Il manifesto, 4 ottobre 2016 (p.d.)
Ha sentito Giorgio Napolitano? Solo la vittoria del Sì, ha detto, restituirebbe la dignità al parlamento.
«Se avessi detto io che il senato e la camera sono ridotti a uno straccio sarebbe insorta mezza Italia. Non credo proprio che si possa parlare così del parlamento, per quante critiche gli si possano fare – e noi gliele abbiamo fatte».
Carlo Smuraglia, 93 anni, professore, avvocato e partigiano, è il presidente nazionale dell’Anpi. Dopo giorni di attacchi da parte dei sostenitori della riforma costituzionale, per via della decisione dell’associazione di schierarsi per il No, ha recuperato un po’ di tranquillità uscendo vincitore dal confronto pubblico con Renzi alla festa dell’Unità di Bologna.
Diceva delle critiche a questo parlamento.
La Corte costituzionale l’ha pesantemente delegittimato. Nella sentenza sul Porcellum si diceva che le camere avrebbero potuto andare avanti, ma per il tempo strettamente necessario a fare una nuova legge elettorale. Non certo una riforma «epocale» della Costituzione.
Adesso pare che di leggi elettorali questo parlamento voglia farne ben due e Renzi dice di essere pronto a riscrivere l’Italicum. Le fa piacere?
Chiariamo agli italiani che nessuna nuova legge elettorale sarà fatta prima del referendum. Non ce n’è il tempo. Stiamo parlando solo di chiacchiere e promesse di poco valore. Ed è davvero strano che dopo oltre un anno di silenzio – tanto è passato da quando è stato approvato l’Italicum – improvvisamente, gli esponenti della maggioranza comincino ad agitarsi adesso. Dimostrando così proprio quello che vogliono negare: c’è un collegamento strettissimo tra Italicum e riforma costituzionale.
Crede a Renzi che vuole correggere la legge elettorale?
Non gli credo, è stato lui voler porre addirittura la fiducia. Penso che sia solo un tentativo di confondere gli elettori. Ai quali invece è bene spiegare che dovranno giudicare la riforma costituzionale anche tenendo presente che una legge elettorale in vigore adesso c’è. È l’Italicum, e ci preoccupa molto.
Ha visto il confronto Renzi-Zagrebelsky in tv?Purtroppo no, ero in treno. Ne ho letto.
Che idea si è fatto?
Ce l’avevo già prima un’idea: in questi confronti le regole sono importantissime. Noi dell’Anpi, in vista del faccia a faccia di Bologna, che pure non era in tv, ci avevamo pensato per tempo. Non tutti sono abituati al linguaggio televisivo, bisogna che ognuno sia messo in condizione di esprimersi tranquillamente, non bisogna consentire a uno dei due di interrompere. Se Zagrebelsky fa un’osservazione di stretto diritto, Renzi non deve potergli rispondere sviando e parlando d’altro. Il confronto deve servire ai cittadini per capire, prima che a fare audience.
Lei è rimasto soddisfatto del suo confronto bolognese?
A parte qualche prevedibile tentativo di Renzi di parlare d’altro, nel complesso sì. Il segretario del Pd e io abbiamo dimostrato che si può ragionare su questi temi, pur partendo da posizioni lontane e da modi di essere lontanissimi.
Ha visto i manifesti del comitato del Sì che invitano a tagliare le poltrone dei politici?
Li ho visti e li trovo vergognosi. Ho anche letto, con piacere, che c’è qualcuno che vota Sì che gli ha trovati eccessivi. Meno male. Accarezzare il populismo nelle sue forme peggiori è sempre sbagliato, perché si ritorce contro tutti e contro la democrazia. E poi è molto facile obiettare a quello slogan: perché le poltrone dei senatori sono «poltrone», e quelle dei deputati, non sono toccate dalla riforma, no lo sono?
Che spiegazione si è dato degli attacchi all’Anpi?
Tutto è dipeso dalla nostra decisione di schierarci per il No. Tutti quelli che ci hanno attaccato si sono accorti di noi solo nel momento in cui abbiamo cominciato a dare fastidio sulla riforma. Fino a poco prima abbiamo avuto diversi esponenti della maggioranza alle iniziative che organizziamo di continuo. Poi si è cercato di negarci il diritto di prendere posizione sul referendum. Abbiamo reagito con fermezza, ricordando a tutti cos’è l’Anpi e perché è suo dovere denunciare i tentativi di stravolgere la Costituzione.
Avete annunciato l’intenzione di fare un appello al capo dello stato
Sì, perché sia garantito un minimo di parità di condizioni durante la campagna elettorale. Al momento non è così, ogni sera in televisione c’è il presidente del Consiglio che con la scusa delle più diverse cerimonie pubbliche fa campagna per il Sì. Dando corpo agli allarmi per la vittoria del No. Un ricatto continuo al quale spero proprio che i cittadini si sottrarranno con intelligenza.