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Ezio Righi
Le bugie della nuova legge urbanistica regionale
21 Gennaio 2017
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Secondo l'autopropaganda della regione E-R «la Regione frena il consumo di suolo: taglio a nuove previsioni di espansione, saldo zero, rigenerazione urbana e adeguamento sismico con regole più semplici, legalità e trasparenza» (dal sito

Secondo l'autopropaganda della regione E-R «la Regione frena il consumo di suolo: taglio a nuove previsioni di espansione, saldo zero, rigenerazione urbana e adeguamento sismico con regole più semplici, legalità e trasparenza» (dal sito ER territorio). Invece...

Non c’è risparmio di suolo, non c’è qualificazione urbana. Per tutto quanto concerne le iniziative immobiliari per nuovi insediamenti o di rigenerazione urbana, è soppressa la possibilità stessa di una cogente disciplina urbanistica preventiva, sottraendo meticolosamente ai comuni ogni potere e strumento per governarli.

L’interesse pubblico alla qualità e funzionalità del territorio è ignorato, e la massima attenzione è dedicata a disporre le condizioni di maggior vantaggio per la rendita fondiaria nelle realtà urbane maggiori.

1 Non c’è risparmio di suolo

Secondo l’assessore Donini, limitando al tre per cento il possibile ampliamento urbano, i 250 chilometri quadrati di espansioni urbanistiche oggi già possibili si ridurrebbero a 70.

Non è così. Ai proprietari di quei 250 chilometri quadrati sarebbero concessi tre anni (o forse cinque) per metterne perpetuamente al sicuro la classificazione urbanistica, stipulando accordi operativi a cui i comuni non avrebbero reale possibilità di sottrarsi. Come potrebbe un comune negare la conferma di un’edificabilità disposta dal piano vigente al di fuori di un formale procedimento di variante, sulla base della semplice delibera di indirizzo indicata dalla proposta di legge?

Il vantato limite del tre per cento all’incremento del territorio urbano sarebbe quindi aggiuntivo alle espansioni urbanistiche già vigenti e confermabili, e comunque elevato in sé: con un incremento del tre per cento ciascuna delle città di Ferrara, Modena, Parma, Ravenna, Reggio crescerebbe di due chilometri quadrati, sufficienti ad accogliervi altri ventimila abitanti.

2 Non c’è qualificazione urbana

Gli interventi di riuso e rigenerazione nel territorio urbanizzato sarebbero interamente ed esclusivamente rimessi all’ iniziativa delle proprietà, che sola avrebbe titolo per sviluppare progetti del tutto arbitrari in quanto:
- esenti da qualsiasi limitazione o regola preventiva su volume, superficie utile, morfologia, uso, dotazioni e geometria
- in deroga agli standard nazionali e locali in materia di verde, servizi pubblici e parcheggi
- in deroga alle norme nazionali e locali in materia di densità edilizia, altezze e distanze dagli altri fabbricati: ad esempio nuove costruzioni su aree liberate da demolizioni potrebbero mantenere la posizione delle demolite, anche se solo a un metro e mezzo dal confine e molto più alte di quelle, mentre il vicino nella sua casetta sarebbe invece tenuto a rispettare tutte le norme urbanistiche locali e nazionali su distanze, altezze, libera visuale, densità...
- senza alcun obbligo di valutare la sostenibilità ambientale e territoriale di quanto progettato.

É ovvio che progetti di rigenerazione sviluppati in queste condizioni ricercherebbero il massimo vantaggio economico privato, e sarebbe illusorio accreditarli di sensibilità e attenzione all’interesse pubblico. Nulla impedisce che interventi concepiti in queste condizioni producano selvaggi aumenti di volumi, indifferenti all’impatto prodotto sulla circolazione e sui servizi, privi di dotazioni essenziali e anzi congestivi e parassitari sul contesto urbano. Le parti più sofferenti delle città esigono politiche di diradamento, non di quell’addensamento che appare l’unico intento e la sola prospettiva della proposta di legge.

Oltre a tutto questo la nuova legge elargirebbe a queste operazioni sostanziali agevolazioni economiche a carico dei comuni, esonerandole dall’obbligo del contributo straordinario (che può arrivare fino a metà dell’incremento di valore apportato dalla classificazione urbanistica) e da almeno un quinto del contributo di costruzione. Contributi regionali assisterebbero la bonifica di suoli privati contaminati, e sarebbero abrogati tutti gli obblighi di contribuzione all’edilizia residenziale sociale disposti dall’attuale legge regionale.

Per questa via non si arriva alla qualificazione della città esistente, ma al suo contrario.

3 Riguardo all’esautoramento dei comuni

3.1 I poteri di pianificazione generale

I comuni rimarrebbero titolari di un unico strumento urbanistico, il piano urbanistico generale (PUG).

Per gli interventi di rigenerazione urbana previsti nel territorio urbanizzato sarebbe tassativamente vietato al PUG di stabilire la capacità edificatoria, anche potenziale... o dettagliare gli altri parametri urbanistici ed edilizi degli interventi ammissibili (articolo 32, comma 4), la cui definizione spetterebbe esclusivamente ad accordi operativi. Qualsiasi altro intervento nel territorio urbano resterebbe invece soggetto alla normale disciplina urbanistica ed edilizia.

I nuovi insediamenti nei 250 chilometri quadrati di espansioni urbanistiche sarebbero regolati dagli accordi operativi stipulati nei primi tre o cinque anni di efficacia della nuova legge.

Per gli ulteriori nuovi insediamenti localizzazioni, dimensioni, destinazioni, caratteri, sarebbero esclusivamente definiti da accordi operativi, in quanto la funzione del PUG in materia di nuove urbanizzazioni consisterebbe esclusivamente nel ricostruire la griglia degli elementi strutturali che connotano il territorio extraurbano e che costituiscono riferimento necessario per le nuove previsioni.

La Strategia per la qualità urbana ed ecologico ambientale, che secondo l’articolo 33 dovrebbe costituire l’asse portante del PUG, è destituita di ogni efficacia cogente. Per quanto forzatamente generiche, secondo il comma 2 del medesimo articolo le sue indicazioni di massima possono essere modificate in sede di accordo operativo senza che ciò costituisca variante al PUG.

In buona sostanza, se la proposta fosse tradotta in legge, il risultato sarebbe un ordinamento sdoppiato:

1. le trasformazioni diffuse nel territorio urbano e nel territorio rurale rimarrebbero soggette a una disciplina urbanistica cogente, si tratti di nuove edificazioni su lotti di completamento, di ampliamenti, ristrutturazioni, modifiche interne o dell’uso, manutenzioni; in sostanza, tutti gli interventi posti in atto da famiglie e imprese per dotarsi di spazi adeguati resterebbero regolati dalla consueta e perfettibile disciplina urbanistica ed edilizia, e pienamente soggetti ai contributi di costruzione dovuti a vario titolo;

2. le trasformazioni intensive, consistano in nuovi insediamenti o rigenerazioni urbane, sarebbero invece sottratte a qualsiasi cogente regolazione urbanistica preventiva, e interamente rimesse alla definizione di accordi operativi, su progetti riservati esclusivamente all’iniziativa arbitraria dei privati proprietari, non soggetti ad alcuna valutazione di sostenibilità, e sul cui merito i comuni sarebbero nei fatti del tutto impotenti, come è chiarito al punto che segue; esistono certamente nel territorio urbanizzato particolarità che non sono dominabili senza una stringente interazione con i soggetti attuatori, i processi attivabili e le risorse mobilitabili, ma le determinazioni sulla loro sorte non possono essere rimesse alle mere logiche del massimo vantaggio privato.

3.2 I poteri di pianificazione esecutiva

Con la legge proposta sarebbero interdetti tutti i piani urbanistici attuativi di iniziativa pubblica disposti dalla legislazione nazionale (piani particolareggiati, piani di recupero, PEEP, PIP...), di cui prenderebbe integralmente il posto il solo istituto dell’accordo operativo, appositamente inventato.

Solo i proprietari avrebbero titolo per proporre accordi operativi per nuovi insediamenti e per rigenerazioni urbane, quando e come volessero, presentando un progetto, uno schema di convenzione e una relazione economico finanziaria, non supportati da alcuna valutazione di sostenibilità. L’articolo 37, comma 4, imporrebbe al comune il compito paradossale, nel termine perentorio di sessanta giorni, di verificarne la conformità a un PUG le cui indicazioni di massima, mai cogenti, sarebbero comunque modificabili in sede di accordo operativo. Anche la conformità alla pianificazione territoriale vigente sarebbe indeterminata e aleatoria per effetto dell’articolo 72, che intende confermare l’efficacia dei piani territoriali di coordinamento provinciali (PTCP) solo per i vaghi e genericissimi contenuti previsti dall’articolo 40 per i piani territoriali di area vasta (PTAV).

In mancanza dell’appoggio di qualsiasi dispositivo cogente, e pressato dal termine perentorio di sessanta giorni, il comune non avrebbe modo alcuno di respingere la proposta di accordo, per quanto indecente, senza incorrere in ricorsi e azioni di risarcimento. E gli amministratori sarebbero esposti a ogni sorta di sospetto e insinuazione.

In sostanza tutte le più rilevanti trasformazioni del territorio urbano risulterebbero liberamente decise dai soli privati proprietari, nei contenuti, nelle forme, nei tempi e nei modi di attuazione di iniziative immobiliari.

La soppressione di qualsiasi strumento attuativo di iniziativa pubblica toglie poi ai comuni ogni potere di intraprendere politiche ed azioni di qualificazione urbana nelle situazioni più bisognose, attraverso pazienti interventi di ricomposizione fondiaria, coordinamento delle energie positive e rimozione delle inerzie, che l’esperienza ha largamente dimostrato indispensabili, e che l’iniziativa privata da sola non è in grado di condurre.

4 Conclusioni

Gli interessi immobiliari hanno da tempo usurpato a proprio vantaggio gli obiettivi del risparmio di suolo e della qualificazione del territorio urbano, tradendoli nei fatti.

Invocando il risparmio di suolo, imprese di costruzioni e immobiliari intendono proteggere le zone di espansione già possedute dalla concorrenza di ulteriori previsioni urbanistiche. E pretese ragioni di risparmio di suolo servono a spacciare per rigenerazione urbana l’addensamento indiscriminato, e ad avallare selvaggi aumenti di volume e l’evasione delle più essenziali e consolidate regole urbanistiche ed edilizie.

Mistificando i valori del risparmio di suolo e della rigenerazione urbana, il sistema degli interessi immobiliari è riuscito ad assumere un ruolo egemone nella produzione della proposta di legge urbanistica regionale, come un confronto fra il testo della proposta di legge e il documento dell’ANCE del febbraio 2016 basta a dimostrare. Ha così ottenuto una proposta di legge che semplicemente annulla la disciplina urbanistica in tutto quanto riguarda la realizzazione di nuovi insediamenti e gli interventi più rilevanti di rigenerazione urbana, in funzione della massima ulteriore valorizzazione dei terreni edificabili e dei fabbricati urbani già posseduti.

Il congegno risponde pienamente alla casistica completa delle posizioni di interesse immobiliare, proprietarie sia di zone di espansione che di fabbricati nel territorio urbano, e dei modi in cui può essere perseguito il loro maggior vantaggio:

- le zone di espansione urbanistica già previste potrebbero essere poste irreversibilmente al sicuro, attraverso accordi operativi che i comuni non avrebbero reale possibilità di negare;

    - gli interventi di riuso e rigenerazione nel territorio urbanizzato verrebbero sottratti a qualsiasi limitazione cogente di origine nazionale o locale, e interamente rimessi all’arbitrio delle iniziative immobiliari;

      - un qualsiasi pezzo di campagna (nel vantato limite del tre per cento) sarebbe liberamente utilizzabile per trasferirvi l’edificabilità non convenientemente utilizzabile sul posto (premialità varie comprese) dagli interventi di rigenerazione urbana; o per attuarvi imprecisati programmi di edilizia residenziale sociale, comunque apportatori di rendita e utili per negoziare altri vantaggi.

        Va notata come sintomatica l’accuratezza con cui nella proposta di legge sono esautorati e impastoiati i poteri pubblici e ricercati i più minuti vantaggi e garanzie per gli attori di iniziative immobiliari, in contrasto stridente con la quantità di contraddizioni, omissioni, dissimulazioni e assurdità diffuse nelle disposizioni concernenti la futura pianificazione urbanistica e territoriale, e la transizione dall’attuale sistema al nuovo.

        Concludendo, non è riconoscibile alcun interesse pubblico che giustifichi questa estromissione dei pubblici poteri dal governo delle trasformazioni intensive del territorio.

        È scandaloso che i nobili obiettivi del risparmio di suolo e della qualificazione del territorio urbano siano mistificati e asserviti a interessi puramente speculativi. Per fermare lo spreco di suolo e qualificare il territorio, in particolare quello urbano, servono rinnovate politiche, di cui i comuni siano attori principali, nel quadro di solidi riferimenti del piano territoriale regionale e dei piani di area vasta.

        Preoccupa gravemente che questa proposta sia l’avanguardia di un tentativo di sovvertire la legislazione urbanistica nazionale dal basso, attraverso la proliferazione di leggi regionali che la contraddicono.

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