La situazione è fluida, in continua evoluzione. Domenica, di fronte all'irrigidimento dei falchi di Berlino, si apriva uno scenario assurdo e tragico. Ieri un'altra svolta, con un accordo ancora incerto, e dalle conseguenze pesantissime.
Pare evidente che l'obiettivo di alcuni Stati europei, con la Germania in testa, sia quello di far fuori il governo di Syriza, imponendogli condizioni di fatto inaccettabili. Così se Tsipras rifiuta di piegarsi al ricatto (come sembrava sino a domenica, appunto), la Grecia esce dall'euro e collassa; se accetta, salta la sua maggioranza e si torna a improbabili governi di unità nazionale, privi di mandato popolare e telecomandati dai tecnocrati di Bruxelles e dal governo tedesco. E il progetto di Europa politica va letteralmente in frantumi.
Poco o nulla sembra contare l'esito del recente referendum, che ha dato un segnale forte di sostegno alla politica di Syriza. Nulla anche la convergenza di quasi tutto il parlamento ellenico su un piano doloroso e ragionevole di riforme, che potessero rispondere - in modo dignitoso e accettabile - alle richieste della Troika. Nulla, infine, o comunque molto poco, le pressioni internazionali, le spinte di Washington per un compromesso plausibile, le linee politiche moderatamente divergenti rispetto alla rigidità tedesca di Francia e Italia (ancora una volta, ahimè, del tutto marginale).
Si è deciso di dare una lezione a Syriza e ai Greci, in modo che anche gli Spagnoli non si facciano illusioni, e palesando una volta di più che nessuno può mettere in discussione i dogmi dell'iperliberismo globale, dell'austerità che soffoca l'economia reale e della tecnocrazia che procede con il pilota automatico, e che ormai può fare tranquillamente a meno della democrazia. Parola antica, che proprio in Grecia nacque millenni fa, ma che per questi banditi in doppiopetto che reggono sciaguratamente le sorti dell'Europa ha ormai fatto il suo tempo. Il popolo non è più sovrano, non può scegliere il suo destino dentro un progetto ampio e solidale. Può solo decidere, eventualmente, di morire di stenti con gran dignità.
Il documento proposto dall'Eurogruppo è tremendo, pesantemente peggiorativo della proposta di compromesso di Syriza, con l'imposizione della revoca di tutte le misure "sociali" finora varate dal governo, l'istituzione di un fondo di garanzia da 50 miliardi di euro nel quale i Greci dovrebbero "conferire" i loro beni pubblici e culturali, e poi privatizzazioni, tagli, tasse e il ritorno ai licenziamenti collettivi, al memorandum e alla Troika ad Atene, con un governo di fatto commissariato.
Tutto e subito. In un Paese ormai in ginocchio, che dal 2009 (quando è iniziata la tutela tecnocratica) ha visto i salari ridotti del 37%, le pensioni fino al 48%, gli impiegati statali del 30% (300 mila licenziati su 900 mila!), i consumi del 33%, il reddito complessivo del 25% circa; la disoccupazione aumentare al 27% e il debito pubblico al 182% del PIL. Dati che ormai conosciamo a memoria. E soprattutto, il 90% dei fondi e dei prestiti in arrivo dall'Unione Europea finiti a ripagare interessi sul debito e a sostenere le banche private. Solo un 10% scarso ha dato beneficio ai cittadini ellenici. La fotografia di un disastro. Che sia imbecillità, inettitudine, ferocia o sadismo, di sicuro è un fallimento colossale del dogmatismo liberista che parla di austerità, ma in realtà atrofizza l'economia, desertifica la società e impoverisce il popolo, tutelando soltanto una ristrettissima fascia di privilegio e non ponendo alcun argine al capitalismo finanziario.
Stupisce questo comportamento così ottuso da parte del governo della Germania. Davvero la Storia non insegna nulla? Possibile che non si riesca a evitare di finire nel baratro? Sempre più persone pensano che se questa è l'Europa, è meglio rinunciarvi. I rischi sono enormi. Non comprenderlo è stupido e criminale.
Detto questo, un pensiero anche a chi biasima Tsipras per essersi arreso al ricatto, a chi vuole insegnare ai Greci da (molto) lontano cosa fare e come agire, a chi vuol fare la rivoluzione con la vita e la disperazione degli altri (come un Di Maio qualsiasi, turista per caso ad Atene). Avranno mai riflettuto, costoro, su cosa significhi avere la responsabilità di governare un Paese? Avranno tutti gli elementi per dire che il governo greco poteva agire diversamente? Hanno valutato attentamente cosa significhi avere le banche chiuse, l'economia al collasso e lo Stato in default? Hanno contezza di quanto fossero "concrete" le alternative vagheggiatedi un sostegno di Putin, della Cina o magari pure dei Marziani?
La questione è semplice: Syriza non può reggere da sola l'assalto del fondamentalismo liberista. La battaglia contro l'Europa dei tecnocrati non può essere delegata soltanto ai Greci. Deve vederci tutti impegnati. Ovunque. Occorrono organizzazione, mobilitazione, forza e la capacità di far comprendere che un'Altra Europa è non solo possibile, ma anche, e sempre più, necessaria! Se si vuole cambiare questa Unione, dare una possibilità alla speranza, alla giustizia e alla solidarietà, il tempo è ora.
Come si diceva in un'epoca migliore, al lavoro e alla lotta!