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Giuseppe Di Vittorio e il New Deal per l’Italia
18 Agosto 2014
Lavoro
Con unabreve premessa pubblichiamo un testo che abbiamo pescato nel sito della CGIL,lì inserito il 24 gennaio 2013. Il “piano del lavoro” proposto dal bracciantepugliese divenuto, dopo anni di antifascismo militante, segretario generale delsindacato dei lavoratori italiani è un atto culturale e politico che varicordato oggi, che al Lavoro si vogliono continuare a faro pagare i prezzidella crisi provocata dai servi sciocchi del Capitale.

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Premessa
Due circostanzeci hanno spinti a cercare e riprendere proprio in questi giorni agostani questotesto, pubblicato sul sito della CGIL . 1. Integrare l’articolo chel’amico Giorgio Nebbia ci ha inviato e che abbiamo, come al solito, pubblicatonelle “opinioni”; 2. ricordare il bracciante pugliese di cui ricorreva recentemente l’anniversario della nascita (13 agosto 1898) proprio nei giorni in cui iquotidiani ci raccontano degli ulteriori tentativi delle forze che sorreggonoil governo Renzi di far pagare ancorapiù duramente al lavoro la crisi provocata dalla più recente (e letale)incarnazione del capitalismo.
Non è laprima volta che ricordiamo su eddyburg il significato che ebbe quella proposta scaturitadal mondo del lavoro. Che essa non sia stata riaccolta in quegli anni e rapidamente dimenticata dalla stessapolitica e cultura della sinistra italiana è un triste segno dei tempi. Cheessa sia stata ripresa dalla lista “l’altra Europa con Tsipras” e sia al centrodel dibattito per una nuova sinistra italiana ed europea è un segno di speranzaper il futuro.

IL PIANO DEL LAVORO 1949-50

Nel 1949, anno in cui, in ottobre, al Congressonazionale di Genova Giuseppe Di Vittorio presenta la proposta di un “pianoeconomico e costruttivo per la rinascita dell'economia nazionale”, l'Italia èancora tutta alle prese con gli effetti disastrosi della Seconda Guerramondiale. I senza lavoro sono due milioni, concentrati per gran parte al Sud,un milione di lavoratori sono ad orario ridotto e più di un milione dibraccianti è occupato solo saltuariamente. Anche le infrastrutture sono aiminimi termini, il tasso di scolarizzazione è tra i più bassi d'Europa, moltissimiitaliani sono costretti a emigrare, le diseguaglianze sono fortissime, la famee la malnutrizione sono realtà tangibili.
Ma il 1949 è anche un anno di mobilitazioni e dilotte di massa per il lavoro, per il salario, per il riscatto del Mezzogiornoche vedono la CGIL in prima fila. E a proposito del Mezzogiorno, Di Vittorio aGenova afferma “che l'unica spedizione militare che potrebbe riuscire aeliminare il banditismo e la mafia dovrebbe essere una spedizione di ingegnerie di tecnici”. Il Piano del lavoro nasce con un'ispirazione keynesiana e conl'idea di raccogliere e unire tutte le energie produttive per far sì che lafase delle ricostruzione coincida con un nuovo sviluppo del Paese. Non unatrasformazione radicale dei rapporti di classe, dunque, ma un deciso interventopubblico per correggere gli squilibri sociali ed economici. E, per la CGIL, unmodo di affermarsi come sindacato di proposta e di lotta anche su questioni dicarattere generale.
Il Piano, che dopo il Congresso di Genova vienepresentato l'anno successivo a Roma, può essere sintetizzato in tre direttricidi intervento: nazionalizzazione dell'energia elettrica con la costruzione dinuove centrali e bacini idroelettrici laddove erano più necessari, soprattuttoal Sud; avvio di un vasto programma di bonifica e irrigazione dei terreni perpromuovere lo sviluppo dell'agricoltura, specialmente nel Mezzogiorno; un pianoedilizio nazionale per la costruzione di case, scuole e ospedali. Larealizzazione del Piano prevedeva la creazione di 700 mila posti di lavoro e ifinanziamenti sarebbero arrivati da una tassazione progressiva “da richiederealle classi più abbienti, in modo particolare ai grandi gruppi monopolistici ealle società per azioni”; dal risparmio nazionale e da prestiti esteri che nonmettessero in discussione “l'indipendenza economica e politica della nazione”.
Anche se il Piano non diede nell'immediato irisultati voluti, indicò tuttavia alcune direttrici di politica economica chesarebbero poi state avviate avviate e realizzate dai governi dei decennisuccessivi (la nazionalizzazione dell'energia elettrica, le bonifiche, il pianoedilizio, ecc, per esempio). E produsse, inoltre, una straordinariamobilitazione civile, “un movimento - come ha sottolineato Bruno Trentin - cheliberò immense energie potenziali, che suscitò l'insorgere di nuovi fattiassociativi e organizzativi, di nuove forme di partecipazione dal basso”.
Riferimenti

Del “piano del lavoro” della CGIL abbiamo scritto nell’eddytoriale 144 del novembre 2010. Su Giuseppe Di Vittorio vogliamo anche ricordare l’episodio della sua vita che è stato commentato dalla figlia Baldina. Rinviamo poi all’archivio della Fondazione Giuseppe Di Vittorio. Sul significato e il possibile contenuto di un new deal italiano oggi rinviamo ai numerosi articoli di Guido Viale ripresi da

eddyburg e oggi negli archivi della vecchia e della nuova edizione.

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