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Andrea Fabozzi
Dal senato ai cantieri, è tutta una “riforma”
3 Giugno 2014
Articoli del 2014
Berlusconi invitava a non pagare le tasse, il suo emulo a non rispettare le leggi. Scrive ai sindaci: non vi fate frenare da pretese di tutela, via lacci e laccioli,

Berlusconi invitava a non pagare le tasse, il suo emulo a non rispettare le leggi. Scrive ai sindaci: non vi fate frenare da pretese di tutela, via lacci e laccioli, avanzino ruspe e cemento. Tutti d'accordo? Chi tace acconsente, poi piangerete per le conseguenze. Il manifesto, 3 giugno 2004

Dal senato ai cantieri, è tutta «L’ottimismo è il pro­fumo della vita», ripe­teva anni fa Tonino Guerra in un tor­men­tone pub­bli­ci­ta­rio (com­mis­sio­nato, guarda caso, da quell’Oscar Fari­netti desti­nato a diven­tare uomo sim­bolo del ren­zi­smo). E oggi, seconda set­ti­mana dell’era post 40,8%, di otti­mi­smo se ne annusa parec­chio ai ver­tici della poli­tica. Il pre­si­dente Napo­li­tano infila un ral­le­gra­mento die­tro una feli­ci­ta­zione. Dopo essersi com­pia­ciuto per l’esito elet­to­rale, ieri ha testi­mo­niato di aver scorto ai bordi della parata del 2 giu­gno «una folla che non avevo mai visto, una grande sere­nità, un popolo sor­ri­dente e fidu­cioso». Si trat­tava di «un popolo in cui si è raf­for­zato e si raf­forza il sen­ti­mento nazio­nale». Merito anche que­sto delle elezioni?

Mat­teo Renzi, tra due ali di folla, ha appro­fit­tato della festa della Repub­blica per dif­fon­dere la sua let­tera ai sin­daci d’Italia: «Caro sin­daco, l’Italia riparte. I segnali di fidu­cia tut­ta­via, non bastano. Pos­siamo e dob­biamo fare di più». La richie­sta ai primi cit­ta­dini — «sono stato sin­daco anche io» — è di segna­lare a palazzo Chigi, se non diret­ta­mente al pre­si­dente del Con­si­glio (l’indirizzo essendo matteo@​governo.​it), «una caserma bloc­cata, un immo­bile abban­do­nato, un can­tiere fermo, un pro­ce­di­mento ammi­ni­stra­tivo da acce­le­rare». Entro il 15 giu­gno, così che il governo possa prov­ve­dere con il pac­chetto «Sblocca Ita­lia». Segue esem­pio dei «bloc­chi» che si intende for­zare: «La man­canza di un parere, un diniego incom­pren­si­bile di una sovrin­ten­denza, le lun­gag­gini pro­ce­du­rali». Dun­que non si parla di risorse, ma di pro­ce­dure. E non siamo lon­ta­nis­simi da quei «piani» ber­lu­sco­niani che pro­prio auto­riz­za­zioni, vin­coli e con­trolli pun­ta­vano a rimuo­vere. Solo che sta­volta non si tratta più delle pic­cole opere pri­vate, ma delle grandi e pub­bli­che. «Caro sin­daco (e non più «caro col­lega» come nella pre­ce­dente let­tera di marzo, ndr), nes­suna riforma sarà cre­di­bile se non diamo per primi noi il segnale che la musica è cam­biata davvero».

«Riforma», per lo più coniu­gata al plu­rale, è parola che sotto il nuovo governo fini­sce col com­pren­dere tutto: dalle grandi stra­te­gie di poli­tica eco­no­mica ita­liana ed euro­pea ai pic­coli sconti fiscali, dall’asta delle auto blu alla riscrit­tura di 45 arti­coli della Costi­tu­zione, dalla nuova legge elet­to­rale alle annun­ciate novità per la pub­blica ammi­ni­stra­zione. Ma le «riforme» per eccel­lenza sono quella costi­tu­zio­nale e quella elet­to­rale. Le uni­che due per le quali ci sia una sca­denza: «Entro l’estate». È vero, l’ultimatum è stato più volte spo­stato. E non si tratta di pas­saggi deci­sivi: la legge costi­tu­zio­nale è solo alla prima let­tura su quat­tro, la legge elet­to­rale alla seconda ma di certo dovrà tor­nare al senato. Le soglie sot­to­scritte da Renzi e Ber­lu­sconi due mesi fa, e da Renzi difese con­tro tutte le cri­ti­che (risale ad allora, e alla rispo­sta a un appello pub­bli­cato su que­ste pagine, l’invenzione del ter­mine «pro­fes­so­roni»), non vanno più bene. Non per­ché si siano fatti strada i dubbi dei costi­tu­zio­na­li­sti (ripe­tuti ieri da Rodotà, Car­las­sare, Azza­riti, Zagre­bel­sky alla mani­fe­sta­zione di Libertà e Giu­sti­zia a Modena) che vedono nell’Italicum la replica del Por­cel­lum. Ma per­ché i risul­tati delle euro­pee hanno rime­sco­lato le con­ve­nienze. Dun­que si fa strada l’innalzamento della soglia per la vit­to­ria al primo turno (dal 37,5% a oltre il 40%) e il livel­la­mento di tutte le altre soglie al 4% come sug­ge­ri­sce da tempo anche Roberto D’Alimonte, primo ispi­ra­tore dell’Italicum. Una legge, cioè, dise­gnata smac­ca­ta­mente sulle indi­ca­zioni dall’ultimo test elet­to­rale; quando pro­prio la recente sor­presa se non il rispetto delle forme dovreb­bero sug­ge­rire pru­denza. Quanto alla riforma costi­tu­zio­nale, che viene prima, pro­prio que­sta per Renzi dovrebbe essere la «set­ti­mana deci­siva». Quella cioè in cui si comin­ce­ranno a votare gli emen­da­menti in com­mis­sione al senato. La rela­trice Finoc­chiaro pre­sen­terà una pro­po­sta di media­zione sulla com­po­si­zione della nuova camera alta. Il modello è l’elezione indi­retta del senato fran­cese, ma l’elettorato pas­sivo qui da noi sarebbe limi­tato ai con­si­glieri comu­nali e regio­nali (in Fran­cia è uni­ver­sale). Più che i limiti ogget­tivi, però, saranno le intese poli­ti­che a segnare il destino del dise­gno di legge gover­na­tivo. Se Ber­lu­sconi, come pare, deci­derà di restare nel patto, Renzi ha ragione di essere ottimista.

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