Relazione del Comitato scientifico sulla prima fase di formazione del Piano
Il Comitato scientifico
1 - La progettazione del PPR ha comportato, per i componenti del Comitato scientifico, un coinvolgimento intellettuale ed anche emotivo che l’intero gruppo ha condiviso pienamente nelle intenzioni culturali e politiche, e che li ha particolarmente stimolati per l’assoluta novità dell’esperienza nella quale si troveranno anche contenuti che rivoluzionano il governo del paesaggio.
L’estensione dell’area disciplinata (è il più grande piano paesaggistico mai redatto in Italia), il carattere controcorrente della filosofia di fondo che sostiene il Piano rispetto alla tendenza prevalente (che è quella della corsa alla privatizzazione e alla dissipazione del territorio e delle sue risorse), la possibilità di verificare e applicare i nuovi orientamenti scientifici derivanti dalle direttive europee e le regole, a volta discutibili, del recente Codice dei beni culturali e del paesaggio, tutti questi fattori hanno reso il compito del Comitato scientifico intricato ma emozionante.
Così, incaricato di seguire la progettazione a partire dalla messa a punto delle “Linee guida”, il Comitato Scientifico non si è limitato all’espressione di pareri ma ha formulato una filosofia, una visione organizzata sulla quale, poi, si è sviluppato il piano. Negli ultimi mesi della progettazione (a partire dal luglio 2005) i membri del CS hanno costituito dei gruppi di lavoro misti con gli operatori tecnici dell’Ufficio del piano che, fin dall’estate del 2004, avevano avviato la progettazione, raccolto e ordinato il vastissimo materiale conoscitivo indispensabile, delineato i capisaldi del metodo.
Il paesaggio della Sardegna
2. L’oggetto del PPR, si può dire il suo protagonista, è il paesaggio della Sardegna. Un bene complesso e fragile. Complesso per la sua formazione: è il prodotto del millenario lavoro dell’uomo su una natura difficile, lungo la cui durata si sono costruiti insieme, fusi nella medesima forgia, la forma dei luoghi (il paesaggio appunto) e l’identità dei popoli. Difficile da organizzare in conoscenza sistematica per la cognizione che ognuno di noi ne possiede pur esistendone una percezione comune. Osservato e studiato nella convinzione che conservare il paesaggio significhi conservare l’identità di chi lo abita e che un popolo senza paesaggio è un popolo senza identità e memoria. Complesso e fragile proprio per la bellezza delle sue coste, preda delle più rapaci e violente distruzioni, e per le solitudini mistiche delle aree interne in abbandono.
Fragile ma consolatorio per la rassicurante certezza che ancora si prova nel riconoscere il territorio anche in una fotografia dell’isola trovata nella polvere, per la sensazione di infinito che l’isola provoca in chi guarda ciò che di intatto è stato conservato, per l’effetto dei venti dominanti che hanno piegato il paesaggio, rocce e alberi, in una forma unica che lo identifica e lo rende familiare.
Complesso nonostante l’unità sostanziale che secoli di storia hanno realizzato a partire dalle differenti forme, unificando il territorio della Sardegna che si è composto in una sintesi, articolata e armonica, delle sue molteplici identità locali. Complesso e fragile per i conflitti che sono nati negli ultimi decenni tra una civiltà fortemente radicata nella storia e nei luoghi e una deformata idea di modernità che è consistita nell’utilizzazione feroce delle risorse e nella trasformazione del territorio ispirata a modelli uguali e ripetuti in ogni parte del mondo.
L’assunto alla base del PPR è che questo paesaggio - nel suo intreccio tra natura e storia, tra luoghi e popoli – sia la principale risorsa della Sardegna. Una risorsa che fino a oggi è stata utilizzata come giacimento dal quale estrarre pezzi pregiati sradicandoli dal contesto, piuttosto che come patrimonio da amministrare con saggezza e lungimiranza per consentire di goderne i frutti alla generazione presente e a quelle future. Una risorsa che è certamente il prodotto del lavoro e della storia della popolazione che la vive, ma di cui essa è responsabile non solo nell’interesse proprio ma anche in quello dell’umanità intera. Una ricchezza che, nell’interesse della popolazione locale e dell’umanità, richiede un governo pubblico del territorio fondato sulla conoscenza e ispirato da saggezza e lungimiranza.
Il piano paesaggistico regionale
3. Il PPR è appunto lo strumento centrale di un simile governo pubblico del territorio. Esso si propone di tutelare il paesaggio, con la duplice finalità di conservarne gli elementi di qualità e di testimonianza mettendone in evidenza il valore sostanziale (valore d’uso, non valore di scambio), e di promuovere il suo miglioramento attraverso restauri, ricostruzioni, riorganizzazioni, ristrutturazioni anche profonde là dove appare degradato e compromesso. Il Piano è perciò la matrice di un’opera di respiro ampio e di lunga durata, nella quale conservazione e trasformazione si saldano in un unico progetto, essendo volta la prima a mantenere riconoscibili ed evidenti gli elementi significativi che connotano ogni singolo bene, e la seconda a proseguire l’azione di costruzione del paesaggio che il tempo ha compiuto in modo coerente con le regole non scritte che hanno presieduto alla sua formazione.
Il PPR è quindi, da una parte, il catalogo perennemente aggiornato - tramite il sistema informativo territoriale - delle risorse del territorio sardo e del suo paesaggio e delle regole necessarie per la sua tutela e, dall’altra parte, il centro di promozione e di coordinamento delle azioni che, a tutti i livelli, gli operatori pubblici pongono in essere per trasformare la tutela da insieme di regole a concreta gestione del territorio.
Particolare rilevanza devono assumere tra queste azioni quelle svolte dai soggetti seguenti:
- dagli enti locali nella definizione della pianificazione urbanistica dei territori di loro competenza amministrativa, anche attraverso le collaborazioni interistituzionali che il Piano propone;
- dalle articolazioni settoriali e funzionali dell’amministrazione regionale aventi come compito specifico la gestione degli interventi di promozione finanziaria, le politiche patrimoniali, la valutazione ambientale;
- dagli enti di rilevanza nazionale, regionale e locale cui è affidata la missione specifica di tutelare e gestire singole parti del patrimonio paesaggistico della regione (foreste, demani, aree protette ecc.).
Un lavoro che prosegue
4. La prima fase della formazione del PPR consiste nell’approvazione preliminare, da parte della Giunta regionale, in una serie di documenti i quali, pur essendo riferiti all’insieme del territorio regionale, disciplinano con particolare attenzione e compiutezza i beni e i paesaggi interessanti la fascia costiera, ossia l’insieme dei territori i quali (per la loro origine e conformazione, per le caratteristiche dei beni in essi presenti, per i processi storici che ne hanno caratterizzato l’attuale assetto) hanno un rapporto privilegiato con il mare.
Essa deve essere considerata la prima fase di un lavoro che si svilupperà nel futuro sotto un molteplice punto di vista:
- perchè è oggetto di una discussione sulle proposte formulate nella quale la società regionale, in particolare quella rappresentata dai soggetti indicati al punto precedente, si esprimerà proponendo integrazioni, correzioni, approfondimenti e specificazioni, dei quali terranno conto la Giunta e il Consiglio regionali al momento dell’approvazione del piano;
- perchè molte delle direttive e degli indirizzi espressi nei documenti di piano dovranno essere verificati, specificati, articolati, dettagliati nella pianificazione provinciale e comunale, nel quadro di quella “assidua ricognizione” dei valori paesaggistici e ambientali cui la Corte costituzionale si è più volte riferita;
- perchè infine anche per le parti del territorio regionale aventi minore attinenza con il mare di quelle particolarmente approfondite nella prima fase, si dovrà raggiungere lo stesso livello di approfondimento.
L’impianto normativo
5. L’impianto normativo del PPR è costruito in adeguamento alla legislazione sovraordinata, con particolare attenzione all’evoluzione legislativa che ha condotto dalla legge 431/1985 al Codice 42/2004, alla giurisprudenza costituzionale che si è susseguita in materia a partire dalle sentenze 55 e 56 del 1968, nonchè alla Convenzione europea del paesaggio, al Protocollo MAP per le zone costiere. Esso è accompagnato da un testo legislativo che propone alcune modifiche alla vigente legislazione regionale in materia.
Esso si basa nella sostanza sulla distinzione di due strati normativi:
- il primo strato normativo, è riferito sia ai singoli elementi territoriali per i quali è necessaria e possibile la tutela ex articoli 142 e 143 del DLeg 42/2004 (beni appartenenti a determinate categorie a cui è possibile ricondurre i singoli elementi con criteri oggettivi, in jure “vincoli ricognitivi”), sia alle componenti che, pur non essendo dei beni (anzi magari essendo dei “mali”) devono essere tenute sotto controllo per evitare danni al paesaggio o per favorirne la riqualificazione;
- il secondo strato normativo è riferito ad ambiti territoriali per la definizione dei quali i caratteri paesaggistici ed ecologici sono determinanti, e che saranno la sede per definire indirizzi, direttive e prescrizioni anche di tipo urbanistico, da rendere operativi mediante successivi momenti di pianificazione; in particolare per precisare, la definizione degli obiettivi di qualità paesistica, gli indirizzi di tutela e le indicazioni di carattere “relazionale” volte a preservare o ricreare gli specifici sistemi di relazioni tra le diverse componenti compresenti.
La fascia costiera
6. Tra gli elementi del primo tipo assume particolare rilevanza il bene costituito dalla fascia costiera nel suo insieme. Questa, pur essendo composta da elementi appartenenti a diverse specifiche categorie di beni (le dune, le falesie, gli stagni, i promontori ecc.) costituisce nel suo insieme una risorsa paesaggistica di rilevantissimo valore: non solo per il pregio (a volte eccezionale) delle sue singole parti, ma per la superiore, eccezionale qualità che la loro composizione determina.
É anche grazie al suo eccezionale valore, e alla scarsa capacità di governo delle risorse territoriali che dimostrata nei decenni trascorsi dai gruppi dirigenti, che questo incomparabile bene è oggetto di furiose dinamiche di distruzione. E’ qui che si è esercitata con maggior violenza nei decenni trascorsi, e minaccia di esercitarsi nei prossimi, la tendenza alla trasformazione di un patrimonio comune delle genti sarde in un ammasso di proprietà suddivise, trasformate senza nessun rispetto della cultura e della tradizione locali né dei segni impressi dalla storia nel territorio, svendute come fungibili e generiche merci ad utilizzatori di passaggio, sottratte infine all’uso comune e al godimento delle generazioni presenti e future (ad esclusione dei privilegiati possessori).
Massima qualità d’insieme e massimo rischio: due circostanze che giustificano la particolare attenzione che si è posta per delimitare, secondo criteri definiti dalla scienza e collaudati dalla pratica, il bene paesaggistico d’insieme di rilevanza regionale costituito dai “territori costieri”, e per disciplinarne le trasformazioni sotto il segno d’una regia regionale attenta sia alla protezione che alla promozione delle azioni suscettibili di orientarne le trasformazioni nel senso di un ulteriore miglioramento della qualità e della fruibilità.
Tre letture, tre assetti
7. Il paesaggio è certamente il risultato della composizione di più aspetti. E’ anzi proprio dalla sintesi tra elementi naturali e lasciti dell’azione (preistorica, storica e attuale) dell’uomo che nascono le sue qualità. E’ quindi solo a fini strumentali che, nella pratica pianificatoria, si fa riferimento a diversi “sistemi” (ambientale, storico-culturale, insediativo) la cui composizione determina l’assetto del territorio, e dei diversi “assetti” nei quali tali sistemi si concretano.
Anche la ricognizione effettuata come base delle scelte del PPR si è articolata secondo i tre assetti: ambientale, storico-culturale, insediativo. Tre letture del territorio, insomma, tre modi per giungere alla individuazione degli elementi che ne compongono l’identità. Tre settori di analisi finalizzati all’individuazione delle regole da porre perchè di ogni parte del territorio siano tutelati ed evidenziati i valori (e i disvalori), sotto il profilo di ciò che la natura (assetto ambientale), la sedimentazione della storia e della cultura (assetto storico-culturale), l’organizzazione territoriale costruita dall’uomo (assetto insediativo) hanno conferito al processo di costruzione del paesaggio.
Ciascuno dei tre piani di lettura ha consentito di individuare un numero discreto di “categorie di beni a confine certo”, per adoperare i termini della Corte costituzionale: cioè di tipologie di elementi del territorio, cui il disposto degli articoli 142 e 143 del Dleg 42/2004 consente di attribuire l’appellativo di “beni paesaggistici”. Dalla ricognizione e dall’individuazione delle caratteristiche dei beni nasce la definizione delle regole. Sicché è dalle tre letture sono nati i tre “capitoli” delle norme. Ciascuno di essi detta le attenzioni che si devono porre perchè, in relazione ai beni appartenenti a ciascuna categoria, le caratteristiche positive del paesaggio vengano conservate, o ricostituite dove degradate, o trasformate dove irrimediabilmente perdute.
Gli ambiti di paesaggio
8. Le tre letture di cui al punto precedente hanno consentito di individuare e regolare i beni appartenenti a ciascuna delle categorie individuate. Ma, nella concretezza del paesaggio, ogni elemento del territorio appartiene a un determinato contesto, e in quel contesto entra in una particolare relazione con beni (e, più generalmente, con elementi del territorio) appartenenti ad altre categorie.
Ecco perchè, all’analisi del territorio finalizzata all’individuazione delle specifiche categorie di beni da tutelare in ossequio alla legislazione nazionale di tutela, si è aggiunta un’analisi finalizzata invece a riconoscere le specificità paesaggistiche dei singoli contesti. Sulla base del lavoro svolto in occasione della pianificazione di livello provinciale si sono individuati 27 ambiti di paesaggio, per ciascuno dei quali si è condotta una specifica analisi di contesto.
Per ciascun ambito il PPR prescrive specifici indirizzi volti a orientare la pianificazione sottordinata (in particolare quella comunale e intercomunale) al raggiungimento di determinati obiettivi e alla promozione di determinate azioni, specificati in una serie di schede tecniche costituenti parte integrante delle norme.
Gli ambiti di paesaggio costituiscono in sostanza una importante cerniera tra la pianificazione paesaggistica e la pianificazione urbanistica: sono il testimone che la Regione affida agli enti locali perchè proseguano, affinino, completino l’opera di tutela e valorizzazione del paesaggio alla scala della loro competenza e della loro responsabilità. In tal senso la disciplina proposta per gli ambiti di paesaggio è la parte del PPR che più viene segnalata agli interlocutori locali nella discussione dei documenti di piano, perchè è su di essa che le verifiche, gli arricchimenti, le correzioni e integrazioni avranno maggiore utilità per il completamento del piano.
Il Comitato scientifico
Edoardo Salzano, Urbanista - IUAV - Coordinatore
Giulio Angioni, Antropologo
Ignazio Camarda, Botanico - Università di Sassari
Filippo Ciccone, Urbanista - Università della Calabria
Enrico Corti, Urbanista - Università di Cagliari
Roberto Gambino, Urbanista - Politecnico di Torino
Giovanni Maciocco, Urbanista - Università di Sassari
Antonello Sanna, Ingegnere - Università di Cagliari
Helmar Schenk, Zoologo
Giorgio Todde, Scrittore
Paolo Urbani, Giurista - Università La Sapienza
Raimondo Zucca Archeologo
Tutti gli elaborati ufficiali del PPR sono pubblicati sul sito della Regione