Pecoraro Scanio ha scritto a "Repubblica" una lunga lettera per contestare l’ultima mia rubrica dedicata ad un richiamo della Commissione di Bruxelles al governo italiano sulla protezione degli uccelli selvatici, che, secondo il leader dei Verdi, andava inteso come un veto europeo al Mose. Pecoraro scrive, tra l’altro, che «la commissione europea non si limita a contestarci la non osservanza della Direttiva uccelli, ma ci contesta anche di non aver identificato né adottato misure idonee a prevenire l’inquinamento o il deterioramento degli habitat, in questo caso la laguna di Venezia. Il funzionamento delle paratie per un’ora determinerebbe un cambiamento delle correnti che avrebbero bisogno di circa due giorni per ristabilire il normale ciclo. Ma anche volendo ignorare tutto ciò... bisogna tenere conto che l’evento del 1966, che provocò morte e distruzione... fu dovuto ad una serie di eventi concomitanti incluso un grande apporto di acqua dall’entroterra. In uno scenario di questo tipo, chiudere le bocche della laguna significherebbe correre il rischio di trasformarla in una piscina. Il Comune di Venezia ha recentemente esaminato 15 progetti alternativi al Mose e le decisioni sul da farsi sembrano interessare tutte le forze politiche. Più in generale, poi, vorremmo rassicurare Pirani che i Verdi saranno tra i maggiori e più convinti sponsor delle grandi opere utili... comprese metropolitane e linee urbane di superficie. Due snodi di logistica integrata per lo spostamento delle merci su treno-nave su entrambe le sponde italiane. Il completamento della Salerno-Reggio Calabria. La costruzione di impianti di produzione energetica da fonti rinnovabili e tanto altro ancora. È inaccettabile continuare a descrivere i Verdi, che hanno contribuito a governare il Paese e che governano in regioni, province e comuni italiani, come una forza frenante».
Rispondo cercando di tener distinti i due temi: la turbativa che il Mose potrebbe portare alle diverse specie di volatili, e il più generale contenzioso sull’opera. Per il primo punto l’avviso della Commissione europea si riferisce esclusivamente alla conservazione degli uccelli selvatici e a questo fine richiama anche alle direttive per la conservazione dell’habitat lagunare. Un obbiettivo senz’altro importante ma che non può essere posposto alla messa in salvaguardia di Venezia. Pecoraro Scanio, peraltro, avanza dubbi sulla eventualità che un evento catastrofico come l’alluvione del 1966, quando il livello toccò i 194 centimetri, abbia a ripetersi.
Purtroppo è un ottimismo poco suffragato, dato che la dinamica atmosferica è in rapido peggioramento in tutto il mondo (vedi New Orléans). Per quanto riguarda Venezia, se nel decennio 1963/1972 le acque alte superiori ai 110 cm si verificarono 32 volte, già nel decennio 1993/2002 la frequenza fu di 53 volte. Quanto agli eventi eccezionali (quando l’acqua supera i 140 cm) essi, non solo si sono verificati con un crescendo impressionante, ma si è calcolato che se l’acqua alta del 6 novembre 2000, quando raggiunse i 144 cm, si fosse presentata quattro giorni dopo, in coincidenza con l’alta marea astronomica, il livello avrebbe oltrepassato quello del 1966! Con buona pace non solo dell’habitat degli uccelli. Quanto ai progetti alternativi essi non sono allo stato delle cose neppure comparabili con il Mose che ha alle spalle molti anni di studi e migliaia di ore di ingegneria. Per generale indicazione di tanti esperti, in particolare i componenti della commissione di grandi studiosi internazionali, nominata a suo tempo dal governo Prodi, il Mose è la soluzione d’ingegneria idraulica tecnicamente preferibile a tutte le altre ipotizzate.
Nella loro relazione scrivevano: «Il sistema delle barriere mobili è flessibile e robusto e sarà efficace per proteggere Venezia dall’acqua alta per un ampio spettro di scenari di aumento del livello del mare». Sempre che si voglia considerare serio il pericolo. Se così non fosse né Mose né i progetti alternativi avrebbero senso. Va anche aggiunto che il Mose verrà utilizzato anche per difendersi dagli allagamenti dovuti alle acque medio alte, più frequenti.
Sono passati 40 anni dalla terribile mareggiata del 1966, 33 anni dalla emanazione della legge sulla salvaguardia della città, 22 dalla seconda. In questo lunghissimo arco di tempo si sono tenuti un numero incalcolabile di verifiche e confronti in tutte le sedi. Sono stati inoltre impiegati ingentissimi investimenti pubblici in sperimentazioni, progetti e opere ormai avviate. Dopo tutto questo sarebbe oltremodo singolare ricominciare da capo e tornare allo stadio del concorso di idee.
Postilla
Questo articolo, a differenza degli altri di Pirani sul medesimo argomento, ha un merito: riporta l’intelligente replica di Pecoraro Scanio. Quando poi si tratta di replicare a sua volta, continua a prendere lucciole per lanterne. Per esempio:
1) Non è vero che Pecoraro Scanio “avanza dubbi sulla eventualità che un evento catastrofico come l’alluvione del 1966 [...] abbia a ripetersi”. Ricorda invece che quell’alluvione di manifestò per la concomitanza di più fenomeni, in particolare l’esondazione dei fiumi compresi nel comprensorio lagunare. Per la regimazione dei fiumi poco o nulla si è fatto. Sicché se quei fenomeni si ripetessero oggi le barriere sarebbero - come ha scritto Pecorario Scano - un ostacolo al deflusso anziché all’ingresso dell’acqua.
2) E’ vero che in quarant’anni ci sono state molte verifiche, ma sono state tutte (eccetto una, peraltro discutibile) di parte: cioè la regia è stata sempre di quel Consorzio Venezia Nuova, onnipotente concessionario dello Stato per opera di Franco Nicolazzi, il cui interesse è legato all’interesse delle imprese (in grande maggioranza del mondo delle costruzioni) che lo costituiscono. Le verifiche non di parte (come quella della Commissione ministeriale per l’impatto ambientale) hanno dato invece responsi negativi.
3) In tutte le sedi scientifiche si è sempre riconosciuto che gli eventi catastrofici si evitano affrontando il riequilibrio della Laguna nel suo complesso. Pirani non si è mai domandato perchè tutti gli interventi soft , molto più utili di quello ferrocementizio alle Bocche e, a sua differenza, non dannosi, sono sacrificati a quelli hard ?
4) Pirani continua a sostenere che l’UE critica il Mose solo per il danno che “potrebbe portare alle diverse specie di volatili”. In realtà l’atto d’accusa della Commissione europea richiama esplicitamente (come la stampa ha riportato) l’atto d’accusa più forte che ci sia stato nei confronti del MoSE: la Valutazione d’impatto ambientale del ’98. Vada il lettore a leggersela, se Pirani non lo ha fatto.