La Stampa attualità, 30 giugno 2017 (m.c.g.)
Le ultime settimane hanno visto le tematiche ambientali ritornare sulle prime pagine dei giornali per le importanti dichiarazioni di politici, italiani e esteri, che hanno confermato l’impegno e la determinazione nella lotta ai cambiamenti climatici e nella salvaguardia dell’ambiente. Qualche giorno prima del G7 Ambiente di Bologna, occasione colta dal ministro Gian Luca Galletti e dal Premier Paolo Gentiloni per ribadire l’adesione al fronte unito contro le scellerate prese di posizione dell’amministrazione Trump, succedeva, però, che ricercatori e tecnologi dell’ISPRA organizzati da USB, insieme ai tecnici e al personale amministrativo, entrassero in occupazione.
L’ISPRA, Istituto per la Protezione e Ricerca Ambientale, nasce nel 2008 quale risultante dello scioglimento di due istituti di ricerca (l’ICRAM sul mare e l’INFS sulla fauna selvatica) e dell’Agenzia per la Protezione dell’Ambiente e per i Servizi Tecnici (APAT). L’ISPRA è un Ente Pubblico di Ricerca “vigilato” dal MATTM, in pratica il suo “braccio tecnico”. È il principale ente pubblico di riferimento per le tematiche ambientali nel nostro Paese e svolge anche attività di ricerca funzionale all’implementazione dei numerosi compiti attribuitigli per legge e garantisce il supporto tecnico-scientifico alle istituzioni. Un Ente cosiddetto “strumentale” alle azioni del Ministero in tema di politiche ambientali. Nel panorama degli Enti Pubblici di ricerca “strumentali” ritroviamo, ad esempio, l’Istituto Superiore di Sanità o l’ISTAT, vigilati rispettivamente dal Ministero della Salute e dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri.
Ci sarebbe da aspettarsi, pertanto, un’attenzione particolare del Ministro di riferimento Galletti e del governo, invece no perché l’ISPRA è stato ridotto al collasso economico. I numeri parlano chiaro: meno 13 milioni di euro al contributo ordinario dell’Ente da parte dello Stato operati in ragione della razionalizzazione della spesa; meno 43% registrato per i fondi esterni; un disavanzo di bilancio di 6,3 milioni di euro, come dichiarato pubblicamente dallo stesso direttore generale nonché presidente incaricato dott. Stefano Laporta; una contrazione delle unità di personale scese dalle 1650 del 2008 alle attuali 1200, compresi i precari, a fronte di sempre più numerosi e gravosi compiti attribuiti per legge “senza ulteriori aggravi per il bilancio dello Stato”. Le conseguenze immediate saranno il blocco delle attività per mancanza di fondi e il licenziamento di precari storici.
Ebbene, nonostante sia nelle prerogative del Ministero dell’Ambiente intervenire fattivamente, con integrazioni al contributo annuale elargito dal MEF, questo non ha mai voluto effettuare ulteriori passaggi stabili di finanziamento, se non per piccole attività aggiuntive, preferendo invece la ben più costosa società privata Sogesid. La Sogesid è una società in House del ministero dell’ambiente, oggetto di attenzione della procura e di numerose interrogazioni parlamentari, nata sotto la Prestigiacomo e, di fatto, un doppione dell’ISPRA. Lo stato preferisce attingere a privati, spendendo anche più soldi e con procedure privatistiche che fanno nascere dubbi anche ai procuratori.
Dal 22 maggio, sacrificando salario, ferie e famiglia, un gruppo nutrito di lavoratori sta cercando di denunciare agli Italiani la reale situazione della politica ambientale italiana che non trova rispondenza con le belle parole proferite dal ministro Gian Luca Galletti e dal Presidente Gentiloni. La politica distratta quando non ostile ci ha ridotto al collasso economico. Se non si agirà rapidamente da luglio, come peraltro dichiarato pubblicamente dallo stesso Stefano Laporta, i 1200 dipendenti dell’ISPRA saranno costretti alla inattività per mancanza di fondi; circa un centinaio di precari storici, con anzianità di servizio fino a 17 anni, saranno licenziati. Licenziati nonostante l’art. 20 del d.lgs 75/2017, il Testo Unico della Pubblica Amministrazione voluto dalla ministra Madia, li consideri stabilizzabili. Ma non ci sono soldi. E l’Italia si concede di sperperare un patrimonio di conoscenza e professionalità.
Ne conseguirebbe che i controlli dei grandi impianti industriali, come l’ILVA di Taranto, gli adempimenti del protocollo di Kyoto e degli accordi di Parigi, le attività nelle zone terremotate e dello studio del territorio (cartografia geologica e naturalistica, studio e difesa della biodiversità), i controlli e le valutazioni ambientali (rifiuti, istruttorie VIA/VAS, piattaforme off-shore), le certificazioni di qualità ambientale Emas e Ecolabel, la gestione delle emergenze ambientali, l’accertamento del danno ambientale, la supervisione agli interventi di ripristino dei fondali dell’Isola del Giglio colpiti dal naufragio della Costa Concordia, i monitoraggi (qualità dell’aria e delle acque marino-costiere), le attività di laboratorio, per citare solo alcuni degli ambiti di attività dell’istituto, e la “ricerca finalizzata” alla protezione ambientale, subiranno uno stop. A rischiare il collasso sarebbe anche il Sistema Nazionale di Protezione Ambientale (ex L.132/2016) che ha l’ambizione (senza stanziamento di fondi) di mettere a rete ISPRA e le Agenzie Regionali così da garantire controlli e monitoraggi adeguati in tutto il territorio nazionale. Un po’ il parallelo dei LEA della Lorenzin applicati all’ambiente.
Il messaggio d’allarme che vogliamo dare va oltre la richiesta del legittimo riconoscimento dei precari alla stabilizzazione. Numeroso è il personale di ruolo, incluso me, che partecipa alla lotta. Siamo stanchi di lavorare in un istituto in agonia sin dalla sua istituzione, 8 anni fa, e che non decolla mai. Bastano pochi soldi per rilanciare ISPRA e SNPA. La parte carente è la volontà politica. Lottiamo e occupiamo dal 22 maggio anche e soprattutto da cittadini che aspirano a che siano enti pubblici in prima linea a garantire la tutela ambientale e non società private come SOGESID. L’occupazione è luogo di lotta e crescita personale e con determinazione presidiamo 24 ore su 24, sacrificando ferie, salario e famiglia, per mandare un messaggio che spero venga colto: il nostro Paese ha bisogno dell’ISPRA, ovvero di un istituto terzo e indipendente che supporti i decisori politici per una corretta e utile azione di prevenzione, controllo, gestione del territorio e delle emergenze ambientali. Anche facendo ricerca applicata e funzionale a migliorare il conseguimento degli obiettivi istituzionali.
A chi ci dice che con la nostra protesta rischiamo di passare dalla ragione al torto, rispondiamo che l’aver ragione è un concetto che non può e non deve rimanere astratto. Noi vogliamo passare dal semplice avere ragione a prenderci questa ragione ed applicarla nel nostro lavoro al servizio dei cittadini. La saggezza popolare e la storia raccontano che i mali estremi si guariscono con estremi rimedi. Questo è il nostro estremismo.