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Lidia Fersuoch
Grandi navi. Le voci per il bene comune e quelle degli interessi privati
11 Novembre 2017
Terra acqua e società
la Nuova Venezia e Corriere del Veneto, 11 novembre 2017. «Il sindaco di Venezia ha anche richiesto la costruzione del mini offshore commerciale per navi container a Santa Maria del Mare, un luogo di grande valore paesaggistico, nel cantiere dei cassoni del Mose che per legge deve invece essere smantellato». (m.p.r.)

la Nuova Venezia e Corriere del Veneto, 11 novembre 2017. «Il sindaco di Venezia ha anche richiesto la costruzione del mini offshore commerciale per navi container a Santa Maria del Mare, un luogo di grande valore paesaggistico, nel cantiere dei cassoni del Mose che per legge deve invece essere smantellato». (m.p.r.)



la Nuova Venezia

DAL "COMITATONE"
NESSUnA TUTELA PER LA LAGUNA
di Lidia Fersuoch

Il Comitatone del 7 novembre ha approvato una delibera, che, per sviluppare la crocieristica, reale scopo del Governo, individua ben tre accessi, e forse altri ancora, alla laguna. Unico voto contrario, quello del sindaco Ferro di Chioggia, vero eroe della giornata perché il solo a tutelare la Laguna. Grazie a Delrio, ai comuni di Mira, Venezia, Cavallino - Treporti e Jesolo, a Zaia e ai Ministeri competenti, la Laguna diventa così un colabrodo, un porto diffuso che nemmeno Paolo Costa poteva sognare e che invece gli ambientalisti o semplicemente le persone interessate alla tutela della bellezza e fragilità di Venezia e della sua Laguna potevano immaginare nei peggiori incubi.

Il grottesco è che non si pongono limiti massimi di tonnellaggio, bensì limiti minimi! E non si individua una via di accesso alternativa a quella vietata (come prescriverebbe il decreto Clini-Passera) ma se ne indicano ben tre! Se oggi il limite posto dal decreto sarebbe 40 mila tonnellate ma di fatto è 96 mila, la delibera del Comitatone prevede per le navi sopra (sottolineiamo sopra!) le 130 mila tonnellate l'ingresso per la bocca di Malamocco, il passaggio per il Canale dei Petroli e l'attracco a Marghera, nel Canale Nord; per quelle sotto alle 130 mila tonnellate consente egualmente il transito per il canale dei Petroli e poi per il canale Vittorio Emanuele (da escavarsi, e per cui non c'è nemmeno la certezza della Via!) e l'approdo alla Marittima; per quelle sotto le 40 mila tonnellate conferma l'ingresso per il Lido, il passaggio per il Bacino e l'attracco alla Marittima, di cui ribadisce la centralità.

Ma non solo: per queste navi minori sono possibili anche altri attracchi, forse Chioggia o chissà. Interessante notare che il sindaco di Venezia ha ottenuto che, quale approdo delle grandi navi a Marghera, nella delibera non venisse genericamente indicato il Canale Nord, com'era in bozza, ma precisamente la sponda nord del Canale Nord. Area di più facile accesso da terra, ma privata, e fra le più inquinate di Marghera, trovandovi luogo, un tempo, la lavorazione del carbone. Tempi lunghi dunque e incerto futuro. Certissima invece è la mancanza di limitazione alle dimensioni delle navi, se non quella imposta dalla presenza delle linee dell'elettrodotto, che il sindaco di Venezia durante la seduta ha chiesto venga presto interrato. Nessun limite!

Il sindaco di Venezia ha anche richiesto come necessaria la costruzione del mini offshore commerciale per navi container, probabilmente come vorrebbe il presidente dell'Autorità di sistema portuale a Santa Maria del Mare, un luogo di grande valore paesaggistico, nel cantiere dei cassoni del Mose che per legge deve invece essere smantellato. La Laguna diventerà dunque un porto diffuso per navi commerciali e crocieristiche di ogni stazza e lunghezza, ma prevalentemente di enorme tonnellaggio, assecondando l'imperante tendenza al gigantismo. La Laguna si piega così alle navi e agli armatori. E il canale dei Petroli, artefice della distruzione della laguna, dovrà essere potenziato e verosimilmente raddoppiato e delimitato da scogliere (il progetto c'è già e data al 2013), dovendo accogliere come minimo 1000 transiti navali in più e di navi sempre più grandi.

Ricordiamo che gli studi scientifici, reperibili anche in rete, provano indiscutibilmente che l'erosione di cui soffre il bacino lagunare centrale (vale a dire la voragine ai lati del primo tratto del canale dei Petroli nonché l'atrofizzazione della rete dei canali naturali) è dovuta agli effetti idraulici del canale stesso e al traffico navale che vi si svolge. Secondo le leggi e i piani vigenti, il canale dei Petroli deve essere invece ridimensionato e riconfigurato, riducendone l'impatto negativo. Le Leggi speciali prevedono infatti - come ha ricordato inutilmente con una lettera a Delrio il nostro presidente nazionale - il «riequilibrio idrogeologico dellalaguna», «l'arresto e inversione del processo di degrado del bacino lagunare e l'eliminazione delle cause che lo hanno provocato», e «l'innalzamento delle quote dei fondali determinatesi per l'erosione presso le bocche di porto e nei canali di navigazione».

Rileviamo inoltre che si rischia di imboccare una strada simile a quella presa per il Mose: la decisione di ieri si qualifica come meramente politica, aprioristica, non presa sulla base di un progetto definito (che non è stato presentato), e svincolata da qualsiasi valutazione scientifica. Rileviamo anche l'assoluta mancanza di informazione e trasparenza, per non parlare dell'assenza del dibattito pubblico e della comparazione fra i progetti, da sempre richiesti da Italia Nostra e prescritti dal nuovo Codice dei contratti pubblici.

Dal Comitatone nessuna tutela della laguna, dunque. E rimarchiamo, oltre all'incredibile assenza del ministro dell'Ambiente, quella del ministro dei Beni e delle attività culturali, Franceschini, che ha presenziato solo alla discussione del primo punto all'ordine del giorno, riguardante la Legge speciale, e non alla discussione del secondo, relativo al problema della crocieristica (nonostante la laguna sia sottoposta alle norme di tutela del Codice dei beni culturali e del paesaggio). Posizione grave, che ci fa intendere come nemmeno dal ministero dei Beni culturali la laguna venga considerata un bene culturale, prima che ambientale, di inestimabile valore.

Lidia Fersuoch è Presidente della sezione di Venezia di Italia Nostra Venezia

Corriere del Veneto
CROCIERE A MARGHERA, IL NODO DELLE AREE

LE PRIME APERTURE: «PRONTI A TRATTARE»
di Alberto Zorzi

«I proprietari: aspettiamo le proposte. L’ipotesi dei parcheggi. Il ruolo di D’Agostino»

Venezia. Chiudete gli occhi per un secondo e al posto di quelle due piccole navi nere attraccate proprio in punta immaginate due «grattacieli del mare» da 140 mila o più tonnellate. Canale industriale nord, sponda nord. Qui il governo, con il Comitatone dell’altro giorno, ha deciso che arriveranno le grandi navi da crociera, risolvendo finalmente il problema del passaggio davanti a San Marco, anche se non prima di 3 o 4 anni. Qui, dove una volta veniva stoccato il carbone della Italiana Coke e, nella punta, c’era un’attività di importazione di cemento, e dove ora ci sono terreni deserti e con lavorazioni minime, sorgerà il nuovo terminal crociere: qui, con i due approdi previsti inizialmente, arriverebbero 10 mila crocieristi al giorno.

La linea è tracciata, ora però si apre il percorso tecnico. E il primo problema è quello delle aree. Problema che il presidente dell’Autorità portuale Pino Musolino ha già iniziato ad affrontare in questi mesi, vedendo in gran segreto alcuni dei proprietari, che sono sostanzialmente quattro. La Fabbrica Concimi di Crema è proprietaria proprio dell’area in punta, 25 mila metri quadri con 300 metri di banchina sul canale nord. «Siamo stati contattati dal presidente Musolino alcuni mesi fa e abbiamo dato una disponibilità di massima», dice l’ingegner Nicola Ferrari, della St Srl, professionista veneziano che segue l’azienda lombarda.

Più complicata la situazione dell’enorme area cosidetta «ex Italiana Coke», 100 mila metri quadri con 400 metri lineari di banchina e tre proprietari con quote uguali: il primo è il patron dell’Italiana Coke (oggi in concordato preventivo), il genovese Augusto Ascheri; il secondo era il suo socio Antonio Barone, morto l’anno scorso, e ora è la vedova Catia Pedrini, presidente del Modena Volley; il terzo è l’ingegnere veneziano Marco Salmini, alla guida dell’Intermodale Marghera. Pedrini e Salmini per ora restano abbottonati, mentre Ascheri, che ha incontrato per caso Musolino di recente a Genova, lancia ampie aperture. «Chiederò a breve un incontro con il Porto - dice - Io sarei d’accordo a trovare una soluzione piuttosto che litigare, ma ovviamente vedremo quale sarà la proposta. Già nel 2012 aprimmo un discorso con Msc che voleva spostare lì il suo terminal».

Ovviamente il Porto ha, da parte sua, la forza dell’esproprio, qualora il progetto fosse dichiarato di pubblica utilità, come sarà; dall’altro però i privati potrebbero opporsi e andare in tribunale e questo allungherebbe i tempi. Per questo sul tavolo sarebbe stata messa la possibilità di coinvolgerli nell’operazione, lasciando, per esempio, la gestione dei parcheggi. L’idea è infatti quella di un project financing, in cui potrebbe entrare anche Vtp, sebbene ci sia il problema che difficilmente la concessione sarà estesa in automatico dalla Marittima al terminal di Marghera e dunque si ripartirà da zero con una gara europea o comunque sarà prevista nell’ipotesi di project .

C’è poi la questione dei tempi. Delrio e Musolino hanno parlato di 3-4 anni, pensando a un anno per la progettazione e le procedure burocratiche - soprattutto per le bonifiche, visto che non dovrebbe essere prevista la Via - e poi 2-3 per la realizzazione. St Srl aveva già fatto una bozza di progetto, in cui veniva prevista una spesa di 62 milioni di euro e 630 giorni tra iter e realizzazione, ma solo per attrezzare la banchina, chiudere i marginamenti e dragare il canale industriale nord, dove andrebbero le navi, che ha una quota di appena due metri. Qui i fanghi dovrebbero essere abbastanza «puliti», a differenza di quelli del canale Brentella, dove ci sarebbe qualche problema in più. Ci sarà infine da gestire il rapporto con Roberto D’Agostino e l’Ati che, proprio su quella stessa area, ha protocollato una proposta di project financing da 250 milioni: difficile far finta che non esista.

la Nuova Venezia
«RICORSO AL TAR CONTRO
IL VOTO DEL COMITATONE»

Le varie anime del comitato No Grandi Navi si sono ritrovate ieri pomeriggio in Sala San Leonardo per discutere sulle decisioni assunte dal Comitatone martedì scorso. Un dibattito acceso, che ha accompagnato una disamina approfondita della situazione e l'annuncio di un'assemblea cittadina il 2 dicembre sempre in Sala San Leonardo e, una settimana dopo, a Marghera. Prima, una delegazione del Comitato andrà in Sovrintendenza per chiedere un incontro urgente con il ministro Franceschini e in Capitaneria di Porto, perché - come spiegano - l'ordinanza transitoria prevista dal documento del Comitatone durerà dieci anni.

«Secondo noi il Comitatone non aveva il numero legale e anche le decisioni che sono state prese non sono valide» ha detto uno dei portavoce del Comitato, Luciano Mazzolin «Dovevano essere presenti cinque rappresentanti del governo, ma c'era solo il ministro Delrio al momento del voto: quindi il documento finale, che non è neppure una delibera, non ha nessun valore. Ragion per cui ricorreremo contro questo documento al Tar e alla Corte dei Conti per segnalare sperpero di denaro pubblico e anomalie sulla ripartizione dei fondi della Legge Speciale in quanto si potrebbero finanziare progetti già bocciati». «Sul discorso delle navi a Marghera, naturalmente, continuiamo a dire che restano validi i pareri negativi del Porto e della Capitaneria che avevano portato alla bocciatura del progetto di D'Agostino nella conferenza di servizio 2013» continua Mazzolin «e che la Capitaneria di Porto aveva dato più volte pareri negativi, e che il Porto crocieristico a Marghera non andava bene per diverse problematiche. Il documento di Musolino, inoltre, è ancora segretato: nessuno sa cosa ci sia dentro».
Netta anche la posizione di Tommaso Cacciari. «Nel merito, quella di Marghera è la peggiore soluzione: le navi di lusso in Marittima, le navi gigantesche a Marghera, le navi medie via Vittorio Emanuele in Marittima: un assedio. Che poi scegliere Marghera, allo stato dei fatti, significa mantenere lo status quo per dieci anni: non siamo a Dubai dove se non realizzi in un anno, rischi la vita. Qui il documento partorito dal Comitatone dice di individuare aree possibili, non dice chi compra le aree private e tra pochi mesi il governo cadrà e chissà che cosa succederà. Con questo piano non ci libereremo delle grandi navi per le prossime generazioni».

la Nuova Venezia
CROCIERE A CHIOGGIA

GDISSENSI PER IL VOTO CONTRARIO
DEL SINDACO
di Elisabetta B. Anzoletti

«Duro attacco dell'ex sindaco: “Al Comitatone è stato l'unico a dire di no alla proposta governativa poi approvata”»

Chioggia. «Comportamento schizofrenico del sindaco sulla crocieristica». Il predecessore Giuseppe Casson, ora consigliere comunale di Chioggia è libera, attacca Alessandro Ferro per aver contraddetto in sede di Comitatone gli slogan ripetuti più volte in città sull'intenzione di sviluppare il settore. Un atteggiamento che sta creando qualche preoccupazione anche tra i commercianti che dalla crocieristica attendono nuovi stimoli per il centro storico.
«La condotta di Ferro al Comitatone è sconcertante», sostiene Casson, «con il voto (l'unico) contrario alla proposta di delibera governativa, il sindaco ha detto definitivamente no alla crocieristica a Chioggia, facendo perdere una straordinaria occasione di sviluppo turistico e economico. A parole si è speso in ogni occasione per ribadire la volontà dell'amministrazione grillina a investire sul settore, ma quando si è passati ai fatti ha cambiato totalmente registro. Avevamo già espresso perplessità quando la giunta ha deciso di cedere le quote che deteneva in Chioggia terminal crociere (CtC), ora col Comitatone ne abbiamo la certezza. Ferro preferisce assecondare la linea del M5S nazionale, contrario alle grandi navi e a ogni sviluppo crocieristico lagunare, sacrificando gli interessi della città. Prendiamo atto che Chioggia non è governata dal sindaco Ferro, ma da Grillo e dalla Casaleggio e associati che lo guidano come si fa con un joystick».
Parole pesanti che Casson giustifica ricordando che lo stesso presidente dell'Autorità portuale Pino Musolino è rimasto sorpreso dal cambio di rotta di Ferro con cui aveva parlato dello sviluppo della crocieristica nell'incontro del 31 ottobre. «Musolino è rimasto spiazzato dal voto contrario di Ferro», spiega Casson, «ricordiamoci che se le grandi navi escono da Venezia, le compagnie la abbandoneranno e sceglieranno come home port altri approdi, probabilmente all'estero. Verrà posata una pietra tombale sulla crocieristica in laguna».
Una prospettiva che spaventa i comparti economici. «Per noi la crocieristica è fondamentale», spiega il presidente dell'Ascom, Alessandro Da Re, «è una boccata di ossigeno per il commercio e la ristorazione del centro, ma in prospettiva anche per gli alberghi e le spiagge. Chi scende spende e vede la città, se ne innamora e magari decide di tornare per un weekend o per le vacanze. Con i primi scali i riscontri sono stati ottimi, senza considerare l'indotto che si crea: logistica, taxi, approvvigionamento alimentari».
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