Un passo avanti sul disegno di legge delle intercettazioni e lo straordinario successo della raccolta di firme per i referendum sull'acqua. Apparentemente, due fatti sconnessi. A guardar meglio, la libertà di indagine e di informazione, come l'acqua pubblica sono battaglie, democratiche e radicali che o hanno scavalcato i partiti o li hanno costretti a guardare fuori di sé.
Accade quando si torna a interpellare il popolo sovrano su contenuti semplici ma cruciali (l'acqua bene comune), e quando l'informazione fa il suo mestiere contro il potere, tutelando l'altro bene comune, la libertà di espressione. Se la politica cambia strada, offre obiettivi, il paese risponde, si muove, c'è.
Nella vicenda della libertà di indagine e di informazione, lo schieramento parlamentare di centrosinistra (sostenuto dalla vigilanza del capo dello stato), è stato fortemente sospinto nel percorso istituzionale da una martellante campagna di stampa, a sua volta causa e effetto di una attenzione dell'opinione pubblica spontaneamente scesa in piazza con manifestazioni nazionali come non si ricordava da tempo (il 3 ottobre in piazza del Popolo, il 5 dicembre a S.Giovanni, per citare le più clamorose). E, alla fine, pur nelle nebbie del conflitto di interessi (eredità bipartisan) o tra le sirene dei governissimi, le notizie sulla ragnatela corruttiva che divora l'economia e le istituzioni italiane sono arrivate a (quasi) tutti. La questione immorale ha rotto il muro omertoso del sistema berlusconiano e il governo è stato costretto a ingoiare il bavaglio che avrebbe dovuto piegare i magistrati e zittire il paese.
Ancora non è chiaro l'approdo definitivo della legge (il Pdl fa buon viso, i finiani esultano, Berlusconi se ne lamenta), tuttavia l'impianto è stato sconnesso da un emendamento (l'udienza-filtro) che consente di tutelare la privacy e insieme di pubblicare le intercettazioni ritenute rilevanti da accusa e difesa. Ma colpi di coda e reazioni da caimano sono sempre nel conto.
Nel caso dei referendum sull'acqua la frattura tra centrosinistra e realtà sociale non poteva essere più profonda: Pd e Idv non solo non hanno sostenuto l'iniziativa referendaria, ma hanno (il caso di Di Pietro) indetto un loro referendum, oppure (il caso di Bersani) costituito un comitato "contro" insieme a esponenti del Pdl. Con una pulsione autolesionista notevole, testimoniata dalla plateale sconfessione del loro stesso mondo, militanti e elettori impegnati nei banchetti di raccolta delle firme per l'acqua pubblica.
Due buone notizie che aprono un varco. C'è un popolo e una sensibilità che si misura su contenuti di etica pubblica come di partecipazione sociale, scavalcando i vertici dei partiti, resuscitando associazioni e movimenti, aggiornando l'agenda.