Chiarissimo Prof. Salzano, mi piacerebbe poter pubblicare sulla Vostra rivista elettronica un mio intervento che prende spunto da una serie di contributi variamente critici sulla vicenda Castelfalfi e sul ruolo del garante. La ringrazio molto comunque. Con viva cordialità. mm.
Premessa. Fare partecipazione è altra cosa dal solo parlarne. “Farla” e non solo “reclamarla” implica molta onestà intellettuale. Se si è onesti quando si parla di partecipazione, occorre concordare su un fatto: o i cittadini contano e debbono contare per le loro opinioni quando si esprimono mediante un processo partecipativo organizzato per informarli e metterli in condizioni di confrontare argomenti e se del caso di cambiare visioni, giudizi e valutazioni, oppure c’è sempre qualcuno più saggio che deve decidere per loro, insegnare loro il buono e il cattivo, il bello e il brutto. Nella sua banalità, la distinzione sta tutta qui. “Fare” partecipazione. Oppure semplicemente “invocarla” per difendere pregiudizialmente le proprie tesi. Se si è onesti si accettano i risultati della partecipazione. Se non lo si è, si fa finta che essa non ci sia stata anche quando, come a Castelfalfi, essa rappresenta – come ha scritto Luigi Bobbio «un lavoro eccellente e pionieristico». Ciò premesso provo ad affrontare alcuni punti specifici.
1. La partecipazione presuppone che l’opinione dell’ultimo ex mezzadro di Castelfalfi valga quanto 10, 100, 1000 editoriali di Salvatore Settis o di Vittorio Emiliani. Non un grammo di meno. Ovvio che quella dell’ex mezzadro è e sarà un’opinione assai meno influente, anche perché non ha a sua disposizione (come diceva Carmelo Bene) gazzette e gazzettieri compiacenti. Ma chiediamoci: vale la pena attivare un qualunque processo partecipativo e addirittura, come in Toscana, farci una legge sopra (dalla 1 a quella specifica) se non riconosciamo appieno quel pari valore?
2. Ci si può domandare, a questo punto: ma i cittadini hanno sempre ragione? Certo che no. Non a caso ci teniamo ancora le nostre farraginosissime istituzioni rappresentative, nella speranza che sappiano esprimere quella visione più generale o profonda o consapevole che, come singoli cittadini, se non siamo vittime del delirio di onnipotenza tipica dell’intellettuale latino, dobbiamo ammettere di non avere mai in misura sufficiente. E proprio perché i cittadini non hanno sempre ragione la buona partecipazione è quella che integra il circuito istituzionale e che non pretende di rappresentare un’alternativa alle istituzioni democratiche ma un loro necessario complemento. La chiave del modello toscano sta tutta qui. E’ la chiave della democrazia deliberativa. Il resto è protesta, voglia di imporre veti: tutte cose più che legittime e necessarie per la vitalità culturale e civile di una democrazia. Ma non sono partecipazione, possono esserne il presupposto, lo sfondo o anche la conseguenza. Ma non è partecipazione. E’ democrazia tendenzialmente “referendaria”: che finisce a colpi di spada (il voto) non con la costruzione di una scelta collettiva condivisa, nata dal dialogo, dal confronto argomentativo. E i colpi di spada tagliano ma non risolvono.
3. Sto parlando d’altro? No. Parlo proprio di Castelfalfi. Perché il dibattito pubblico di Montaione sul progetto Tui è stato un classico caso di democrazia deliberativa. Come tale, esso ha deluso chi si aspettava una cittadinanza venduta alla multinazionale da un sindaco debole o corrotto o da un garante ciambellano. Invece i cittadini, mediante il lavoro del garante, hanno fatto valere le proprie ragioni, hanno imposto condizioni irrinunciabili, hanno detto: quel progetto lo vogliamo, nonostante l’opinione di Asor Rosae e i suoi accoliti perchè siamo noi, non lui, i padroni del nostro destino ma sappiamo anche che il nostro territorio non è solo roba nostra e che gli interessi da tutelare sono molti e altri, a cominciare dal suo valore per la Toscana: quindi diciamo sì, ma a serie, onerose e precise condizioni, a cominciare da un corposo, molto corposo, ridimensionamento del progetto. Tui accetterà? Vedremo. Ma quel territorio è purtroppo suo, e tuttavia non solo suo. E la partecipazione glielo ha fatto capire. Si leggano le ammissioni di Martin Schluter (amministratore di Castelfalfi S.p.A. in proposito.
4. Se si ha la pazienza di leggersi tutto il rapporto del garante, questo ne emerge. Poi c’è la sintesi: che comincia con quel «nella misura in cui si può, s’ha da fare» su cui si sono appuntate le critiche di chi sperava che i cittadini dicessero “...non passa lo straniero” (ancorché legittimo proprietario dell’area) ma che prosegue anche con le precise e gravose condizioni che stanno dentro a quella “misura in cui”. Eppure è scritto a chiare lettere: il rapporto va letto tutto, non solo nei titoli delle raccomandazioni! Tanto più che nessuno, ma proprio nessuno tra coloro che alzano oggi di più la voce sui media si è tolto la briga di venirci alle sei assemblee di Montaione per capire da dentro quali erano l’aria, le opinioni, gli argomenti, i giudizi. Perché Castelfalfi è il modello di riferimento della partecipazione toscana nel governo del territorio (l’opinione non è del sottoscritto, ma di Claudio Martini).
5. Infine, sempre se si legge quel rapporto nella sua interezza si comprende - come non si può non fare sempre che lo si voglia - che le raccomandazioni del garante non sono il risultato della sua opinione (vivaddio: la legge è chiara, il garante non dà pareri!) ma l’esito delle opinioni dei cittadini, si vede bene che quel rapporto è stato costruito in modo tale che un così imediato legame non può non risultare di tutta evidenza - e sfido chiunque a dimostrare il contrario carte alla mano. Perciò parlare di manipolazioni (come taluni hanno fatto) significa offendere semplicemente l’intelligenza di chi quel rapporto abbia letto. Altro che valutazione “ex ante” o “carenza di conoscenza” in cui si sarebbero mossi i cittadini. Proprio perché le informazioni ottenute dalla Tui su profili essenziali come le risorse idriche sono rimaste insoddisfatte è stata chiesta e ovviamente ottenuta una serie di perizie di parte pubblica. Per la stessa ragione Tui dovrà provvedere a una riprogettazione integrale dell’intervento sotto il profilo architettonico. E, a monte, dovrà adeguarsi a quelle che saranno le indicazioni che il Comune, forte del giudizio dei suoi cittadini, imporrà a Tui circa le dimensioni complessive e specifiche dell’intervento. Ma qualcuno tra i detrattori, prima di parlare, il rapporto lo ha letto davvero? Ha visto cosa dicono i cittadini? Ha avuto l’umiltà di rispettarne l’opinione?
6. Naturalmente, trovandoci anche noi, nell’infausta Toscana, entro quella “incresciosa” situazione di un regime capitalista fondato sulla proprietà privata dei suoli, Tui potrebbe anche mandare tutti al diavolo, frammentare la vendita dell’area e affidarla a un incerto destino di villette a schiera (...anche perché sia i sindaci sia le opinioni sia gli strumenti urbanistici possono sempre cambiare). Ciò non toglie che i cittadini di Montaione non si siano piegati al ricatto potenziale e si siano rifiutati di comprare a scatola chiusa. Ma resta il fatto che, per loro, è meglio andare avanti con quel progetto, purché lo si riveda e lo si ripensi in profondità, piuttosto che lasciare le cose come stanno. In tutto questo il garante non c’entra nulla. Registra e basta: nell’assoluta convinzione di aver fatto del suo meglio per mettere i cittadini nelle condizione di costruirsela quell’opinione, fornendo, in quanto disponibili, informazioni e potenziali alternative. Quando non c’è riuscito, per carenze o riluttanze delle fonti, lo ha puntualmente denunziato (il sito www.dp-castlfalfi.it è lì a dimostralo).
7. L’esperienza del dibattito pubblico in Toscana proseguirà. E costituirà uno dei segni salienti di questa legislatura regionale: sia nelle modalità della legge 1, sia con le integrazioni della nuova legge sulla partecipazione. Il garante regionale collaborerà in ogni modo con la nascitura autorità per la partecipazione perché una simile esperienza divenga una nuova e solida pratica democratica applicata all’area tematica di maggior conflitto culturale, economico e sociale: il governo del territorio. So bene che critiche (e qualche insulto calunnioso) non cesseranno perché la partecipazione fa paura a chi fino ad oggi l’ha solo propugnata a tutela delle proprie religiose convinzioni. E soprattutto perché la partecipazione è anche fatica. Bisogna scriverci sui webforum e alle assemblee bisogna venirci (Castelfalfi ha avuto centinaia di partecipanti tra i cittadini: ma ha visto non più di un esponente per Italia Nostra, 1 per wwf e 3, massimo 4 per Legambiente. Mentre c’è stato qualche giornalista che ha preferito lavorare sui comunicati stampa piuttosto che venirci: e sapete perchè? Perché Castelfalfi è lontana, ci è stato detto!). Ma occorre insistere: perché l’intelligenza della democrazia, come insegnava Charles Lindblom, sta proprio nel dar torto a chi pensa che il governo del territorio si riassuma in un comunicato stampa o nell’editto di una cattedra. Il territorio è in primo luogo i suoi cittadini, nell’intreccio dei loro diritti, dei loro interessi e delle loro responsabilità verso il futuro e verso chi sta al di là dei loro confini . Se a qualche professore o a qualche politico o a qualche movimento questi cittadini non piacciono: vuol dire che ciascuno di loro ha semplicemente perso il senso del reale. O, se preferite, della sua misura. (21 dicembre 2007)