"Ora togliete le colonne di plastica"
Carlo Alberto Bucci – la Repubblica, ed. Roma, 2 settembre 2007
La festa dei vip è finita da mesi, ora è tempo che anche le colonne di Valentino lascino il tempio di Venere e Roma. «Ho dato da tempo disposizione ufficiale di procedere alla loro rimozione», la risposta secca del Soprintendente Angelo Bottini. Che per domani attende l’arrivo degli operai dello scenografo Dante Ferretti, o di quelli della maison di Valentino: dovranno smontare i luminosi cilindri in vetroresina dal podio dell’edificio sacro che s’affaccia sul Colosseo. Proprio la base del tempio - sulla quale hanno banchettato i 400 invitati nella cena di luglio - è del resto al centro degli indispensabili interventi di consolidamento per contribuire ai quali Valentino ha donato 200mila euro. Criticato dall’ex soprintendente La Regina per l’mpatto sul monumento antico (che non è accessibile al pubblico), il colonnato è stato difeso dall’archeologo Carandini, «a patto che sia tolto in tempi ragionevoli». Lo stesso Bottini pose un limite all’uso del tempio che dal ministero gli era stato chiesto di concedere: «Sì, solo perché è per un evento eccezionale, irripetibile ...».
Ai Fori restano le false colonne fino a ottobre
Renata Mambelli – la Repubblica, ed. Roma, 7 settembre 2007
Per ora restano. Le colonne in vetroresina che fanno bella mostra di sé sopra i ruderi del Tempio di Venere, in faccia al Colosseo, non saranno smantellate con la fine dell’estate, come aveva dichiarato il ministro dei Beni Culturali Rutelli. Nonostante le polemiche suscitate e la richiesta di rimozione del sovrintendente Bottini, l’installazione curata dallo scenografo Dante Ferretti nata come sfondo per la cena di gala per i 45 anni della maison di Valentino verrà prorogata. «Si andrà avanti sicuramente per tutto settembre, forse fino ai primi di ottobre», ci spiega la dottoressa Silvana Rizzo, consigliere culturale del ministro, che anticipa anche nuovi eventi che si terranno nella cornice delle colonne: sono in programmazione per gli inizi di ottobre due o tre incontri aperti al pubblico, a numero chiuso, con i più illustri studiosi che stanno lavorando ai restauri del Palatino.
«Non capisco perché tante polemiche sulle colonne del tempio di Venere», continua la dottoressa Rizzo, «Si tratta di una scenografia, tra l’alto di un premio Oscar, che si presta al gioco di far vedere com’era un tempio nell’antica Roma. Durante questi mesi abbiamo avuto molti apprezzamenti, su richiesta sono state tenute diverse visite guidate. Fare un allestimento così solo per una serata sarebbe stato uno spreco di denaro, in questo modo si è offerto qualche cosa a tutti i romani». Quanto ai lavori di consolidamento e agli scavi nell’area del tempio, ai quali Valentino ha contribuito con 200 mila euro, se non sono iniziati non è colpa delle colonne di Ferretti: «Per gli scavi, che saranno condotti dall’Università La Sapienza in collaborazione col Ministero dei Beni Culturali e con la Sovrintendenza, bisogna aspettare l’erogazione dei fondi», spiega ancora la dottoressa Rizzo, «non se ne parlerà prima dell’inizio dell’inverno». E poi, aggiunge, «possibile che con tutti gli orrori che ci sono ai Fori Imperiali, compresi i falsi gladiatori e i furgoni abusivi e no che vendono panini, quello che sembra dare più fastidio siano proprio queste colonne in vetroresina?»
La breve nota di domenica scorsa sembrava quasi scontata, nella sua ragionevolezza, una “non” notizia, appunto: finita la festa, anzi la “celebration”, spentisi gli echi accortamente rimbalzati per giorni e giorni sui media di mezzo mondo delle crapule di vipperie e politicanti assortiti, come si conviene, occorrerebbe “sparecchiare”. In questo caso, alle desuete regole di educazione e buon gusto, si aggiungevano, en passant, le determinazioni del responsabile istituzionale dell’area in oggetto, il Soprintendente Archeologo di Roma. Ma si sa, viviamo in tempi di flessibilità giuridica e relativismo culturale latamente inteso: l’opinione dell’attuale Soprintendente, di quello precedente e di un cospicuo e sempre più perplesso numero di studiosi non solo nazionali è sembrata forse frutto di rigidità burocratiche un po’ bacchettone. Così appare per lo meno dal tono di quasi disarmante meraviglia che traspare dalle dichiarazioni riportate della consigliera Rizzo, talmente risibili nei contenuti culturali e nell’innocente inconsapevolezza dei meccanismi istituzionali da suscitare, lì per lì, solo un sorriso distratto e indulgente nei confronti dell’evidente stress da rientro postvacanziero.
Non ad altro si potrebbero addurre le analogie acrobatiche fra Dante Ferretti e l’architetto del tempio di Venere, gli involontari ossimori degli “incontri aperti” a “numero chiuso”, la trasmutazione degna delle migliori alchimie di un evento di marketing commerciale divenuto operazione didattica di successo. A ulteriore scusante della consigliera (che, è noto, è mestiere ingrato, di incerti destini e labili contorni tematici) si può d’altro canto aggiungere la consacrazione delle celebrazioni valentiniane ad opera del Sovraintendente ai Beni Culturali del Comune di Roma che nella prefazione culturale al catalogo della kermesse in Ara Pacis abbina il sarto di Vigevano allo scultore augusteo: “due classicità a confronto” (sic!).
E se le colonne in vetroresina, pare di capire che, forse, fra un mese, verranno rimosse, l’allestimento di decine e decine di manichini che circondano l’altare romano si prolungherà ancora almeno fino alla fine di ottobre, soffocando fin quasi all’asfissia il monumento, ormai divenuto accessorio e incongruo, con chilometri di chiffon e quintali di paillettes e perline (come quelle dei conquistadores…) e nascondendo per mesi parte dell’apparato didattico (il plastico e le copie di ritrattistica giulio-claudia).
La sortita settembrina, però, ad un occhio attento rivela anche altri elementi: ad esempio inaugura un nuovo stile di comunicazione ministeriale, più rilassato (in ogni senso), per cui le iniziative del Mibac relative alla più famosa area archeologica mondiale sono anticipate e pubblicizzate a mezzo stampa anche se in contrasto con quanto stabilito dal supremo responsabile della tutela dell’area stessa.
E che stile: quelle poche righe sono davvero un concentrato di equivoci e ambiguità forse non del tutto inconsapevoli, come quella di accreditare a Valentino, novello mecenate, la sponsorizzazione dei restauri e degli scavi archeologici. In realtà i 200.000 euro (pagabili in comode rate diluite in molti mesi) sono il prezzo stabilito per l’uso privato del monumento e del sito, cifra che, considerati i tempi dilatati (ma nel contratto non erano stabilite date certe?) e il ritorno mediatico ottenuto, si può a pieno titolo dichiarare come molto modesta. Ad una cena privata con celebrità di vario conio e origine erano funzionali le colonne di Dante Ferretti, non certo ad una ricostruzione filologica per visite didattiche. All’opposto, il perdurare dell’allestimento avrebbe richiesto una adeguata segnalazione di segno contrario, ai visitatori ignari e spesso sconcertati.
E al limite del comico, infine, appare il parallelismo fra il colorito teatrino di gladiatori e ambulanti che circonda i luoghi della romanità per il sollazzo e il dileggio dei turisti e le scenografie allestite al tempio di Venere sulla base di accordi istituzionali sottoscritti al massimo livello di responsabilità istituzionale.
Di fronte a simili enfatiche smargiassate mediatiche, contrabbandate per operazioni culturali, seppur mitridatizzati dall'ossessivo e stucchevole ritornello del "bene culturale come risorsa", riaffiorano alla memoria le parole, fastidiosamente attuali, di Cederna sarcastico censore dell'uso retorico e superficiale della romanità che bollava come inequivoco sintomo di: "ripiegamento su un assetto politico-economico arcaico, rifiuto della cultura e della tecnica, di ogni pianificazione nell'interesse pubblico" (Mirabilia Urbis, X). m.p.g.
Sulle "Valentiniadi" in eddyburg