Vengono messe in soffitta, una e una, tutto le scienze del territorio, quando non possono essere impiegate (distorcendole) per l'unico uso del territorio che al capitalismo d'oggi interessa: sfruttarlo nel modo più conveniente alla minoranza che ci domina. La Repubblica, 27 dicembre 2016
IL mondo è globalizzato, cambiano i confini, ma la geografia scompare. Sembra un paradosso, ma in università è stata quasi cancellata. Due terzi dei corsi di laurea sono spariti in dieci anni. «Un disastro», lamentano i geografi accademici, che a Bologna hanno costituito un coordinamento e lanciano un appello a difesa di una disciplina che sta uscendo anche dagli studi universitari dopo aver subito, tra mille polemiche, una forte riduzione nelle scuole per effetto della riforma Gelmini.
Eppure in Francia, in Svizzera e in particolare nel Regno Unito, dove la premier Theresa May è laureata in Geografia ad Oxford, esistono dipartimenti e facoltà. In Italia, i corsi di geografia si sono ridotti, dal 2005 ad oggi, da diciotto a sei. E i sopravvissuti sono solo da Roma in su. Resistono la laurea triennale di Milano, che quest’anno potrebbe raddoppiare le 160 matricole, e il corso storico della Sapienza. Le lauree magistrali sono a Bologna, Torino, Firenze e ancora alla Sapienza. La biennale della Statale è stata sospesa per mancanza dei docenti necessari secondo i parametri ministeriali, quegli stessi che i geografi contestano nell’appello. «Criteri troppo rigidi», sostengono i firmatari, più severi di quelli di altre lauree come Filosofia e Storia.
«Stiamo scomparendo, il nostro è un grido di allarme», osserva Carla Giovannini, allieva del padre dei geografi italiani Lucio Gambi che sosteneva la necessità di coniugare la geografia con la storia per capire il presente. «Lui insegnava a fare le carte e a leggerle». Ed è questo il valore che i geografi rivendicano nell’era di Google Maps: la capacità e, soprattutto, la necessità di interpretare un territorio, dalla mappa dei migranti in una città alla ricostruzione dell’alveo di un fiume sino alla cartina del mondo secondo Donald Trump.
«Viaggiamo con il navigatore ma non guardiamo più fuori dal finestrino, non capiamo più la realtà che ci circonda, in quale territorio viviamo — insiste Riccardo Morri, coordinatore del corso in Gestione e valorizzazione del territorio alla Sapienza — A chi mi chiede a cosa serve un geografo oggi rispondo che i miei colleghi lavorano ai piani di evacuazione del Vesuvio, intervengono in Africa per risolvere conflitti tribali sui confini. La nostra è una disciplina di sintesi che serve nella prevenzione, negli studi urbanistici, sociali ed economici ». Negli ultimi anni, i corsi di laurea in scienze geografiche hanno perso iscritti: erano 2.393 nel 2005, oggi si sono ridotti a 957 tra triennali e specialistiche. Una vera e propria emorragia, tamponata solo quest’anno da una ripresa delle immatricolazioni. La geografia in Italia sconta il pregiudizio e forse anche la noia di un certo insegnamento scolastico ridotto all’apprendimento di mari-monti-città. Alzi la mano chi non ha imparato a recitare tutti gli affluenti del Po da bambino. Sorride Giovannini: «Tutto vero, abbiamo pagato il prezzo di anni di nozionismo, la nostra è ora una battaglia culturale».
Tra le richieste al ministero dell’Università, i docenti che presiedono i corsi auspicano un sostegno alle lauree già esistenti, come è stato fatto per la Fisica quando andò in crisi di iscritti. E reclamano un albo dei geografi per sostenere la figura professionale.
«La geografia è praticamente sconosciuta alla pubblica amministrazione. I bandi di concorso che citano tra i requisiti la laurea in Geografia sono rarissimi», spiega Angelo Besana, docente di Torino alla triennale in Geografia gemellata al Politecnico. «Chiediamo attenzione a livello ministeriale e politico», aggiunge Flavio Lucchesi, ordinario di Geografia alla Statale. Giovannini, docente dell’Alma Mater, ricorda i suoi laureati “scippati” all’estero: chi disegna mappe per il Guardian, chi insegna storia dei giardini ai francesi dopo una borsa Erasmus in geografia a Parigi. «Le competenze di un geografo dovrebbero essere evidenti a tutti», conclude. «Invece combattiamo per non essere cancellati ».