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Salvatore Settis
La bellezza rubata e l’archeocondono
11 Agosto 2005
Beni culturali
Piccoli passi lungo la strada, tenacemente percorsa, di cancellazione della memoria in nome del quattrino. Da la Repubblica dell’11 agosto 2005

Ezio Mauro ha indicato su questo giornale alcune anomalie della destra italiana, e le ha ribadite e argomentate rispondendo al presidente del Consiglio: cultura populista, monopolio televisivo, conflitto d’interessi e leggi ad personam. Sono le principali anomalie, ma non le sole. Un’altra ne ha rilevato Ernesto Galli della Loggia sul Corriere della Sera del 5 agosto: "Mentre è la destra che dovunque mira a rappresentare e a difendere i valori e le istituzioni nazionali, in Italia invece no". Solo così si spiega il recente codicillo secondo cui gli archivi della presidenza del Consiglio non verranno più versati all’Archivio centrale dello Stato (come fino a oggi), ma costituiranno un nuovo, apposito archivio storico, con modalità e norme d’accesso stabilite dal presidente del Consiglio in carica. "Esempio - conclude Galli della Loggia - di una frantumazione della memoria storica del Paese e di una sorta di feudalizzazione della stessa, un piccolo-grande segno dei tempi".

Altro segno dei tempi, non meno indicativo, è la tendenza a svendere il nostro patrimonio culturale, come in una stagione di saldi al peggior offerente. Si vede qui come l’anomalia stigmatizzata dal Corriere si sposi con quelle indicate dalla Repubblica: è la moda e la prassi dell’impunità, delle leggi ad personam, della creazione di feudi e riserve di caccia, che si espande a macchia d’olio e autorizza chiunque abbia un amico in Parlamento a pretendere una legge ad hoc per coprire le sue magagne, autorizzare i suoi abusi, promuovere i suoi affari in barba all’interesse nazionale e alla Costituzione. Di tal stoffa è fatto il famigerato "archeocondono", e cioè l’indiscriminata licenza di uccidere per tombaroli e depredatori dei tesori archeologici del Paese, che verrebbero autorizzati a commerciarli liberamente col solo lasciapassare di una dichiarazione che li hanno acquisiti "in buona fede", e pagando il 5% del loro valore (si capisce, da loro stessi stabilito). Primo firmatario di questa proposta di legge è l’on. Gianfranco Conte, prontamente premiato con una poltrona di sottosegretario. La relazione introduttiva (pubblicata negli Atti della Camera) si spinge, senza nemmeno avvertire il lato grottesco, a far nome e cognome di collezionisti e antiquari perseguiti dalla magistratura per reati contro il patrimonio culturale, che da una legge come quella trarrebbero vantaggio.

Dopo un tentativo, fallito anche per merito di membri della maggioranza e del governo, di contrabbandare questa norma perversa come un articolo della Finanziaria, la legge Conte è ancora all’esame del parlamento. Maggior successo ha avuto la proposta avanzata da una lobby di collezionisti di monete (anche qui, nomi e cognomi sono noti a tutti) e fatta propria dal senatore Eufemi (Udc), che è riuscito a cacciarla a viva forza dentro un decreto-legge su tutt’altro ("Mezzogiorno e diritto d’autore").

L’orrido "emendamento Eufemi" esclude da ogni forma di tutela "le monete antiche o moderne di modesto valore o ripetitive, o conosciute in molti esemplari o non considerate rarissime". Norma in apparenza inutile, visto che il Codice dei beni culturali tutela solo le monete di "interesse storico o artistico particolarmente importante": ma è proprio ad azzerare una prassi già permissiva che è volto il codicillo Eufemi, negando la tutela anche alle monete "particolarmente importanti" in nome della loro ripetitività. Si ignora così (lo ha dichiarato l’Istituto italiano di numismatica) "che la moneta è di per sé un prodotto seriale, e che le sue potenzialità come fonte storica prescindono dalla sua unicità o rarità"; che essa, "come ogni altro reperto archeologico, assume valore in rapporto al contesto da cui proviene". La nuova norma "impedisce qualsiasi controllo sui materiali ritrovati, favorendo il commercio delle monete antiche illegalmente acquisite e incentivando gli scavi clandestini", anche perché "il giudizio sulla ripetitività delle monete e quello sull’esenzione dagli obblighi di denuncia è incredibilmente affidato allo stesso detentore delle monete, e non ad un organo competente e responsabile, come il ministero per i beni culturali".

Ci vuol poco a capire che uno sgangherato e incolto principio come questo, secondo cui la serialità esclude la tutela e il collezionista è controllore unico di se stesso, può facilmente essere esteso dalle monete ad ogni altro reperto archeologico, annientando di fatto ogni tutela. Insomma, l’emendamento Eufemi da un lato fa gli interessi dei mercanti di monete, dall’altro è il cavallo di Troia per il più vasto "archeocondono" prefigurato dalla legge Conte. Prevale, in queste ed altre norme (basti pensare a quelle sulla depenalizzazione dei reati contro paesaggio e ambiente, anch’esse concepite ad personam), quella sorta di "amorale familismo" che lontani osservatori d’oltralpe usavano rimproverare agli italiani, e cioè l’idea che provvedere agli affari di amici e parenti è molto più importante di qualsiasi legge o pubblico interesse. Perciò si fanno apertamente, con finta ingenuità e vera protervia, nomi e cognomi dei mandanti e beneficiari delle proposte: quanto più essi sono in vista, tanto più, a quel che sembra, è facile che i loro interessi prevalgano sulla pubblica utilità.

Scade intanto proprio ora il primo accordo quinquennale Italia-Stati Uniti, che vieta l’importazione in America dei nostri beni archeologici; e già l’opinione pubblica americana si sta mobilitando in favore del suo rinnovo (savingantiquities. org). Mobilitazione che avviene, paradossalmente, proprio mentre alcuni parlamentari nostrani fanno di tutto per vanificare quell’accordo, considerando monete e reperti non come documenti storici, ma solo per il loro valore venale. Si calpesta così l’art. 9 della Costituzione, che - lo dice una sentenza della Corte Costituzionale (151/1986) più volte richiamata dal presidente Ciampi - sancisce "la primarietà del valore estetico-culturale, da non subordinarsi a nessun altro, ivi compresi quelli economici".

Risalta dunque anche su questo fronte l’anomalia della destra italiana, la sua tendenza a legiferare su commissione e su misura. Archivi "privati" per la presidenza del Consiglio, monete "personalizzate" per chiunque lo voglia, feudi e satrapie per gli amici degli amici. Ma non era stato questo stesso governo ad approvare, poco più di un anno fa, un Codice dei beni culturali che garantiva, invece, un sufficiente livello di tutela per monete e reperti archeologici? Non dovrebbe, questo stesso governo, cassare l’infelice emendamento Eufemi nel più breve tempo possibile? Non dovrebbe restituire agli archivi dello Stato le carte della presidenza del Consiglio? O si persevererà nel legiferare contro la Costituzione, contro i valori e le istituzioni nazionali, contro gli accordi internazionali, contro un Codice prodotto da questa stessa maggioranza di governo?

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