Il manifesto, 27 febbraio 2015
La Liga è sempre una sicurezza: prima le guerre intestine, poi il Veneto. E paradossalmente si capirà domani a Roma l’esito del braccio di ferro fra il governatore Luca Zaia e il sussidiario sindaco di Verona Flavio Tosi. In 48 ore Matteo Salvini si gioca la faccia nella capitale e la leadership nel gran consiglio, che dovrà mettere fine alla «guerra del Nord Est».
Si vota a maggio per le Regionali, ma le grandi manovre nel centrodestra partono dall’implosione di Forza Italia orfana di Giancarlo Galan (ai domiciliari per lo scandalo Mose). Se davvero esplodesse anche la Lega, si riaprirebbe lo scenario politico dopo un ventennio. Ci conta Alessandra Moretti che già batte a tappeto ogni angolo del Veneto: il Pd di Renzi ha l’ambizione di replicare il modello Serracchiani, tanto da imbarcare perfino gli «autonomisti» di Franco Rocchetta.
Ma la vera partita si sta giocando a Venezia. Il 15 marzo sono fissate le Primarie del centrosinistra: in lizza per la candidatura a sindaco l’ex pm e senatore «dissidente» Felice Casson, il giornalista Nicola Pellicani e l’ultrà renziano Jacopo Molina. Sull’altro fronte, invece, domani mattina all’hotel Russott di Mestre rompe gli indugi Francesca Zaccariotto: «Il nostro domani inizia oggi» è lo slogan su sfondo arancio e grigio dell’ex presidente (ed ex leghista) della Provincia.
È la maratona elettorale che mette in palio la poltrona di Ca’ Farsetti con l’ingombrante eredità di Giorgio Orsoni (a processo sempre causa Mose, uno spettro che si allunga sull’intero vertice Pd di fe
de bersaniana). Intanto il Carnevale ha regalato il corteo in Canal Grande di maschere, barche allegoriche e vele spiegate contro le lobby che cannibalizzano la laguna. Il Comitato No Grandi Navi non molla, anzi. E alla presentazione di «Se Venezia muore» di Salvatore Settis si è registrato un significativo «pienone».
La città-cartolina da sogno sembra inghiottita dal buco nero di affari & politica. Il Mose — la grande opera della Repubblica per antonomasia, con 5,5 miliardi di euro solo di lavori pubblici – è scivolato ai margini del circo mediatico. Come se l’architettura della «fatturazione parallela» (messa a punto fra la sede del Consorzio Venezia Nuova a Castello 2737/f e la succursale di Piazza San Lorenzo in Lucina 26) non fosse stata clonata altrove.
Venezia come nel 1630, all’epoca della peste nera: è certificato dalla Procura alle prese con un «sistema» che spazia dalle autostrade ai nuovi ospedali, dalle bonifiche all’urbanistica.
Intanto, il Comune sopravvive nell’interregno dell’ordinaria amministrazione. Il commissario straordinario Vittorio Zappalorto consegnerà un bilancio pesante, nonostante la mannaia da 47 milioni abbattutasi su servizi sociali e buste paga dei dipendenti. Gli affari, però, non si fermano. C’era una volta il nuovo palazzo del cinema: vero e proprio buco al Lido, costato 40 milioni. E Zappalorto ha messo in vendita Villa Hèriot alla Giudecca (10 milioni), con annessa «opportunità» di trasformarla in albergo.
In attesa del voto, ogni lobby lavora a pieno regime. Lo testimonia in modo inequivocabile la relazione della Guardia di Finanza che riproduce la «mobilitazione» in vista dello scavo del canale Contorta. È la mini-Grande opera indispensabile a dirottare le gigantesche navi da crociera. A marzo 2014, Piergiorgio Baita (ex presidente Mantovani Spa, appena scarcerato) insieme ad Attilio Adami (presidente di Protecno Srl di Noventa Padovana) si «attiva» con Mazzacurati del Cvn affinché Paolo Costa (presidente dell’Autorità portuale) assegni il cantiere alle imprese del «giro Mose». Intercettazioni agli atti.
In terraferma, invece, si vola. Nel quadrante Tessera si profila la seconda pista dell’aeroporto caldeggiata dal presidente di Save Enrico Marchi, ma il masterplan rulla su ben altre rotte. Contempla un tunnel per il Tav e addirittura la metropolitana sublagunare; contabilizza oltre 3 milioni di metri cubi di cemento nelle stesse aree «salvate» dal piano comunale; fa scattare l’«imbonimento» delle barene per interesse pubblico. Infine, si ricicla l’Expo con il padiglione Antares a ridosso del Parco Vega. Michele De Lucchi, l’architetto del «padiglione zero» di Milano, replica in laguna la struttura polifunzionale realizzata da Condotte Immobiliare. Una «rigenerazione» a Marghera che vale 30 milioni. Ma si conta sull’arrivo di 156 milioni che il governo deve aggiungere in tre anni per la «nuova fiera del Nord Est». A gestirla fino al 2027 sarà Expo Venice, Spa a cavallo fra istituzioni, categorie economiche e privati.
Dal Mose all’Expo, dunque: Venezia doget?