Fatto Quotidiano, 29 ottobre 2016
Il tono paradossale delle risposte del Cornelius Noon è considerato il nuovo genio maledetto della filosofia politica. Nato nel 1943 in Irlanda, è professore alla Trans Allegheny University di Weston in West Virginia. Da anni le sue lezioni sono seguitissime, e si dice sia stato consultato da molti capi di Stato e finanzieri. Finora non aveva mai lasciato una sola riga scritta sul suo pensiero, ma qualche mese fa ha cambiato idea e il suo libro Pluricracy stampato in poche copie dalla Hydra Press ha suscitato polemiche feroci e verrà pubblicato dalle maggiori case editrici mondiali. In esclusiva siamo riusciti ad avere questa intervista, impresa non facile, perché Noon è famoso per il suo carattere intrattabile e la sua bizzarria.
Potrebbe farci qualche esempio?
«La tecnocrazia, la plutocrazia finanziaria più o meno mafiosa, la teocrazia, persino la farmacocrazia e le ludocrazie-onagrocrazie culturali. Agiscono tutte con progetti, scopi e morali proprie. Preferiscono a volte operare in una finzione di democrazia, o allinearsi a una dittatura, ma la loro ideologia è quanto di più lontano ci possa essere dal rispetto del volere popolare. Il consumatore, il cliente, il connesso, il degente, lo spettatore, il fanatico sono i loro sudditi, non il cittadino. Li chiamano talvolta poteri forti ma sono piuttosto poteri folli, che disprezzano la vecchia ratio del bene comune. Anche se talvolta scelgono un volto per apparire, preferiscono essere invisibili. Ascoltano solo voci selezionate da loro: la banca dati, l’audience, il sondaggio, il call center hanno sostituito la piazza. Recentemente ho sentito il termine social-democrazia, col trattino, per celebrare il web. Invenzione dolce e consolatoria. Il web è un’oligarchia, anzi ha creato gli ultimi monarchi. Steve Jobs è l’ultimo dei semi-dei prometeici».
Uno dei suoi concetti più dibattuti è quello di Stato-schermo. Quindi lo Stato esiste ancora?
«Anche un anarchico non può fare a meno di una bandiera, diceva De Selby. Lo Stato è uno schermo sul quale le pluricrazie proiettano la loro immagine in modo rassicurante. Ma lo Stato non ha più nessun contenuto, è fatto di trame scritte altrove, di recite dove ruotano i cast di maggioranza e opposizione, di attori brillanti o tragici. Se mi chiedessero a cosa somigliano Trump e Hillary, direi Gambadilegno e la fata di Cenerentola. Ogni vera decisione è presa dal SOP, che la trasferisce allo Stato-schermo perché la trasmetta ai cittadini. Le pluricrazie sanno bene che cose come il voto, la legge, l’esercito, i confini, la bandiera e la Nazionale di calcio sono rassicuranti. Essere in balia dell’informe spaventerebbe. Si accetta che la squadra del cuore venga comprata da un miliardario russo o da uno sceicco, ma guai a cambiare i colori della maglia. Bisogna avere uno schermo su cui proiettare lamenti e rabbia, nell’illusione di essere considerati. L’ultima forma della democrazia è la frenocrazia, la possibilità per ognuno di lagnarsi e dare la colpa a qualcuno della propria infelicità. Ma è un Paraclausithyron, un lamento a una porta chiusa».
Lei è totalmente pessimista. Ma è possibile il progresso o la pace con le pluricrazie?
«Il progresso di tutti non esiste più, esiste soltanto il progressivo rafforzamento delle pluricrazie. In quanto alla pace la guerra moderna non è più tra Stati, basta vedere la frammentazione del conflitto mediorientale per rendersene conto. È un continuo scontro tra avidità contrapposte, ammantato di motivazioni religiose, storiche o etniche, più complesso e imprevedibile delle guerre del passato. Uno Stato potrebbe volere la pace, ma lo spingeranno in guerra i suoi petrolieri o i produttori di armi, i suoi servizi segreti deviati o un gruppo religioso bramoso di anime e di territorio, un impero mafioso, o un’azienda che ha bisogno di materie prime e nuovi mercati. È più facile immaginare una guerra nucleare tra Google e Microsoft, o tra AT&T e Verizon, o tra Hollywood e Bollywood, che tra Usa e Russia».
Quindi lei non ha soluzioni?
«No, e se le avessi me le avrebbero già prese con la forza. Le pluricrazie hanno vinto. Non so se troveranno una forma di convivenza o distruggeranno il pianeta nella battaglia per la supremazia. Quello che è certo è che non lasceranno più spazio a nessuna forma democratica che non sia secondaria e sottomessa. Il parassita ha divorato l’ospite. Solo la nascita di una nuova coscienza della libertà, una totale disconnessione della nostra vita dal sistema pluricratico potrebbe salvarci, ma io non spero più. Singoli gruppi possono inserirsi negli spazi vuoti dell’invasione del SOP, ma questi spazi sono sempre più stretti e stritolanti»
Si dice che lei sia consigliere di Bill Gates e di Putin. Ma che consigli potrebbero avere da lei?
«Sono calunnie. Io riesco a malapena a consigliare qualche libro ai miei alunni. Sono un pensatore, e come tutte le forme di intelligenza autonoma, sono destinato a scomparire. Ho deciso di lasciare qualcosa di scritto perché per un attimo potrebbe intralciare le pluricrazie e costringerle a uno sforzo per disinnescare il mio discorso. Ma entro pochi mesi, il mio pensiero sarà ingoiato dal loro magma, oppure in nome delle mie parole nascerà una pluricrazia perversa».
Un’ultima domanda : il dramma dei migranti?
«Non si “emigra” più, si fugge e basta, Al SOP di tutto questo non frega nulla, le pluricrazie non hanno né patria né confini né ricordi. A loro non interessa la sofferenza degli individui, ma quella dei bilanci. Le pluricrazie rendono invivibili i Paesi con sfruttamento e guerre costringendo la gente a fuggire, poi costringono gli Stati-schermo e i volonterosi a occuparsene. Sono agenzie turistiche sataniche.
Una parola di speranza?
«La chieda alle pluricrazie, ne hanno di diverse e molto seducenti»