problemi di manutenzione urbana o far giungere petizioni dirette al Comune». «Fare rete», ha chiosato il sindaco Cacciari, «significa anche stabilire le priorità: possiamo avere le migliori tecnologie, ma se l’uomo pone ossessivamente l’accento su piccoli dettagli dei malfunzionamenti, si compromettono i risultati. E le priorità sono salvaguardia, oggi drammatica, organizzazione della formidabile economia del turismo, politica della residenza».
«Mancano le infrastrutture per gestire i flussi»
di Giacomo Cosua
I commenti di albergatori ed esercenti. Italia Nostra: «Bene gli studi, ma nessuno da anni prende decisioni»
I flussi turistici a Venezia: una risorsa o un problema? Un dibattito quello sulla gestione del turismo che tiene banco in città da molti anni, con soluzioni ipotizzate di tutti i tipi: dal ticket d’ingresso in città sul Ponte della Libertà al ticket volontario per l’ingresso in Piazza San Marco. Le proposte negli anni sono state diverse, ma in realtà poche sono risultate applicabili. Gli studi del Coses - con il loro «Modello logico di sostenibilità urbana per il turismo a Venezia» - hanno evidenziato come la città tra abitanti, visitatori e pendolari riesca a «sopportare» circa 150 mila persone al giorno: un numero che nei momenti di maggiore afflusso, come il Carnevale, Venezia supera largamente.
«Certamente lo studio del Coses è interessante», spiega Claudio Scarpa, direttore dell’Associazione Veneziana Albergatori, «quello che sta facendo Michele Vianello attraverso Venice Connected e con le altre formule di gestione del turismo, è sicuramente un passo avanti: peccato che si sia occupato di un asset strategico per la città solo così tardi a metà legislatura, abbiamo perso troppo tempo». «I turisti non sono tanto da limitare, quanto da gestire», sottolinea Scarpa, «sono d’accordo sul non incentivare il turismo pendolare quanto un turismo più attento. Speriamo che la direzione intrapresa sia quella giusta, anche se c’è ancora tanto da fare».
Ernesto Pancin, direttore dell’Aepe, che di certo non ha interesse nel veder limitato il numero di turisti in città, spiega: «Sono trent’anni che si discute a Venezia sul governo dei flussi, ben venga Venice Connected: è un ottimo strumento e siamo contenti che Vianello lo abbia creato, ma rimane ad ogni modo sul piano virtuale. Stiamo aspettando da troppo delle infrastrutture per la gestione degli accessi che non ci sono, non è tanto una questione di quanti turisti devono arrivare, ma di come gestirli». Tutti, quindi, puntano l’accento sulla mancanza di adeguate infrastrutture, situazione per quanto riguarda la gestione dei flussi inadeguata sul versante ferroviario. La ricerca del Coses ha evidenziato come la stazione a Santa Lucia, pur registrando un terzo degli arrivi in città, sia uno degli elementi con maggiori criticità. Una variabile, secondo l’amministrazione comunale non governabile direttamente. Il professor Gherardo Ortalli di Italia Nostra polemizza: «Si continuano a fare ogni anno studi sul turismo, con cifre eloquenti, ma rimangono tutti sul tavolo, nessuno prende poi decisioni», denuncia il professore. «Non servono tanti giri di parole, basta sedersi a un bar a Venezia, per capire che la situazione è diventata ingovernabile già da tempo».
Ahimè, la cifra di 150mila persone, proposto come limite massimo di ammissibilità delle presenze contemporanee a Venezia dalla direttrice del COSES, è assunto dagli attuali reggitori come obiettivo da raggiungere e, semmai, superare. Vogliamo intanto ricordare alcune cose, che probabilmente fuori da Venezia non sono note (e a Venezia sono dimenticate).
1. Nel 1989 due persone qualificate (il rettore pro tempore di Ca’ Foscari, Paolo Costa, e lo studioso nederlandese Jan van den Borg), in occasione del dibattito sull’accettabilità dell’EXPO 2000 a Venezia, calcolarono in 22mila il numero di non residenti che la città avrebbe potuto decentemente ospitare. Oggi questo numero è portato a 75mila (in aggiunta a 75mila residenti). Segno dei tempi. Ma chi assume ciome scenario quello della folla compatta tra piazzale Roma e Rialto si rende cionto che la capienza di una città come Venezia non si misura con gli stessi parametri adottati per uno stadio?
2. Il vicesindaco Michele Vianello, delegato a seguire l’attività turistica, ha detto: «Questo studio sfata l’opinione che sia stato il turismo a scacciare i residenti dal centro storico». Incredibile. Come se gli abitanti normali di Venezia non fossero stati cacciati, o non siano impossibilitati ad abitare nella città storica, perché gli affittacamere, le locande e gli alberghi, realizzati grazie alla colpevole cancellazione da parte del Comune nelle tutele sulla residenza ordinaria, hanno eliminato il mercato delle abitazioni “normali”. Come se tutti i locali e i servizi, pubblici e privati, destinati ai residenti non fossero scomparsi nella stragrande maggioranza, sostituiti da infinite botteghe di junk d’ogni origine e forma, pizzerie, rivendite di Cocacola e finte maschere. Come se le condizioni dei servizi pubblici per il trasporto non fossero impraticabili per i cittadini molte settimane all’anno e in molte ore della giornata. Come se le svendite del patrimonio immobiliare pubblico non fosse un ulteriore incentivo a rendere la città invivibile per i suoi abitanti. Come se il volto della città, la sua anima e il suo corpo, non fossero ogni giorno più sfigurati da un turismo brado, del tutto abbandonato a se stesso e anzi promosso e incentivato dagli amministratori. Una giunta berlusconiana difficilmente riuscirebbe a fare di peggio. Forse, anzi, la mercificazione sarebbe più attenta a non ridurrebbe troppo il valore (economico) del capitale.
Il modo in cui gli amministratori locali hanno accolto la ricerca del COSES fa pensare che, dopo oltre venti anni, nessuno ha la volontà e l’intelligenza di procedere a quella saggia politica di contenimento programmato del turismo che un altro vicesindaco, Gianni Pellicani, aveva proposto e che Luigi Scano, suo collaboratore, aveva definito “razionamento programmato dell’offerta turistica”. A mo’ di ulteriore commento rinviamo alla lettora dell’articolo di Scano, Turismo insostenibile. Si tratta di una questione –quella del turismo e delle altre forze che stanno distruggendo Venezia - a proposito della quale, in questa sede, si può solo lanciare un grido d’allarme. Ci torneremo presto.