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Alberto Custodero
Alberi troppo vicini, fuorilegge migliaia di strade
8 Febbraio 2011
Il paesaggio e noi
Una bella demenza del diritto, che tanto per cambiare aiuta ad aprire la strada alla dispersione urbana. La Repubblica, 8 febbraio 2011, con postilla(f.b.)

ROMA- Tutti gli alberi, anche quelli secolari che si trovano entro sei metri dalle strade extraurbane, sono fuorilegge. È, questo, l'innovativo principio giuridico di sicurezza stradale stabilito dalla Cassazione nella sentenza di condanna per omicidio colposo al capo cantoniere dell'Anas di Foligno, Bruno Bruni. Secondo la Corte suprema, l'uomo avrebbe dovuto provvedere a mettere in sicurezza ("predisponendo un idoneo guardrail nel tratto di strada dove si trovava la pianta"), la statale "centrale umbra" orlata da una fila di alberi secolari, bellissimi da vedere, ma pericolosissimi per gli automobilisti. Se l'avesse fatto, Michela Crucianelli non si sarebbe schiantata a bordo della sua vettura contro uno di quei platani-killer. E non sarebbe morta.

L'articolo 26 del regolamento che dà attuazione al codice della strada entrato in vigore il primo gennaio del 1993 aveva vietato la presenza di alberi entro una distanza minima di sei metri. Pareva, però, che quella norma non fosse retroattiva, ovvero che non fosse riferita agli alberi preesistenti, ma solo a quelli piantati da quel momento in poi. Ci sono voluti 17 anni affinché la Cassazione dirimesse questo equivoco, decidendo una volta per tutte che il divieto vale per tutto il patrimonio arboreo che orla le strade extraurbane, sia quello precedente il '93, sia quello successivo.

La sentenza che ha condannato a un anno e sei mesi il cantoniere dell'Anas di Foligno costituisce ora unpunto di riferimento sia per tutti i tribunali e le procure d'Italia. Sia per gli enti proprietari delle statali extraurbani, in particolare l'Anas e le Province che d'ora in avanti dovranno stanziare ingenti investimenti per mettere in sicurezza le strade alberate. L'avvocato civilista Sandra Gracis è la prima ad essersi ispirata alla sentenza della Suprema corte per riaprire una vecchia causa. "Tutti i parenti di automobilisti morti avvenuti nell'ultimo decennio contro un albero - spiega il legale - possono ora fare una causa civile per ottenere un indennizzo". "Ho subito citato l'Anas - aggiunge l'avvocato Gracis - per la morte di Tommaso Rossi, schiantatosi l'11 giugno del 1996 (allora aveva 28 anni) contro un platano della statale "Pontebbana" fra Treviso e Conegliano. Una strada del Trevigiano sulla quale sono morti contro gli alberi decine di automobilisti". In tutta Italia ci sono migliaia di chilometri di strade extraurbane che hanno sul ciglio alberi killer. L'Aci, da alcuni anni, ha deciso di non proseguire più nel censimento degli incidenti stradali contro gli alberi. Ma le vittime restano ogni anno centinaia.

L'ultima, una ragazza di 17 anni, Claudia Martignago, schiantatasi contro una pianta sabato notte sulla statale che porta a Maser, in provincia di Treviso. "Non è giusto - commenta Gian Marco Sardi, della Società Italiana di Psicologia della Sicurezza Viaria - dare la colpa agli alberi. L'incidente è sempre la risultate dell'interazione di tre fattori: uomo, veicolo ed ambiente. Per aumentare realmente il livello di sicurezza e diminuire il numero di incidenti, morti e feriti è necessario intervenire al massimo e in modo concertato su tutti e tre i fattori. Quindi anche con la messa in sicurezza di guardrail, alberi, ma anche pali della luce, non percepiti come pericolosi, ma strutturalmente più rischiosi di altre situazioni".

postilla

Ci si mette anche il Codice della Strada, e in qualche modo c’era da aspettarselo, da un prodotto DOC certificato della cultura auto-centrica del ‘900. Però fa un certo effetto tornare di peso, e col peso soverchiante della Legge, a certe discussioni che avevo orecchiato nei primi anni ’60, quando qualche bel tomo discettava mi pare dei filari di Bolgheri come di fosche muraglie che ci impedivano di guardare al futuro.

Visto che nel caso specifico si parla di territorio non ancora devastato dalla piaga dello sprawl , che qualche architetto speranzoso di incarichi continua a declinare con vezzeggiativo di città diffusa, vediamo cosa potrebbe succedere adeguandosi davvero alla sentenza della Cassazione sul patrimonio arboreo delle strade extraurbane. Atto primo, e trattenete il fiato amanti del paesaggio italiano: via tutti gli alberi che non stanno alla distanza prescritta, ma proprio tutti tutti tutti (chiunque qui può avere un terrificante flash proustiano di scorci, migliaia di scorci, massacrati).

L’alternativa, se in qualche caso esiste, è pure peggio, ovvero per tutelare l’albero o l’alberatura si fa la variante stradale, e si può immaginare la classica sensibilità media dei progettisti e cantieri al rapporto col paesaggio. Ma siamo solo all’antipasto, e le prime avvisaglie del futuro chi le vuole vedere le ha già viste in abbondanza in certe realizzazioni rurali o suburbane recenti, dove seguendo i crismi della Corte Suprema (chissà perché anche qui si usa il termine all’americana) si va ovunque “predisponendo un idoneo guardrail”. Questo idoneo guardrail, un po’ come il suo analogo margine cementizio New Jersey , concepito a suo tempo per un uso sporadico, sfruttato troppo e male diventa una vera piaga per il territorio e il paesaggio, oltre che in fondo anche per la decantata sicurezza.

Solo per fare un esempio (appunto molto evidente là dove si sono realizzate queste belle pensate) la segregazione auto-centrica della strada extraurbana rende i tracciati simili a una caricatura autostradale, e pure senza altri relativi pregi, come l’ampiezza delle fasce di rispetto o gli interventi di landscape . Il che non solo apre la via alle più volte minacciate privatizzazioni e applicazioni di pedaggi, ma sostiene una precisa forma insediativa a sprawl auto-centrico, con corsie, svincoli, accessi controllati, lottizzazioni monofunzionali a cul-de-sac che instaurano in grande stile con l’arteria principale un rapporto assai simile a quello che oggi hanno con l’autostrada le fasce di servizi dedicati, o con le superstrade i centri commerciali e parchi a uffici.

Ed è solo un esempio, ce ne sarebbero altri.

È questo che si vuole, per il territorio italiano? Oppure qualcuno ha qualcosa da dire alla nostrana Corte Suprema, o a quei mona che hanno votato magari senza accorgersene un Codice della Strada simile? (f.b.)

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