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Guido Montanari
Il futuro della Cavallerizza di Torino
11 Ottobre 2017
Torino
Dal vicesindaco di Torino riceviamo quest'ampia illustrazione dei tentativi del Comune (con vittorie e sconfitte) di tutelare e riutilizzare la Cavallerizza reale, in replica ad alcune affermazioni contenute in un articolo scritto per

Dal vicesindaco di Torino riceviamo quest'ampia illustrazione dei tentativi del Comune (con vittorie e sconfitte) di tutelare e riutilizzare la Cavallerizza reale, in replica ad alcune affermazioni contenute in un articolo scritto per eddyburg da Elisabetta Forni ed Emanuele Negro.

Il futuro di uno straordinario complesso architettonico urbanistico, patrimonio mondiale dell’Unesco, come la Cavallerizza reale di Torino, merita senz’altro una riflessione ampia e approfondita, sia per le sue valenze storico artistiche, sia come possibile esempio innovativo di riuso e di riappropriazione pubblica di un bene culturale parzialmente in abbandono e destinato alla speculazione finanziaria.

Purtroppo non sembra essere questo l’obiettivo dell’intervento di Elisabetta Forni e Emanuele Negro (eddyburg, 25 agosto 2017), ottimi esordienti di quello sport nazionale che vede giornalisti e commentatori addossare ai Cinque Stelle ogni nefandezza passata e futura, in termini di visione strategica, di pratica politica e di gestione amministrativa. In premessa del loro articolo, infatti, essi dichiarano di voler dimostrare con questo caso di studio che l’amministrazione della sindaca Chiara Appendino è espressione di una “post ideologia pentastellata”, ovvero di “neo liberismo mimetizzato”, estrapolando alcune considerazioni da un articolo ricco di spunti problematici, in parte anche condivisibili, di Maurizo Pagliassotti (il manifesto, 7 marzo 2017).

Forni e Negro descrivono in modo corretto e dettagliato i processi che hanno portato prima all’abbandono e poi alla cartolarizzazione della Cavallerizza da parte delle amministrazioni di “centro sinistra”, che si sono succedute ininterrottamente alla guida di Torino da almeno un ventennio. Dopo di che denunciano una sostanziale continuità della Giunta Appendino con queste politiche e profetizzano per la Cavallerizza un futuro di privatizzazione, di spezzettamento e di caduta nella mani di “developers, forse locali o forse cinesi o del Quatar”.

Naturalmente chiunque è padrone di fare le analisi politiche e le previsioni che vuole, però io vorrei riportare la questione ai dati reali e consegnare al dibattito quanto si sta facendo da parte dell’Amministrazione per rispettare il programma di mandato che recita: “Interruzione del processo di vendita della Cavallerizza Reale. Pianificazione del processo di riacquisizione dell’immobile al fine della trasformazione dello stesso, attraverso un processo partecipativo che coinvolga i cittadini, in polo culturale sotto il controllo pubblico”.

La Cavallerizza è un complesso urbanistico architettonico consolidatosi tra fine XVII secolo e inizio XIX secolo, come sede di attività terziarie e di servizio per la zona di comando della citta, posto nel cuore di Torino, fra la centralissima piazza Castello, i Giardini reali, la sede storica dell’Università e la mole Antonelliana. Copre una superficie territoriale di circa 23.000 metri quadri ed è organizzata su una serie di maniche che delimitano quattro corti, ampi spazi aperti e la straordinaria sala del maneggio con copertura a volta di circa 24 metri di luce e 15 di altezza.

Dopo un lungo periodo di abbandono, a fronte dei processi di privatizzazione avviati dalla Giunta di Piero Fassino, nel 2014 un gruppo di cittadini che poi si costituirà in associazione “Assemblea Cavallerizza 14:45”, occupa una parte del bene proponendo una serie di iniziative che sollecitano l’attenzione sull’importanza storica del complesso, sulla necessità della sua conservazione, evitando processi di frazionamento e di vendita ai privati, proponendo una gestione pubblica partecipata. A riscontro del grande interesse che tale iniziativa solleva nella cittadinanza torinese, una raccolta firme per sostenere la tutela e la decartolarizzazione del bene, raccoglie oltre 10.000 adesioni nel giro di pochi giorni. Sono organizzati momenti di dibattito pubblico, mostre d’arte, seminari con docenti del Politecnico e dell’Università, si moltiplicano le prese di posizione di intellettuali di chiara fama. L’impegno della restituzione alla fruizione pubblica del bene diventa programma della campagna elettorale dell’Appendino.

Al momento dell’insediamento della nuova Giunta la disponibilità del bene in capo alla Città, su un totale di circa 43.000 metri quadri di superficie coperta, è limitata al Maneggio alfieriano (circa 1.200 mq) e al Maneggio chiablese, ristrutturato come sala conferenze e assegnato in comodato d’uso all’Università. Il regime proprietario delle altre parti del bene è il seguente: la Corte dell’Accademia, la manica di via Verdi Ovest, il padiglione di scherma (circa 16.000 mq) sono di proprietà di Cassa Depositi e Prestiti Immobiliare (CDPI); la restante parte del complesso (manica del Mosca, “pagliere”, ex Zecca, salone della guardie, circa 25.000 mq) è inserita nel fondo di Cartolarizzazione Città di Torino (CCT).

A fronte del pesante disallineamento del bilancio lasciato dalla precedente amministrazione, la Giunta non è in grado di stanziare le risorse necessarie alla decartolarizzazione del bene (circa 9 milioni per la riacquisizione e altri circa 50 per i lavori di restauro e messa in sicurezza), tuttavia ha promosso un processo partecipato per decidere il futuro del complesso come risorsa pubblica. Nel febbraio 2017 la Città convoca un’assemblea aperta a tutti i cittadini con circa 150 partecipanti e più di 40 interventi. A seguire sono istituiti una serie di tavoli di lavoro che coinvolgono a più riprese i principali soggetti portatori di interesse (Teatro Stabile di Torino, Musei Reali, Archivio Storico, CDPI, Soprintendenza, Ente Regionale per il Diritto allo Studio Universitario del Piemonte, EDISU, Università degli Studi, Politecnico, CCT, Accademia delle Belle Arti, Museo del Cinema di Torino, Circoscrizione 1, Italia Nostra, ProNatura, Assemblea Cavallerizza 14:45). Nel corso di questi incontri si delinea via via un progetto di massima della destinazione dell’intero complesso, che prevede la creazione di un centro culturale di ricerca, sperimentazione, espressione delle arti performative, con prevalente destinazione ai giovani. Il progetto deve prevedere la permeabilità dell’intero complesso al tessuto circostante, anche in relazione ai contigui Giardini reali alti, l’accessibilità pubblica dei piani terreni e delle corti, attività ricettive e terziarie.

Nel contempo, l’Amministrazione provvede ad una serie di piccoli, ma significativi interventi di manutenzione e di progressiva messa in sicurezza del bene, dalla sistemazione dei pluviali, alla verifica degli intonaci e alla rimozione di elementi potenzialmente pericolosi sulle facciate dei cortili, aperti al pubblico. In accordo con

i Musei Reali, e attraverso l’utilizzo di fondi ministeriali, si avviano i lavori di restauro e di rifunzionalizzazione di importanti parti afferenti al bene, ossia i Giardini reali alti, il bastione fortificato (circa 1,3 km di lunghezza) ed i due corpi di guardia (i cosiddetti garittoni) che ne caratterizzano la struttura. Per definire le funzioni da inserire nei garittoni sono in corso interlocuzioni con la Soprintendenza, i Musei Reali e i cittadini che attualmente presidiano il bene, al fine di individuare una fruibilità pubblica utile alla gestione complessiva dell’area. Attività, queste, che sono state oggetto di una relazione inviata alla rappresentante in Italia dell’Unesco, nonché illustrate e dibattute nelle Commissioni del Consiglio Comunale e della Circoscrizione.

La Città sta anche concordando con CDPI un progetto, per la parte di sua proprietà, integrato con il disegno complessivo che si sta consolidando, per un ostello della gioventù, che potrebbe costituire un importante attrattore di giovani nell’area, con collocazioni di attività pubbliche ai piani terreni, e la cessione alla Città della manica di collegamento nella prospettiva di realizzare uno spazio mostre e un accesso ai Giardini reali, di concerto con i Musei Reali.

Per il Maneggio alfieriano, unica parte effettivamente nella disponibilità della Città, è in corso di elaborazione un progetto di destinazione e gestione per le arti performative, prodotto in modo partecipato da Assemblea 14:45 e dai cittadini che vorranno mettere a disposizione competenze e proposte, come da mozione d’indirizzo votata in Consiglio Comunale (25 settembre 2017), in attuazione delle norme sui “Beni Comuni”. Si tratta di un tentativo, sicuramente ambizioso e innovativo, di elaborare un progetto di riqualificazione e gestione orientato con forza nella direzione del coinvolgimento della cittadinanza attiva, come descritto nella mozione e come ampiamente dibattuto in sede giuridica da più di un decennio in Italia e in altre nazioni.

Per le altre parti del complesso le possibilità del riuso discendono da alcune prime indicazioni di massima elaborate da parte della Città. Per le “pagliere” è ipotizzata una funzione prevalentemente ricettiva e terziaria, destinata a residenze d’artista e laboratori. Per la “zecca”, attualmente nella disponibilità delle Forze di polizia, è allo studio una destinazione a residenza universitaria, in dialogo con l’EDISU che utilizza gli spazi contigui di via Verdi.

In conclusione l’Amministrazione Appendino sta definendo un percorso partecipato di riqualificazione e di gestione della Cavallerizza, finalizzato alla fruibilità pubblica, in grado di farne un luogo culturalmente vivo, aperto alla sperimentazione, ai giovani, a tutti i cittadini. Si tratta di una visione di insieme nella quale trovano collocazione una serie di progetti coordinati che avranno tempi di realizzazione diversi, in relazione agli approfondimenti necessari ed alle risorse disponibili. Il futuro di Cavallerizza si inscrive dunque in un percorso non facile e neppure rapido, ma che è già in corso e che l’Amministrazione ha intrapreso con la collaborazione e l’aiuto delle forze e dei saperi provenienti dai cittadini, nella convinzione di poter smentire il paradigma della privatizzazione come unica soluzione alle difficoltà di gestione pubblica del patrimonio.

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