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Tomaso Montanari
Se Renzi perde al gratta da Vinci
7 Dicembre 2011
Beni culturali
Quando si uniscono competenza e passione civile, i risultati arrivano. Sospesi i sondaggi sull’affresco del Vasari su pressione dell’appello sostenuto anche da eddyburg. Il Fatto Quotidiano, 7 dicembre 2011 (m.p.g.)

“Volevo aggiungere il mio nome alla lista di quelli che chiedono una riconsiderazione da parte della soprintendenza per il lavoro progettato in Palazzo Vecchio. Questa idea di sacrificare Vasari per un’avventura donchisciottesca in cerca di una rovina leonardesca mi sembra fondamentalmente sbagliata. Spero che il buon senso fiorentino prevarrà”. Questa email di Keith Christiansen, stimatissimo conservatore della pittura europea del Metropolitan di New York, ha inaugurato l’incredibile pioggia di adesioni (oltre 400, molte qualificatissime) all’appello che appoggia l’esposto presentato da Italia Nostra alla Procura di Firenze per fermare la caccia al Leonardo fantasma. A sua volta, quell’esposto dichiara di partire da un mio articolo, pubblicato dal Fatto mercoledì scorso, che raccontava l’opposizione di una singola funzionaria coraggiosa. Un circolo virtuoso a cui è sempre più affidata la salvezza del nostro patrimonio storico artistico: la resistenza delle parti sane dell’amministrazione, una denuncia sulla stampa, l’attivazione delle insostituibili associazioni per la tutela, il risveglio di un’opinione pubblica qualificata capace di esercitare una pressione internazionale. E, alla fine, il buon senso ha prevalso davvero, anche se più quello romano che quello fiorentino: il MiBAC è intervenuto sulla soprintendente Acidini, e la caccia è stata sospesa.

Se Renzi, come minaccia di fare, si ostinerà nella ricerca, a questo punto dovrà farlo con mezzi non invasivi, cioè senza distruggere nemmeno un millimetro quadrato di un’opera d’arte certa, al fine di cercare un’improbabile rovina. Ma, oltre all’ottenuta sospensione, l’appello chiedeva la costituzione di un comitato scientifico autorevole e terzo rispetto ai promotori di una ‘ricerca’ dichiaratamente ispirata da ragioni di marketing. Infatti Renzi, pur agitando anche la bandiera della ricerca, si è ben guardato da rivolgersi a chi la ricerca della storia dell’arte la fa professionalmente tutti i giorni: la responsabilità scientifica dell’operazione è stata affidata a un ingegnere, peraltro oggi contestato dai suoi stessi colleghi, alcuni dei quali hanno firmato l’appello. Ma per decidere quale fosse la parete giusta su cui cercare, se e come farlo, quando fermarsi e cosa fare dopo, ci sarebbe invece voluto un comitato formato da storici dell’arte, storici delle istituzioni politiche rinascimentali, storia dell’architettura, storici del restauro e così via. A vegliare sull’aspetto conservativo c’era, è vero, l’Opificio delle Pietre Dure: ma dopo che la responsabile delle pitture murali, Cecilia Frosinini, si è sfilata dichiarando che si stava danneggiando Vasari, anche quella tutela non è sembrata affatto sufficiente. D’altra parte, l’Opificio è attualmente guidato dalla stessa Cristina Acidini che dirige la soprintendenza di Firenze. E, come ha ricordato in un’intervista Franca Falletti (direttrice della fiorentina Galleria dell’Accademia), i super-soprintendenti delle grandi città d’arte sono ormai nominati dalla politica con contratti che fanno molto dubitare della loro capacità di resistere alle pressioni politiche. D’altra parte, Matteo Renzi e il suo staff hanno proposto a più riprese di sopprimere del tutto le soprintendenze, passandone le competenze agli enti locali. Ora l’opinione pubblica sa quel che una simile catastrofe comporterebbe: senza l’opposizione di una funzionaria indipendente, il Salone dei Cinquecento si sarebbe presto trasformato in un groviera.

Infine, seguendo un copione alla Sandro Bondi, Renzi ha accusato i firmatari dell’appello di “élitarismo”, mentre lui sarebbe il democratizzatore.

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